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Dal Sogno al Sentimento. Mostra di Annalisa Piergallini

Ascoli Piceno | L'artista sembra inclinare verso un espressionismo di ascendenza nordica con particolare riferimento a Ernst Ludwig Kirchner e al Die Brücke

di Paolo Clerici

Avete mai riflettuto su quanta parte della nostra vita viene trascorsa nella condizione del sonno? Secondo qualcuno è vita sprecata. Perché quando si dorme non si agisce, non si produce (e questa sembra essere una grave colpa oggi che tutto viene misurato in base all'utilità e alla produzione delle cose e del danaro). Però anche quando si dorme si pensa perché il pensiero continua ad operare, magari attraverso il sogno.

Ci sono poi gli artisti  questi uomini e queste donne un po' speciali  che superano le usuali categorie del vivere comune e che possono operare anche dormendo, con un fare creativo che si condensa nell'attività onirica e si ritrasmette  alle memorie durante lo stato di veglia; oppure che hanno capacità di dormire  e di sognare  anche ad occhi aperti.

Bene, le opere di Annalisa Piergallini sono delle “Veglie” ovverosia dei sogni privi di senso logico proiettati però nella realtà diurna; sono dei sogni ad occhi aperti, come si diceva, nei quali le tradizionali relazioni, che abitualmente intercorrono tra i fatti e tra le cose, rinunciano alla loro andatura lineare e conseguenziale,  derivante dalle concezioni logico-matematica e spazio-temporale consuete, per farsi cosa altra.

Che cosa avviene durante queste “Veglie”? Le pulsioni dell'anima si affacciano tutte insieme sulla soglia della coscienza; si affollano e vanno oltre lambendo la ragione ma senza farsi imbrigliare. Il risultato visivo è la connessione a-logica degli elementi, la loro modificazione morfologica, la rinuncia, parziale o totale, al principio del vero ma anche del verosimile, per trasformarsi in realtà diversa, nuova, senza regole, estranea al reticolo spazio-temporale. Come se fossero  pensieri in assoluta libertà che vagolano in un proprio spazio speciale e che l'occhio-mente di Annalisa Piergallini  rifacendosi sostanzialmente ai postulati dottrinari e alle metodiche surrealiste  vede, registra e trascrive sopra il piano di proiezione offerto dalla tela o da qualsiasi altro tipo di supporto. Così facendo l'artista penetra all'interno del regno della fantasia e ne diviene cittadina a pieno titolo.

Quando lo status fantastico ed immaginativo riceve poi particolari sollecitazioni o scosse si esalta accentuando e moltiplicando tutte le fughe dai legami logici tra le cose reali ed acquista una ancor più ampia libertà di pensiero. Ecco allora che la “veglia” si tramuta in “delirio”, parossismo della libertà di pensiero e potenziamento della fantasia.
 
E' sulla base di queste considerazioni che vanno lette le creazioni fantastiche della Piergallini senza cercare in esse, a tutti i costi, somiglianze e parentele formali con i dati di natura che possono non esserci affatto o esserci solo parzialmente: ma anche in questo secondo caso del tutto svincolati da ogni legame con quella che gli antichi greci chiamavano  la doxa e che noi potremmo definire il comune sentire (anzi, meglio, il comune pensare).

Uno dei pochi casi in cui la Piergallini rimane invece in qualche modo attaccata all'Oratòs (così Platone definiva il mondo delle cose) è quello che si riferisce alla produzione pittorica dei coniglietti. Procedenti in file divergenti o convergenti, colti di fronte o di spalle o di lato, inseriti dentro composizioni circolari, essi si ammassano, forse si stringono l'uno all'altro per un bisogno di agognata solidarietà. Coniglietti come metafora umana? Tanti esseri che vorrebbero liberarsi dai vincoli del reale-razionale per immettersi nel paradiso-inferno della dimensione onirica dentro la quale poter vivere tanto le veglie quanto i deliri? Perché no? Intanto essi riflettono anche una parte di quella dimensione fanciullesca che pascolianamente permane in ognuno di noi e soprattutto lo fanno attraverso i piccoli occhi sgranati, simbolo poetico quanto ingenuo dello stupore.

Sotto il profilo stilistico, Annalisa Piergallini sembra inclinare ora, negli ultimi lavori, dopo la lunga e fruttuosa parentesi para-surrealista, verso un espressionismo di ascendenza nordica (tedesca, con particolare riferimento a Ernst Ludwig Kirchner e al Die Brücke) che forse sta spostando il baricentro della sua sensibilità creativa, dalla sfera onirica (mentale) a quella del sentimento (viscerale). Se il processo proseguirà e dove andrà a parare lo vedremo prossimamente.                                                                                                    

07/02/2007





        
  



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