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Facciamo qualcosa di sinistra?

San Benedetto del Tronto | L'offerta del ceto politico alla cittadinanza

di Unione Democratica per San Benedetto

Finita la campagna elettorale, il programma elettorale iniziale evapora via via durante il mandato.
Viviamo palpabile il rischio che come al solito:

1.Amministrare si traduce spesso nel galleggiamento politico-amministrativo, nell'inseguire il
quotidiano, il contingente, nel concedere solamente a chi tira di più la giacca, senza nessuna
strategia, di analisi, di contesto, di programma, né, tanto meno, obbiettivi da raggiungere.

1.L'incarico amministrativo è utilizzato solamente per rafforzare la personale base elettorale.
2.Le scelte economiche e strutturali e i grandi dibattimenti, sono spesso incomprensibili, criptici e apparentemente insensati.
3.Si naviga a vista; non si pone il problema della governance, senza vision, senza mission; serve costruire un progetto amministrativo, e occorre ragionare del come, su cosa e con chi, da chi dev'essere condiviso, come calarlo nella realtà e farlo accogliere.
4.In questo contesto da amministratori fai-da-te, regolarmente, per qualche “strano fenomeno”
gran parte delle risorse del Municipio finiscono sempre in mano alla parte grassa della città: ricezione turistica, commercio, costruttori.


Uscire da questo sentiero dei passi perduti è, al contempo, un dovere e una sfida.
Proposte per fare qualcosa di sinistra

Il ceto politico di sinistra si deve senz'altro caratterizzare per il valore etico, il rigore, e la professionalità. Smentire la gran parte di elettori che pensa di aver votato la sinistra perché è
“la meno peggio”, sembra il minimo che i nostri amministratori possano offrire alla città.

Questa offerta etica e ontologica dovrebbe essere patrimonio di base e trasversale di tutto il ceto
politico. Da un amministratore di sinistra le aspettative degli elettori sono maggiori, e la sinistra di
governo può e deve voler dire offrire alla città qualcosa di più, qualcosa che sia distintivo e
qualificante, qualcosa che faccia la differenza, tra offrire un'amministrazione alla meno peggio e
offrire il meglio delle proprie possibilità.

Si richiede di un salto di qualità nella governance, che si agganci al patrimonio culturale e storico
della sinistra, un'offerta qualitativa caratterizzante, (non può essere il solito, inutile, progetto da
“cattedrale nel deserto”, o progetti di facciata, show fatti per la passerella dei politici), cose
concrete che entrano nella percezione collettiva profonda; cose significative e adeguate al senso di
trasformazione epocale in corso.

Si propongono due direttive interdipendenti e concatenate, che non richiedono mega investimenti,
anzi una parte è finanziabile dalla CE. Richiedono tuttavia intelligenza e molta volontà.

•Costruire una strategia di direzione e di intervento amministrativo.
•Costruire le istanze sociali di condivisione e partecipazione.


San Benedetto in questi ultimi anni ha subito notevoli cambiamenti sul piano economico, culturale,
infrastrutturale, dimensionale, urbanistico, nelle interdipendenze economiche. Questi cambiamenti
sono avvenuti spontaneamente e senza percezione profonda da parte della classe dirigente di cosa è successo. Non è più solo mare, non è più solo turismo, non è c'è più S.B.T. come un microcosmo
separato e autoctono.

E' prioritario analizzare a fondo i cambiamenti in corso, cercare di capirne le prospettive, favorire la ridefinizione delle “personalità”della città, ritrovare la sua identità territoriale economica e culturale, favorire l'adeguamento percettivo e operativo alla nuova realtà da parte della classe dirigente imprenditoriale e politica.

Questo percorso di comprensione-trasformazione non dovrà essere solo studio di dati acroeconomici ambientali e sociali per dedurne un programma usa e getta.

E' una trasformazione che implica una presa di coscienza individuale e collettiva: è la coscienza storica della cittadinanza in gioco. Come tale dev'essere un processo collettivo e partecipato, compreso, digerito, assimilato e vissuto da tutti.

Cogliere l'occasione per offrire un processo di democrazia progressiva vuol dire costruire istanze sociali adatte alla partecipazione, non fermarsi alla democrazia degli eletti (interpartitica), ma, sulla traccia di come si è fatto in molti Comuni, e sulla scia degli impegni della Carta di Aalborg e della Agenda 21 locali, costruire delle strutture di progettazione, consultazione, concertazione, di gestione, che affianchino il Municipio (o il consorzio di Municipi della riviera), gli assessorati e tutta la struttura elettiva e amministrativa con tutti gli "addetti ai lavori", agli agenti economici e culturali del territorio, associazioni e semplici citadini.

Costituire una forma intermedia fra la democrazia delegata e la democrazia diretta, allargando in
questo modo quelli che sono per il cittadino i diritti di cittadinanza.

Si tratta di veri e propri cantieri sociali di progettazione e trasformazione urbana. Queste strutture devono funzionare con continuità, devono accompagnare l'intero processo della ridefinizione della configurazione territoriale, della gestione di piani, e di politiche territoriali; le più urgenti da costruire sono:

•Forum della economia, lavoro, infrastrutture e ricerca . Chiudere i carrozzoni inutili, i pozzi senza fondo e senza riscontro, verificare quelli utili, recuperare risorse per lo studio del territorio, per la ricerca e per l'innovazione.

•Forum urbanistico e paesaggistico. PRG, e lo statuto dei luoghi ( verde pubblico, mare, spiaggia, collina, sentina): la città cresce in modo selvaggio, al di fuori di ogni controllo, senza parametri di sostenibilità. Dal contingentamento dell'acqua, alle fogne che scaricano ancora a mare i liquami, le strade impercorribili, senza parcheggi; i quartieri storici al degrado e quelli nuovi senza opere pubbliche, senza parcheggi pubblici, senza marciapiedi e fogne; gli alberghi che vengono trasformarsi in residence. Sono eterne emergenze che gridano vendetta. Il primo passo è l'approvazione urgente delle norme di salvaguardia, in attesa di ridefinire il nuovo PRG dentro un'ampia discussione sul futuro della città.

•Forum dei quartieri. Mettere a punto i "contratti di quartiere", dei piani d'intervento per rendere vivibili, agibili e decorosi dai bambini, dagli anziani dai cittadini, i nostri quartieri.

•Forum della cultura . Si confonde troppo spesso lo show con la cultura: l'intrattenimento -
Berlusconi docet- è puro spettacolo, che spesso perpetua l'alienazione sociale, il cui referente è il consumatore da affascinare e abbindolare. La cultura come si vuol intendere qui, aumenta la consapevolezza di sè del cittadino, ne rafforza la qualità, allarga la coscienza dell'interdipendenza tra cittadini, accresce il senso di comunità ristretta e allargata di cui si fa parte, consolida in vario modo il senso di coesione sociale e di appartenenza, migliora la percezione di sè edel modo. Cultura, insomma, come empowerment sociale. La sinistra, per vocazione, dovrebbe ergere cattedrali alla cultura... nell'attesa, almeno il Pomponi si potrebbe finire!


Altra confusione visibile che crea gravi danni, è il non percepisce la differenza tra produzione e consumo della cultura. Bisogna sostenere i nostri autori, i nostri format (alcuni importanti, e significativi sono lasciati morire per incuria), perchè oltre che risorsa culturale, sono anche una risorsa di economia diretta e indiretta. Doveroso quindi aiutarli a crescere, dargli delle strutture, promuoverle. Se per pigrizia intellettuale ci limitiamo a comprare da "fuori" costosi format luccicanti, che passano sulla città come meteore, non si dà un buon servizio alla città nè economico nè culturale.

La discussione è aperta.

22/07/2006





        
  



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