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Standard Urbanistici: come fare

San Benedetto del Tronto | Le esternazioni del sindaco in occasione del recente "convegno urbanistico" in merito all'eventuale necessità di ridurre gli standard urbanistici è una sorprendente svolta....

di Carmine Rozzi

Le esternazioni del sindaco in occasione del recente "convegno urbanistico" in merito all'eventuale necessità di ridurre gli standard urbanistici è una sorprendente svolta e ci riportano indietro nel tempo a quando, per non essere criticati o essere urbanisticamente in linea con la cultura del tempo, occorreva imitare, nel piccolo ovviamente, le avanguardie urbanistiche emiliane. Non a caso furono portati a cimentarsi con la realtà locale addirittura Campos Venuti e Ballardini, il fior fiore dell'urbanistica social-­comunista di quel tempo.

Così, per essere culturalmente di sinistra, si imitava quanto avveniva a Bologna ,Cesena, ecc. Tutti comuni che gridavano al rialzo nella previsione degli standard urbanistici da mettere sulla carta: 30 mq per abitante ,28 mq abitante e via dicendo. Sempre nel suo piccolo, anche San Benedetto spostava verso l'alto i suoi standard dai 18mq per ab necessari e previsti dall'unica legge che vigeva portandoli, per propria scelta politica, ai 24,65 mq /ab (teorici).

La teorizzazione degli standard, una volta elemento teorico dell' urbanistica d'avanguardia, è diventato nel tempo per molti sindaci un fastidioso fardello e obbligo a cui ottemperare. Oggi però questi necessari 18 mq /abitante (come servizi di quartiere), sono e restano elementi inderogabili della pianificazione urbana: sono servizi pubblici che debbono necessariamente trovar posto sulle cartografie di piano ed essere realmente realizzati al fine di garantire la qualità della vita.

Il DM preposto agli standard va rispettato e non eluso; esso già concede molto allorché consente di valutare in misura doppia rispetto al reale gli standard nelle zone A e B.

Se tale applicazione di standard era giustificata 15 anni fa, non lo è più oggi allorché, a fronte di dismissioni di aree produttive, si concedono equivoci interventi edilizi che, oltre a coprire tutto lo spazio disponibile, peggiorano in maniera determinante l'incidenza sull'uso del suolo, configurando insostenibili nuovi carichi urbanistici (Cardarelli, Acciarri, via Toti) che, al pari dei volumi dell'ex mercato ortofrutticolo di Porto d'Ascoli, conducono al collasso urbanistico rendendo invivibili i luoghi e configurando, talvolta, oltre al dissesto urbanistico anche quello geologico.

Dopo anni di politica variamente colorata, la città si ritrova con uno strumento urbanistico senza standard minimi: sia nella teoria che nella pratica. Eppure le previsioni dei DM 2-4-68 potrebbero rivelarsi ancora un caposaldo contro l'affarismo sfrenato che sconvolge il nostro territorio e i mq necessari (che non possono essere quantitativamente elusi) sono 18 mq ab per le dotazioni di base.

Come far giungere al pubblico demanio le aree necessarie? Forse basterebbe usare gli stessi mezzi che usano i privati allorchè immettono sul mercato immobiliare i loro beni, colmi di m.c. I mezzi ci sono: occorre modificare i rapporti di forza , le regole in gioco e rendere i piani "fastidiosi" per speculatori e cacciatori di rendite e profitti.

Si può dialogare alla pari e maggior incisività con i proprietari delle aree a vincolo perché, se un soggetto è proprietario del terreno, l'altro è titolare dei m.cubi da elargire o meno. I valori di scambio sono deducibili dal mercato e la rendita dei costruttori dovrebbe essere solo quella legata alla attività edilizia.

A volte tornano. Stiamo ritornando "colonia emiliana" : ditte "politecniche "modenesi (vedi la Stu) e pianificatori reggiani (Zazio, Campeon). Ciò non toglie che, se coscienti di una reale emergenza urbanistica per promuovere cose utili, dovremmo ripartire dal concetto della città come bene comune e dal principio della partecipazione ai processi decisionali non solo dei gruppi sociali forti ma anche della cittadinanza definita subalterna.

Evitando che l'attuale deregulation urbanistica, la flessibilità dei piani e la discrezionalità delle scelte siano rivolte verso un'ulteriore dimostrazione di sudditanza del pubblico verso i soggetti imprenditoriali più forti.

19/04/2007





        
  



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