Architettura e Politica allUnicam
Ascoli Piceno | Al convento dellAnnunziata i prossimi 22 e 23 Novembre si parlerà di progetto e pensiero critico.
Parlare di Politica oggi significa partire da una accezione assai labile del concetto di “polis”, oscillante tra la mortificante resistenza delle istanze di conservazione e la dilagante omologazione delle forze del mercato. Pur tuttavia si tratta di una condizione che la cosa pubblica ha già da tempo metabolizzato, rinunciando alla trasformazione e al governo del territorio in favore di un ruolo di semplice gestione amministrativa. Proprio da qui può prendere le mosse una riflessione concreta che provi ad affacciarsi sulla voragine che si è aperta tra le belle speranze della cultura e la cruda realtà dell’economia e della società.
Che tipo di relazione esiste oggi tra architettura e politica? Può l'architettura proporsi come azione politica che parta proprio dalla tabula rasa ideologica e dal trionfo della tecnica economico-amministrativa come pensiero unico e definitivo - a destra come a sinistra - del governo del territorio? Esiste un terreno di confronto tra architettura e politica e un ruolo del progetto architettonico al di là della mera e spesso illusoria gestione delle forze del mercato o dell’ingenua, ottimistica immaginazione del futuro a venire? E dove il progetto può attingere il senso della sua azione in un’epoca i cui tra idea di futuro, alla quale non può che appartenere, e mondo della finitezza esiste una sconnessione inesorabile? In che misura il consumo dei linguaggi e la frenesia comunicativa, che di fatto ha azzerato i contenuti e appiattito il dibattito, apre nuovi scenari? Più in generale, la Politica è dentro o fuori il progetto?
Sono questi alcuni degli interrogativi che il convegno Architettura e Politica vuole sollevare, affrontando le questioni che precedono la prassi politico-architettonica come semplice metodo di organizzazione delle forze che agiscono sul territorio e rimettere al centro della discussione il fare architettonico come proposta culturale specifica, che superi un’idea di architettura come “soluzione” dei problemi della Politica o peggio della società.
In una condizione come quella odierna in cui le istanze territoriali locali, alla scala del nostro paese come a quella dell’Europa, sembrano intrappolate tra le strategie delle politiche nazionali e internazionali e le “pulsioni” del mercato globale, l’architettura non può fare a meno di una lettura critica dei processi storici in cui è coinvolta: una lettura che illumini la coscienza del suo passato moderno e postmoderno, e riprenda il filo interrotto di una narrazione complessa ma organica delle sue vicende rimettendo in gioco il progetto architettonico nella concretezza del presente.
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20/11/2006
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