Dal brand al lifestyle: la visione di Vittorio Sgarbi.
| MILANO - La moda secondo Sgarbi deve rimanere pura creatività senza fare invasione negli altri settori.
di Francesca Romana Rinaldi
Particolare la visione di Vittorio Sgarbi, assessore alla cultura di Milano, espressa durante il Milan Global Fashion Summit, convegno sulla moda tenutosi il 21 novembre a Milano.
Provocatoria perché alla domanda: “lei come vede la strada della diversificazione che così tante aziende della moda e del lusso stanno oggi intraprendendo, verso l’home design e gli alberghi?”.
La secca risposta è stata: “La vedo male!”.
In realtà questa apertura paradossale è stata poi articolata in modo estremamente meticoloso: la visione dell’assessore è quella di Carlo Petrini di Slow Food e Terra Madre, una visione che “esclude le incompetenze specifiche” e che facilita l’”occupazione degli spazi propri evitando che chi ha fatto gioielli per tutta la vita si metta a fare alberghi”. L’artigianato, insomma, secondo Sgarbi, deve diventare lifestyle e la moda deve rimanere ad essere solo creatività, perché quando “modizza il mondo”, questo processo la depaupera.
La moda, quindi, mantiene la creatività artistica se rimane se stessa senza fare un’invasione negli altri settori.
Per motivare il reale interesse della città alla moda, Sgarbi, in qualità di assessore, ha annunciato due idee in corso di implementazione: la prima è di portare a Milano una o due volte all’anno a Palazzo Reale una figura stilistica tra le più importanti a livello internazionale, che presenti la sua creatività con pari legittimità ad un pittore od uno scultore; la seconda è creare una risposta alla Biennale di Arti Visive di Venezia con un nome molto originale, “Babele a Milano”.
“Babele” come “fusione di linguaggi ed identità”, perché ogni linguaggio creativo ha la sua identità ma anche la sua confusione, presumendo che possa occupare il posto di un altro linguaggio, ad esempio quello del design, della pittura, del video, della pubblicità. La moda occuperà il suo spazio.
Sgarbi ha poi proseguito la sua filippicca descrivendo una personale ricostruzione dell’evoluzione dei linguaggi citando anche l’”Hangar Bicocca” di Milano come elemento linguistico importante per la città di Milano come “inizio della Babele” ed una prova che la filosofia dello Slow rispetto al Fast, effettivamente funziona.
Passando in rassegna tutto il moderno da Giotto a Basquiat, Sgarbi ha ricordato tutti gli eventi che hanno segnato i cambi di secolo con un segno incancellabile: nel 1300 la Cappella degli Scrovegni di Giotto, nel 1400 i capolavori del Masaccio e del Brunelleschi, nel 1500 Tiziano, Raffaello e Michelangelo, nel 1600 Caravaggio, nel 1700 Tiepolo, nel 1800 Turner, Canova, nel 1900 Picasso, il Futurismo, il Cubismo fino a Dada…e come inizia il 2000? Con l’abbattimento delle due torri: un’opera non solo materiale, ma mediatica e simbolica, simbolo dell’apocalisse, una società che si distrugge o viene distrutta.
Fino a quando le due torri non sono state ricostruite nel quartiere Bicocca all’ ”Hangar Bicocca” che, nell’ottica di riqualificazione urbana dell’area, nel 2004 è diventata un centro di arte contemporanea aprendo uno dei padiglioni della vecchia Ansaldo come spazio di innovazione.
Un futuro, quindi, che non è futurismo, crescita in verticale e globalizzazione, ma riciclaggio dell’esistente e conservazione.
Provocatoria perché alla domanda: “lei come vede la strada della diversificazione che così tante aziende della moda e del lusso stanno oggi intraprendendo, verso l’home design e gli alberghi?”.
La secca risposta è stata: “La vedo male!”.
In realtà questa apertura paradossale è stata poi articolata in modo estremamente meticoloso: la visione dell’assessore è quella di Carlo Petrini di Slow Food e Terra Madre, una visione che “esclude le incompetenze specifiche” e che facilita l’”occupazione degli spazi propri evitando che chi ha fatto gioielli per tutta la vita si metta a fare alberghi”. L’artigianato, insomma, secondo Sgarbi, deve diventare lifestyle e la moda deve rimanere ad essere solo creatività, perché quando “modizza il mondo”, questo processo la depaupera.
La moda, quindi, mantiene la creatività artistica se rimane se stessa senza fare un’invasione negli altri settori.
Per motivare il reale interesse della città alla moda, Sgarbi, in qualità di assessore, ha annunciato due idee in corso di implementazione: la prima è di portare a Milano una o due volte all’anno a Palazzo Reale una figura stilistica tra le più importanti a livello internazionale, che presenti la sua creatività con pari legittimità ad un pittore od uno scultore; la seconda è creare una risposta alla Biennale di Arti Visive di Venezia con un nome molto originale, “Babele a Milano”.
“Babele” come “fusione di linguaggi ed identità”, perché ogni linguaggio creativo ha la sua identità ma anche la sua confusione, presumendo che possa occupare il posto di un altro linguaggio, ad esempio quello del design, della pittura, del video, della pubblicità. La moda occuperà il suo spazio.
Sgarbi ha poi proseguito la sua filippicca descrivendo una personale ricostruzione dell’evoluzione dei linguaggi citando anche l’”Hangar Bicocca” di Milano come elemento linguistico importante per la città di Milano come “inizio della Babele” ed una prova che la filosofia dello Slow rispetto al Fast, effettivamente funziona.
Passando in rassegna tutto il moderno da Giotto a Basquiat, Sgarbi ha ricordato tutti gli eventi che hanno segnato i cambi di secolo con un segno incancellabile: nel 1300 la Cappella degli Scrovegni di Giotto, nel 1400 i capolavori del Masaccio e del Brunelleschi, nel 1500 Tiziano, Raffaello e Michelangelo, nel 1600 Caravaggio, nel 1700 Tiepolo, nel 1800 Turner, Canova, nel 1900 Picasso, il Futurismo, il Cubismo fino a Dada…e come inizia il 2000? Con l’abbattimento delle due torri: un’opera non solo materiale, ma mediatica e simbolica, simbolo dell’apocalisse, una società che si distrugge o viene distrutta.
Fino a quando le due torri non sono state ricostruite nel quartiere Bicocca all’ ”Hangar Bicocca” che, nell’ottica di riqualificazione urbana dell’area, nel 2004 è diventata un centro di arte contemporanea aprendo uno dei padiglioni della vecchia Ansaldo come spazio di innovazione.
Un futuro, quindi, che non è futurismo, crescita in verticale e globalizzazione, ma riciclaggio dell’esistente e conservazione.
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26/11/2006
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