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“Sadam, occorre l’aiuto di tutti. Anche quello della Curia, se ne ha facoltà.

Ascoli Piceno | L'assessore Mandozzi sulla vicenda Sadam. "Chi più ha senso di responsabilità in merito, che ne eserciti l’impegno, in nome del lavoro e dell’occupazione. Urge chiarimento di fondo con il gruppo Maccaferro, proprietario dello stabilimento di Campiglione"

di Emidio Mandozzi*

Emidio Mandozzi

Mi sono messo per un attimo nei panni dei 113 lavoratori della Sadam e delle loro famiglie, preda di comprensibili quanto giustificati timori per un futuro che oggi vedono buio, con lo stabilimento che per anni ha dato loro lavoro e pane, sull’orlo di una chiusura definitiva, che dobbiamo sventare ma che indubbiamente rimane un’ipotesi più che realistica.

Mi sono messo per un attimo nei panni di chi, il sindacato, in questo scenario deve riuscire a coniugare le aspettative dei lavoratori che rappresenta, con i propositi ed i progetti dell’azienda, di proprietà del gruppo Maccaferro di Bologna.

In un simile contesto, ovvio che nessuno vuole lasciare nulla di intentato, men che meno chi sente sulle proprie spalle e sulla propria pelle tutta la responsabilità del ruolo che ricopre. Solo così mi spiego l’iniziativa della Rsu della Sadam di chiedere aiuto anche alla Curia di Fermo, dopo aver bussato a tutte le porte per una giusta causa, quale quella di continuare a garantire un lavoro ed un reddito a tante famiglie, in un territorio che peraltro ha già patito e sta ancora patendo l’onta di una crisi produttiva ed occupazionale che ha tagliato centinaia e centinaia di posti di lavoro nel settore della calzatura.

Se può, che intervenga anche la Curia, non sono certo pregiudizialmente contro chi può dare una mano. Quello che mi preme ribadire è altro: le istituzioni, dalla Provincia (ci siamo resi disponibili a varare sin da subito progetti ad hoc per riqualificare professionalmente il personale) alla Regione, hanno messo in campo tutto il loro impegno per far si che si potesse ripartire con un serio e valido progetto di riconversione dello stabilimento da un lato, contando anche sulla disponibilità dell’impresa, che avrebbe dovuto (dovrebbe) garantire il suo impegno a che una parte dei lavoratori potesse (possa) continuare a lavorare nel reparto “confezionamento” della Sadam.

Ora, capisco le perplessità ed i timori del sindacato che opera all’interno dello stabilimento, ma lo scenario urge di chiarimenti più profondi, ad iniziare dal conoscere quali siano le reali intenzioni della Sadam relativamente allo stabilimento di Campiglione (ma è chiaro che i giochi l’azienda li ha chiusi da tempo, sin da quando, insieme alle altre imprese saccarifere, contrattò con il ministro dell’Agricoltura Alemanno la propria, sostanziosa “buonuscita” - una parte della quale, la Sadam dovrebbe però avere il buon senso di rimetterla in gioco sul territorio -, per dismettere gli impianti produttivi dopo che lo stesso ministro, insieme al governo di cui faceva parte, non era riuscito, in sede di U.E., a portare a casa quote soddisfacenti di produzione di zucchero), e sulla quale esercitare le dovute pressioni, sia sindacali (ed il “tavolo di filiera” è quello deputato al confronto, che se necessario dovrebbe poter essere anche duro, contando sulla solidarietà del coordinamento nazionale saccarifero) che politiche. Poi se nel malaugurato caso dovessimo tornare a fare le barricate, avere il sostegno anche della Curia, sarebbe indubbiamente una buona cosa.

25/08/2006





        
  



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