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Il manifesto e l’impegno. La tesi di Laura Ripani

San Benedetto del Tronto | La mission del giornalista.

di Laura Ripani

Riportiamo di seguito la Tesi dell'esame da Giornalista Professionista della collega sambenedettese Laura Ripani, che in questa settimana ha raggiunto l'atteso traguardo. Da parte della redazione de IlQuotidiano.it i migliori auguri per una florida carriera.

Questo articolo vuole essere il manifesto della professione, così come la intende chi scrive. Nasce dalla sintesi dell’omonima tesi di laurea magistrale e dall'esperienza giornalistica ventennale, soprattutto nei quotidiani. A due settimane dalla morte, è dedicato a Oriana Fallaci, la più grande giornalista italiana, di fama mondiale. E intende offrire un contributo costruttivo allo spirito che è importante tenere sempre vivo nella professione: chi è il giornalista, cosa vuole e dove va.

E', infine, frutto dell’obiettivo di diventare giornalista professionista, perseguito con determinazione.
L'opportunità è stata offerta dalla delibera dei freelance che l'Ordine dei giornalisti ha varato nell’anno 2002. La segreteria nazionale conta 74 praticanti che, nelle due ultime due sessioni d’esame (numero 87 e 88), ne hanno beneficiato. La mission del giornalista, qualunque sia l’accesso, è, in ogni caso, di rispondere all'esigenza del lettore di conoscere il mondo nel quale vive. Egli ha il compito di capire per primo la realtà partendo dalla ricchezza che offre. Scova, seleziona, racconta e critica l’abbondanza d’input presenti nella società. E’, inoltre, mediatore tra il diritto delle persone di informarsi e il suo dovere d’informarle.

Opera sulla base dell’interesse pubblico, verifica cosa è accaduto e lo rende in forma civile. Orienta l’opinione pubblica perché le novità siano comprensibili, seleziona cosa interessa e stabilisce l’agenda setting. Con criteri logici e strumenti professionali. Questi diritti, riconosciuti in forma implicita dall'articolo 21 della Costituzione Italiana, rappresentano gli aspetti passivo ed attivo del diritto di cronaca. Si tratta di valori imprescindibili, perché fondano la Democrazia, modernamente intesa. Sono, inoltre, indicati sulla Dichiarazione universale dei diritti umani, all'articolo 19.
Il senso della notizia, il fiuto speciale che fa riconoscere cosa vale la pena trasmettere, è innato perché percepibile, a chi lo possiede, senza mediazione della coscienza. Ma non basta per creare un professionista perché è necessario dargli forma.

Passare dall’intuizione al pezzo è frutto di studio e approfondimento. Quindi, oggi, è necessaria una solida cultura generale. Nell’Università ha la forma riconosciuta e valida perché questa mette a disposizione bagaglio e metodo. Le lauree, anche in Scienze delle Comunicazione e magari specialistiche dei mass media, non sono capaci, da sole, di dare dignità alla professione per mancanza dell’adeguata conoscenza di diritti, doveri e della deontologia. Che è compito dell’Ordine dei Giornalisti.

Le conoscenze teoriche, poi, devono essere affiancate dalla pratica nelle redazioni. Il faro d’ogni professionista è la legge numero 69 del 1963. L’articolo 2 indica i contenuti essenziali: il diritto alla libertà d’informazione e critica, il dovere di verità, in lealtà e buona fede. Alcuni maestri, ancora presenti nelle redazioni, spiegano, allora, come tutto questo si declina concretamente.

"E' banale dirlo, ma la missione resta quella di informare - dice Gianni Perrelli, caporedattore responsabile dei servizi speciali dell'Espresso -. Con la maggior onestà possibile, cioè compiendo uno sforzo di obiettività che, in qualche modo, ti avvicini alla verità. E' utopistica l'idea che il giornalista debba sempre esprimere una verità assoluta. Nella valutazione dei fatti sarà, in ogni caso, influenzato dalla sua educazione, dal suo carattere, perfino dai suoi umori del momento. Ma, per essere credibile, deve far sentire al lettore che il suo è un lavoro onesto. Da broker dell'informazione: senza pregiudizi e, a volte, anche senza giudizi”.

Come si stabilisce il necessario rapporto di fiducia tra lettori e giornalista è un fatto di credibilità.
"Ci sono giornalisti - continua Perrelli - di lungo corso (Biagi, Bocca, Scalfari, Pansa) che vengono apprezzati anche da tanti lettori che non condividono le loro idee. Perché dietro i loro articoli c'è sempre una passione, un amore per il lavoro, una tensione morale che li rende, in ogni momento, professionisti non infallibili ma credibili. Per i giovani so che è più difficile. Perché è difficile che esercitino un giornalismo di opinione. Ma crescendo..." Il punto è, quindi, individuare quali speranze ci sono per chi intende crescere, nella società attuale. Ancora Perrelli è illuminante.

“Penso - chiude - che chi fa questo mestiere le abbia come bagaglio naturale. Il giornalismo è una vocazione. Siccome di solito non garantisce grandi ricchezze, se lo fai vuol dire che ti piace. E anche se è vero che il panorama sta cambiando, l'essenza del mestiere rimane sempre la stessa. Su carta stampata o su Internet, a voce o sul piccolo schermo, ci vorrà sempre qualcuno che illustri i fatti alla gente. Questa, più che una speranza, è una confortevole certezza". Magdi Allam, vicedirettore ad personam del Corriere della Sera, invece, punta sull'aspetto di servizio connaturato alla professione.
"Il giornalista - sostiene - è colui che ha il compito d’informare in modo corretto. Fa prevalere l'etica ed è ancorato ai valori umani della vita, della libertà e della dignità umana. S’impegna ed è attento al lettore-persona. Ha questa voglia e si sforza, ogni giorno, di farla primeggiare". Insomma, nella redazione Esteri di un grande quotidiano o in una piccola, di provincia, i principi sono gli stessi. O, almeno, dovrebbero essere.

29/10/2006





        
  



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