Il discorso di insediamento del Sindaco Giovanni Gaspari
San Benedetto del Tronto | Saluti, ringraziamenti, alcuni toccanti, la storia della città, linnovazione, la partecipazione, il comprensorio, il personale, il turismo, le politiche sociali, la cultura, lo sport. "San Benedetto città delle opportunità".
di Giovanni Gaspari*
Questo non è un editoriale ma il discorso di insediamento del neo Sindaco Giovanni Gaspari, che ritengo meriti la massima visibilità. Al neo Sindaco e alla sua Giunta un augurio di buon lavoro da ilQuotidiano.it
Saluti e ringraziamenti.
Saluto il nuovo consiglio comunale, i rappresentanti delle città gemellate, gli ex sindaci, i premi Truentum, le autorità presenti, tutti i cittadini. E non nascondo l’emozione di vedere ricostituita l’assemblea che non si riuniva più da lunedì 2 maggio 2005. Un vuoto enorme per la città di San Benedetto, che si è data oggi un consiglio rinnovato non solo per effetto del voto in quanto tale, ma anche per la presenza di giovani e donne: più di quanti ve ne fossero in passato, ma ancora non quanti ne richiederebbe la composizione della società, e una società moderna, aperta al nuovo e al futuro. Un saluto particolare va dunque alle donne-consigliere e a coloro che entrano per la prima volta in consiglio comunale. Il vostro contributo sarà determinante in termini di idee e di sensibilità.
Voglio inoltre rivolgermi alla città stessa, per ringraziarla di avermi ritenuto degno e capace di ricoprire la carica di sindaco. La volontà dei cittadini è stata espressa in maniera inequivocabile a favore del centrosinistra, ma questo naturalmente non vorrà dire che la parte vincente dovrà prevaricare l’altra, rappresentata dai banchi dell’opposizione. Per coerenza e perché crediamo nell’importanza del consiglio comunale, uno dei nostri impegni sarà quello di permettere a maggioranza e minoranza di svolgere al meglio i loro rispettivi ruoli, chiamandoli ad esprimersi nelle sedi istituzionali, nel rispetto delle regole previste dalle leggi e con spirito di collaborazione. All’interno del Comune non ci sono nemici che si affrontano, e non c’è occupazione del potere.
Noi ci siamo candidati promettendo di ridare prestigio alla città e in particolare alle istituzioni cittadine. Io mi sono candidato promettendo di essere il sindaco di tutti e di non essere un uomo solo al comando. Sono questi il luogo e il momento adatti per ricordare queste cose, e per chiamare tutti noi a dare il nostro contributo in termini di impegno, di disponibilità alla discussione e all’ascolto. Oggi abbiamo bisogno di sobrietà da parte della politica e di un lavoro concentrato a risolvere le questioni che la città ha di fronte e per migliorare le condizioni di vita dei cittadini.
Come diceva Berlinguer: «Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita».
Il consiglio comunale.
Credo che su questi argomenti i nostri principi e valori siano condivisi. «L’arte della politica è così difficile, ma insieme così nobile», dice la Gaudium et spes. Ed è un’arte che si esercita in primo luogo nel consiglio comunale, luogo fisico e ideale di un confronto serrato, aspro, forte, non meno che alto. Il consiglio è il luogo del confronto tra i rappresentanti dei cittadini, tra tutte le istanze che essi rappresentano. È lo spazio delle idee e delle decisioni che riguardano tutti, non una parte soltanto.
Il ruolo del consiglio verrebbe sminuito se esso non venisse convocato a scadenze regolari e con la giusta frequenza. L’articolo 9 dello Statuto comunale specifica: «Il Consiglio Comunale si riunisce di norma una volta al mese ed almeno sei volte l’anno». Se così non fosse la città non avrebbe quelle risposte che la politica è chiamata a dare. Il consiglio comunale dovrà studiare il futuro di San Benedetto, dovrà immaginarlo e saperlo programmare.
Il consiglio comunale nel suo insieme rappresenta la città intera e ne decide il futuro. Promettendovi il mio impegno, chiedo il vostro: nel partecipare alle riunioni del consiglio, delle commissioni e in ogni altra occasione in cui sarete chiamati a rappresentare altre persone, le istituzioni, la città. «Di te parla la favola», dice il poeta. Ogni questione dibattuta in consiglio comunale parla della città di San Benedetto. Non sembrerà elegante chiedere ai consiglieri di partecipare a quante più riunioni possibile e di assentarsi solo in caso di reale necessità, come se essi non sentissero il loro dovere istituzionale, o non avessero la passione della politica. Ma voglio anche sperare che questa mia richiesta si riveli in futuro una inutile precauzione.
Mi permetto in questa sede di formulare una richiesta all’assemblea, di voler indicare i due consiglieri che sono stati candidati sindaco, Edio Costantini e Domenico Martinelli, se l’assemblea lo riterrà opportuno e se i diretti interessati sono d’accordo, nell’ufficio di presidenza del consiglio.
I consiglieri sanno di affrontare in ogni riunione argomenti importanti, quando non decisivi, per la collettività. Ogni punto all’ordine del giorno non ci riguarda come singoli, o per difendere gli interessi di qualcuno, ma come comunità. Non solo per il presente, ma soprattutto per il futuro. E non solo come singola città, ma come comprensorio.
Tanto i consiglieri quanto la città meritano attenzione e rispetto. «I consiglieri rappresentano l’intero territorio comunale», dice infatti l’articolo 8 dello Statuto. Al rispetto delle esigenze della città è chiamata l’amministrazione, che tuttavia non dovrà chiudersi al proprio interno, dopo aver ricevuto un mandato attraverso il voto. Soprattutto oggi, quando la città vive un momento di difficoltà nei suoi tradizionali settori economici, oltre che per problemi sociali crescenti, come le cosiddette “nuove povertà”.
Paradossalmente è forse una crisi dovuta all’atteggiamento con cui la si affronta. Noi riteniamo che dalla difficoltà si esca rilanciando e non ripiegandoci in noi stessi. L’abbiamo detto più volte. E da vecchio cultore della boxe vorrei ripeterlo ricordando che un bravo pugile esce dall’angolo in cui è costretto con un gancio, non limitandosi a tenere la guardia alta.
La storia della città.
La programmazione del futuro parte dalla consapevolezza del passato. «Il futuro è nelle radici», diceva don Tonino Bello. Solo in questo modo possiamo avviare la città verso una direzione compatibile con le sue esigenze. Accennare anche brevemente a cosa sia stata la storia di San Benedetto, al momento dell’insediamento di una nuova amministrazione, mi sembra una doverosa forma di rispetto, per la città e anche per le sue tragedie, spesso legate al mare.
Ma ci piace soprattutto sottolineare che la storia della città è stata resa grande dall’innovazione in tutti i settori. San Benedetto ha conosciuto prosperità e traguardi sociali, economici, persino sportivi, ben superiori alle apparenti potenzialità di un piccolo territorio, e tutti dovuti all’innovazione, oltre che ai relativi investimenti. Nel 1912 fu varato il “San Marco”, primo motopeschereccio d’Italia, realizzato grazie a mons. Francesco Sciocchetti e all’ing. Lucarelli. Fu all’avanguardia la società Sapri dei fratelli Merlini. Da sempre la durezza della vita in mare ha significato per gli abitanti di quello che fu un borgo marinaro, spirito d’avventura, progresso, apertura verso l’esterno, al mondo e alle altre marinerie.
Né possiamo dimenticare il contributo dato dalle donne e dagli uomini che hanno reso possibile tutto questo con il loro lavoro. E anche la dura necessità dell’emigrazione, che a fine Ottocento portò molti sambenedettesi in varie parti del mondo, da Viareggio a Mar del Plata a Chicago Heights tra le altre destinazioni.
Ma anche il pubblico ha sempre supportato l’innovazione, già con il Piano regolatore del porto istituito con il Regio Decreto n. 71 del 10 gennaio 1907 e con quello oggi vigente, approvato nel ’68 dal Genio civile opere marittime. È stata fondamentale l’opera di molti grandi sindaci, che hanno visto lontano e dato un volto e un futuro alla città, alcuni poi insigniti del premio Truentum.
San Benedetto è stata il principale polo del freddo d’Europa, a partire dall’intuizione di investire nelle celle frigorifere negli anni ’70. Prima ancora era già uno dei più importanti centri per la lavorazione delle verdure, almeno a partire dal 1958, l’anno di fondazione dell’“Industria alimentare della valle del Tronto”. Qui si è incominciato a scavare pozzi poi utilizzati per irrigare. Dalla stazione di Porto d’Ascoli partivano treni carichi di frutta e ortaggi verso l’Austria, la Germania, l’Inghilterra, persino la Svezia. Le esportazioni raggiungevano i 60 mila quintali annui, grazie all’attività di famiglie, alcune delle quali proseguono ancora oggi la loro attività.
E naturalmente la nostra città è da sempre una località turistica all’avanguardia, la prima delle Marche almeno dagli anni ‘60. Ma già luogo di villeggiatura dalla seconda metà del Settecento. Il primo stabilimento balneare è del 1865, ad opera dei fratelli Rutili. Pochi anni dopo San Benedetto disponeva di sei battelli da diporto per il divertimento dei turisti e le gite in mare. Il primo hotel, il “Progresso a mare”, fu inaugurato da Filippo Camiscioni nel 1923. Degli anni ’30 è la Palazzina Azzurra, disegnata dall’ing. Luigi Onorati come pure il nostro magnifico e celebre lungomare.
Oltre a questi, il nome di un pioniere come Marcello Camiscioni evoca tutta l’innovazione e la qualità del nostro turismo, su cui dovremo puntare anche per il futuro. Nel 1937 la guida rossa del “Touring club”, a proposito di San Benedetto, parlava di «13.685 abitanti, moderna cittadina situata al piede di una successione di colline, frequentata e ben attrezzata stazione balneare e importante centro peschereccio. Il mercato all’ingrosso del pesce è il più importante d’Italia per il traffico e la modernità degli impianti». L’importanza della “modernità” per le fortune cittadine era già nota allora, ma certamente anche prima.
La storia della città è nota anche fuori dai suoi confini e dai confini nazionali. Recentemente ho parlato con il comandante della Capitaneria di porto, il quale conosce le gesta passate dei nostri pescatori in Canada: quando le acque erano mosse e la maggior parte delle navi tornava in porto, e si vedevano alcune barche che continuavano invece a lavorare in mare, si poteva star sicuri che si trattasse di sambenedettesi, i quali non facevano questo per incoscienza, ma al contrario per la consapevolezza delle proprie capacità: “audacissimi tra gli audaci”, è stato detto.
L’innovazione.
La “sambenedettesità” risiede nel coraggio di cambiare, nella forza di innovare. Nelle Marche c’è la più alta percentuale di imprese artigiane, in provincia di Ascoli la maggiore concentrazione rispetto alla regione, e a San Benedetto la più alta percentuale a livello provinciale, circa 1.500 imprese artigiane. Abbiamo anche il più alto tasso di immigrazione regolare. Sono queste le frontiere della sfida che abbiamo di fronte: una parte importante del nostro tessuto economico e sociale, che va aiutato, specie nell’essenziale settore dell’innovazione.
L’innovazione sarà per noi, al tempo stesso, un obiettivo e un mezzo per prepararci al futuro, per conseguire il benessere della città e del suo comprensorio. La “modernità”, non l’immobilismo, è stata alla base della grandezza economica e sociale della città di San Benedetto. Non c’è sviluppo o crescita economica se non c’è anche innovazione. Nel pubblico come nel privato.
Noi non ci insediamo oggi per gestire l’ordinario. Dobbiamo stupire come i nostri pescatori in Canada, uscire dall’angolo. La “modernità degli impianti” che già ci caratterizzava nel passato vuole dire oggi infrastrutture materiali e immateriali, risposte alle categorie svantaggiate e agli imprenditori, il problema della viabilità da risolvere sul nostro territorio, reti informatiche da implementare.
In un saggio pubblicato pochi anni fa il nostro tempo è stato definito “era dell’accesso”. Le reti informatiche e quelle tra enti per organizzare al meglio i servizi sono uno dei nostri principali obiettivi. Questo ci permetterà di avvicinare le istituzioni ai cittadini, di abbreviare i tempi d’attesa per una pratica, di poterne seguire l’iter per via telematica. È una strategia per rendere più semplice e intuitivo il rapporto tra Comune e cittadini e per aumentare il livello di trasparenza della pubblica amministrazione, per rendere San Benedetto una città accessibile sotto ogni profilo..
La partecipazione.
D’altra parte, almeno per le principali iniziative che l’amministrazione dovrà prendere, dovremo tenere ben presente un metodo. Molte vicende grandi e piccole in più parti d’Italia, legate ai rapporti tra amministrati e amministratori, ci dimostrano che oggi il metodo della partecipazione democratica non può essere eluso in alcun modo, né per negligenza, né per mancanza di unità all’interno dell’amministrazione.
A queste elezioni amministrative avevamo 435 candidati consiglieri. Trenta sono stati eletti. Mi piacerebbe che questa voglia di partecipazione non si esaurisse. Questa agorà sia uno stimolo, uno strumento di verifica e un impulso a fare sempre di più e meglio. Come diceva ancora Berlinguer, «Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno». La città ha bisogno di tutte le sue risorse, non di quelle di uno solo o di pochi.
È il Titolo III° del nostro Statuto comunale, agli articoli 24-32, a parlare di partecipazione. Il primo di questi articoli dice che «Il Comune garantisce l'effettiva partecipazione democratica di tutti i cittadini all'attività politico-amministrativa, economica e sociale della comunità». E prosegue: «Sono titolari dei diritti di partecipazione i cittadini che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età. I diritti si estendono altresì ai cittadini dell’Unione Europea, agli stranieri ed agli apolidi residenti nel Comune».
Le scelte che riguardano i cittadini vanno decise e concordate con i cittadini stessi, siano essi singoli, gruppi, associazioni di volontariato, sociali, sportive, culturali. Per ogni provvedimento cercheremo la maggiore condivisione possibile da parte loro. In questo modo potremo realizzare la più efficace programmazione in tutti i settori. Ed è solo in questo modo che possiamo pensare di affrontare il complesso iter di un nuovo Piano regolatore.
Il Piano regolatore è uno dei principali strumenti attraverso cui il consiglio comunale è chiamato, come dicevo, ad immaginare e a programmare il futuro della città. Nostro obiettivo è quello di rendere la città più vivibile e più solidale, integrando le periferie al resto della città, riqualificandone alcune zone particolarmente degradate, dando risposta al problema abitativo, oggi particolarmente grave. Tipicamente, il Piano regolatore è un argomento che richiede una visione più ampia che quella concentrata su una sola città.
Il comprensorio.
San Benedetto fa parte della “Riviera delle Palme” e al suo interno è naturalmente chiamata a svolgere il ruolo di Comune capofila. È questa una delle principali sfide che ci attendono da qui in avanti.
Ridare prestigio alla città, svolgere il ruolo di Comune capofila, non sono questioni astratte. Per chi vuole mettere questa questione su un piano di sola “convenienza”, si tratta dell’unico modo per progettare il futuro del nostro territorio, per organizzare più servizi e più efficienti a beneficio dei cittadini e delle imprese, per affrontare la concorrenza economica in più settori, e per ottenere maggiori finanziamenti dagli enti pubblici sovraordinati.
Noi riteniamo che lavorare insieme agli altri Comuni sia la principale strategia per affrontare e superare la crisi economica, per esempio la concorrenza di altri territori dal punto di vista turistico. Ma è anche il modo per razionalizzare la spesa, elaborando e condividendo quei servizi che riguardano un ampio comprensorio, ovvero Comuni confinanti e ormai percepiti dai cittadini senza soluzione di continuità: come un’unica città-territorio.
Il personale.
Condividere i servizi, per ridurne i costi aumentandone l’efficienza, è un obiettivo che chiama i causa in primo luogo l’opera del personale. Lavorare in Comune è un lavoro, ma non come tutti gli altri, perché la dimensione pubblica, dunque etica, di questa attività, la espone giustamente all’attenzione e alla valutazione dei cittadini.
Siamo consapevoli non in astratto dell’importanza del personale di un ente pubblico. Ne va della percezione che i cittadini hanno dell’efficienza con cui vengono spesi i soldi della collettività e persino della qualità della vita, se pensiamo all’importanza delle politiche sociali per le persone svantaggiate, ma anche all’importanza di una risposta in tempi certi per tutti i cittadini e per gli imprenditori, con un sì o con un no ma in tempi ragionevolmente brevi, da parte degli uffici.
Il personale va valorizzato per le sue idee e per le sue aspettative. L’attività degli uffici va organizzata per ottenere la riduzione dei tempi d’attesa da parte dei cittadini, una minore dispersione delle energie, e l’integrazione con analoghi servizi offerti sul territorio.
Il turismo.
Il turismo è l’esempio più significativo dell’importanza dell’integrazione. Soltanto gli sforzi dell’intero territorio potranno assicurare un futuro al nostro turismo, e direi alla nostra economia in generale. Oggi abbiamo di fronte le inedite e straordinarie opportunità del Parco marino del Piceno e della Riserva naturale della Sentina.
È il primo articolo dello Statuto comunale che parla del rapporto della città con il mare, affermando che «La città di San Benedetto del Tronto individua nel Mare Adriatico un fattore di sviluppo complessivo della propria comunità quale fonte primaria delle proprie origini storiche e culturali. È impegnata nella sua tutela e valorizzazione concorrendo in modo attivo al conseguimento di tali obiettivi con altre istituzioni pubbliche, private e organismi scientifici». Questo passaggio sembra un ritratto ante litteram del Parco marino del Piceno, una straordinaria opportunità che ancora una volta nella sua storia San Benedetto chiede al mare.
Ma disponiamo anche di risorse sulla terra ferma. Il territorio da Ascoli a Porto Sant’Elpidio sarà unito in un futuro prossimo da forme di mobilità dolce. Sappiamo tutti per esperienza quotidiana che il traffico industriale e automobilistico oggi ha saturato tutti gli spazi disponibili, con le note conseguenze a livello di inquinamento dell’aria. Da una parte c’è bisogno di alcune nuove strade, ma dall’altra dobbiamo puntare con decisione a decongestionare il traffico con forme di mobilità alternativa.
Quello della viabilità è uno di quei tipici problemi, la cui soluzione al tempo stesso aumenta la qualità della vita dei residenti, e offre una opportunità in più dal punto di vista turistico.
È il momento di puntare sull’integrazione della costa con l’entroterra, della cultura con le produzioni enogastronomiche ed artigianali, del mare con la collina e la montagna. All’interno del nostro territorio abbiamo due altri Parchi naturali, quello dei Monti Sibillini e quello dei Monti della Laga. Abbiamo insomma la fortuna di disporre di molte risorse, eppure scontiamo ancora oggi una mancanza di visibilità in Italia e all’estero, cui dovremo porre rimedio, per non essere più soltanto la meta di isolati acquirenti di casolari, ma di un turismo di qualità, ovvero basato sulla qualità ambientale, dello stile di vita e delle produzioni tipiche.
Piste ciclabili e metropolitana di superficie sono opere da incentivare con convinzione. Sarà anche un modo per sfruttare le bellezza paesaggistiche di cui disponiamo senza deturparle. Una pista ciclabile che attraversi la Sentina e metta in collegamento Marche e Abruzzo sarà un motivo in più di attrazione turistica, così come le iniziative che dovremo mettere in atto nella Riserva naturale, e appunto nell’ambito del Parco marino.
San Benedetto città delle opportunità.
È ancora la storia della città ad insegnarci il valore dell’accoglienza e della solidarietà. Nel 1937 c’erano a San Benedetto meno di 15 mila abitanti. Pochi decenni dopo questa cifra è triplicata, per l’arrivo di persone e famiglie intere dai Comuni vicini o da altre regioni, che nello sviluppo economico della costa hanno trovato un’opportunità di vita, per sé e per i propri figli. Io stesso appartengo alla seconda generazione di una famiglia che ha trovato in questa città una sicura prospettiva di vita.
San Benedetto è da sempre generosa e accogliente, verso coloro che sono venuti qui a vivere e lavorare, come verso i turisti. La città ha sempre offerto accoglienza e inclusione sociale. Forse per questa generosità il turismo si è sviluppato più qui che altrove. E noi sappiamo che il grande cuore della città non si è ristretto negli anni.
Oggi San Benedetto è una città che conosce alcune difficoltà, ma non grandi disparità sociali. Il suo tessuto cittadino è sostanzialmente omogeneo e l’accoglienza prosegue nei confronti di quegli immigrati extracomunitari che attualmente rappresentano una parte importante della manodopera sui pescherecci come in altri settori.
San Benedetto deve tornare una città delle opportunità. Ha dato molto e molto ha ricevuto da chi è arrivato qui. La pluralità delle culture con cui la città si è confrontata e che ha sempre accolto non è un fattore di divisione. È invece lo stesso dinamismo che si genera in consiglio comunale per la presenza di più culture politiche che si confrontano. È per questo che intendiamo dare attuazione all’articolo 7 dello Statuto comunale, che afferma: «È istituita la figura del rappresentante degli immigrati stranieri che partecipa ai lavori del Consiglio senza diritto di voto e con facoltà di intervento e di interrogazione sulle materie attinenti l’immigrazione e le condizioni degli immigrati nel territorio comunale».
Molti giovani lasciano oggi San Benedetto perché studiano altrove e trovano opportunità di lavoro in altre regioni e in qualche caso all’estero. Noi intendiamo puntare sulla ricerca e sul sapere per ridare slancio a questo territorio, perché San Benedetto possa tornare ad essere la città delle opportunità che è stata in passato. Questo lo dobbiamo alle nuove generazioni, lo dobbiamo ai giovani. Investiremo sull’università e sulle nuove tecnologie, sulla ricerca e l’innovazione. Ne hanno bisogno in generale anche i cittadini e gli imprenditori che intendono investire. Ne abbiamo bisogno tutti per il futuro della nostra comunità.
Il modello che abbiamo in mente è quello della semplificazione e della collaborazione con chi vuole intraprendere, in una visione solidale della città. L’amministrazione di Walter Veltroni, a Roma, può vantare da alcuni anni una crescita del Pil nettamente superiore a quella media nazionale, un risultato ottenuto puntando sul turismo e sulla cultura. E con assessorati specifici “alla semplificazione amministrativa”, a “periferie e lavoro”, all’“università e politiche giovanili”. Le periferie dovranno ormai raggiungere il resto della città, con collegamenti adeguati, disporre di luoghi di aggregazione, offrire servizi e iniziative. Le periferie dovranno vivere di vita propria, non di luce riflessa. Le parti della città dovranno comunicare, attirare ed essere attirate.
Le politiche sociali.
Oggi dobbiamo aver ben presenti le categorie che si trovano in difficoltà per ragioni economiche o sociali, e guardano alle politiche dell’amministrazione comunale con speranza. Parlo per esempio degli anziani, dei giovani e delle giovani coppie, dei volontari che operano nel sociale, dei portatori di handicap, degli stessi immigrati extracomunitari. In passato abbiamo avviato la città ad uno slancio che intendiamo riprendere, per quanto riguarda le politiche sociali. Con nuovi alloggi popolari e di edilizia convenzionata dobbiamo porre rimedio a prezzi delle case e degli affitti andati fuori controllo. Le giovani coppie hanno lasciato San Benedetto. Dobbiamo ideare nuovi servizi sociali, per migliorare la qualità della vita delle fasce più deboli, per riscattare dal degrado le nostre periferie.
La cultura.
Nel 2000 abbiamo costruito la nuova biblioteca comunale, all’avanguardia per servizi offerti, e avviata all’acquisizione sistematica di nuovi volumi. Oggi è la più frequentata delle Marche. In pochi anni il suo patrimonio librario è più che raddoppiato, le postazioni internet, la sezione musicale e quella video hanno pochi riscontri anche in città più grandi di San Benedetto.
Attualmente la biblioteca comunale supporta soprattutto le scuole, pur essendo frequentata anche da molti cittadini e anziani. Noi intendiamo farne un centro propositivo, per valorizzarne coloro che vi operano e naturalmente a beneficio della città. Si pone addirittura l’esigenza di una nuova biblioteca, per esempio in periferia, proprio per ravvivare in maniera non banale certe zone che pur essendo molto densamente abitate, sono pressoché prive di servizi. È questo un esempio concreto dell’importanza della cultura, strumento attraverso cui aumentiamo i servizi presenti sul territorio, aumentiamo la qualità della vita, diamo prospettive alle nuove generazioni attraverso la conoscenza, permettiamo una crescita civile dell’intero comprensorio.
È necessario tornare ad incentivare la cultura in questa città, sotto diversi aspetti. In campagna elettorale abbiamo parlato di “cantieri culturali”, nella doppia accezione di spazi fisici in cui le associazioni possano riunirsi, ma anche di nuovo impulso alle idee. Una città come San Benedetto non può permettersi di allontanare manifestazioni come i “Teatri invisibili” o “Il violino e la selce”, o di trattare con sufficienza iniziative come “Scultura viva”, il “Festival Ferré” e il “Premio Libero Bizzarri”, per le quali nel 2006 non sono stati trovati fondi nel bilancio comunale.
Queste manifestazioni e altre ancora dovranno qualificare San Benedetto anche all’esterno, e in funzione turistica. Intendiamo anche questo quando parliamo di “qualità” e di “innovazione”. La cultura, spesso attraverso festival di vario genere, è il settore su cui stanno puntando molte città, grandi come Roma, o di dimensioni analoghe a San Benedetto, come Rovereto con il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea, per coinvolgere i residenti e i turisti in attività di alto profilo. E perché si sappia, sempre con grande successo.
Lo sport.
Investimenti in questo ambito non sono “a fondo perduto”, ma un modo di costruire una solida identità, un volto e uno stile per il nostro territorio. Così come sono indispensabili investimenti per gli impianti sportivi, sia perché nella nostra città è diffusissima la pratica sportiva in tutte le fasce di età, sia a sostegno delle nostre tradizionali eccellenze, dal calcio al pattinaggio, a tutti gli altri sport.
“Tutto si tiene” nell’amministrazione di una città e di un territorio. Il sostegno allo sport, come quello alla mobilità dolce, o alla cultura, è un beneficio per i residenti e uno strumento per il turismo del futuro. Il turismo sportivo è un fattore di destagionalizzazione, un settore strategico per l’economia della nostra città.
Con questo spero di aver illustrato almeno per sommi capi le linee di azione che intendiamo seguire nei prossimi cinque anni, partendo dai servizi e dalla qualità della vita sul territorio, fino ad uno sviluppo economico basato sull’innovazione e sull’inclusione sociale. La visibilità di cui ha bisogno San Benedetto è la modernità di un nuovo secolo. È una precisa direzione da seguire. Noi intendiamo sceglierne una insieme ai sambenedettesi e perseguirla con tenacia.
Grazie.
*Sindaco di San Benedetto del T.
Saluti e ringraziamenti.
Saluto il nuovo consiglio comunale, i rappresentanti delle città gemellate, gli ex sindaci, i premi Truentum, le autorità presenti, tutti i cittadini. E non nascondo l’emozione di vedere ricostituita l’assemblea che non si riuniva più da lunedì 2 maggio 2005. Un vuoto enorme per la città di San Benedetto, che si è data oggi un consiglio rinnovato non solo per effetto del voto in quanto tale, ma anche per la presenza di giovani e donne: più di quanti ve ne fossero in passato, ma ancora non quanti ne richiederebbe la composizione della società, e una società moderna, aperta al nuovo e al futuro. Un saluto particolare va dunque alle donne-consigliere e a coloro che entrano per la prima volta in consiglio comunale. Il vostro contributo sarà determinante in termini di idee e di sensibilità.
Voglio inoltre rivolgermi alla città stessa, per ringraziarla di avermi ritenuto degno e capace di ricoprire la carica di sindaco. La volontà dei cittadini è stata espressa in maniera inequivocabile a favore del centrosinistra, ma questo naturalmente non vorrà dire che la parte vincente dovrà prevaricare l’altra, rappresentata dai banchi dell’opposizione. Per coerenza e perché crediamo nell’importanza del consiglio comunale, uno dei nostri impegni sarà quello di permettere a maggioranza e minoranza di svolgere al meglio i loro rispettivi ruoli, chiamandoli ad esprimersi nelle sedi istituzionali, nel rispetto delle regole previste dalle leggi e con spirito di collaborazione. All’interno del Comune non ci sono nemici che si affrontano, e non c’è occupazione del potere.
Noi ci siamo candidati promettendo di ridare prestigio alla città e in particolare alle istituzioni cittadine. Io mi sono candidato promettendo di essere il sindaco di tutti e di non essere un uomo solo al comando. Sono questi il luogo e il momento adatti per ricordare queste cose, e per chiamare tutti noi a dare il nostro contributo in termini di impegno, di disponibilità alla discussione e all’ascolto. Oggi abbiamo bisogno di sobrietà da parte della politica e di un lavoro concentrato a risolvere le questioni che la città ha di fronte e per migliorare le condizioni di vita dei cittadini.
Come diceva Berlinguer: «Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell’uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita».
Il consiglio comunale.
Credo che su questi argomenti i nostri principi e valori siano condivisi. «L’arte della politica è così difficile, ma insieme così nobile», dice la Gaudium et spes. Ed è un’arte che si esercita in primo luogo nel consiglio comunale, luogo fisico e ideale di un confronto serrato, aspro, forte, non meno che alto. Il consiglio è il luogo del confronto tra i rappresentanti dei cittadini, tra tutte le istanze che essi rappresentano. È lo spazio delle idee e delle decisioni che riguardano tutti, non una parte soltanto.
Il ruolo del consiglio verrebbe sminuito se esso non venisse convocato a scadenze regolari e con la giusta frequenza. L’articolo 9 dello Statuto comunale specifica: «Il Consiglio Comunale si riunisce di norma una volta al mese ed almeno sei volte l’anno». Se così non fosse la città non avrebbe quelle risposte che la politica è chiamata a dare. Il consiglio comunale dovrà studiare il futuro di San Benedetto, dovrà immaginarlo e saperlo programmare.
Il consiglio comunale nel suo insieme rappresenta la città intera e ne decide il futuro. Promettendovi il mio impegno, chiedo il vostro: nel partecipare alle riunioni del consiglio, delle commissioni e in ogni altra occasione in cui sarete chiamati a rappresentare altre persone, le istituzioni, la città. «Di te parla la favola», dice il poeta. Ogni questione dibattuta in consiglio comunale parla della città di San Benedetto. Non sembrerà elegante chiedere ai consiglieri di partecipare a quante più riunioni possibile e di assentarsi solo in caso di reale necessità, come se essi non sentissero il loro dovere istituzionale, o non avessero la passione della politica. Ma voglio anche sperare che questa mia richiesta si riveli in futuro una inutile precauzione.
Mi permetto in questa sede di formulare una richiesta all’assemblea, di voler indicare i due consiglieri che sono stati candidati sindaco, Edio Costantini e Domenico Martinelli, se l’assemblea lo riterrà opportuno e se i diretti interessati sono d’accordo, nell’ufficio di presidenza del consiglio.
I consiglieri sanno di affrontare in ogni riunione argomenti importanti, quando non decisivi, per la collettività. Ogni punto all’ordine del giorno non ci riguarda come singoli, o per difendere gli interessi di qualcuno, ma come comunità. Non solo per il presente, ma soprattutto per il futuro. E non solo come singola città, ma come comprensorio.
Tanto i consiglieri quanto la città meritano attenzione e rispetto. «I consiglieri rappresentano l’intero territorio comunale», dice infatti l’articolo 8 dello Statuto. Al rispetto delle esigenze della città è chiamata l’amministrazione, che tuttavia non dovrà chiudersi al proprio interno, dopo aver ricevuto un mandato attraverso il voto. Soprattutto oggi, quando la città vive un momento di difficoltà nei suoi tradizionali settori economici, oltre che per problemi sociali crescenti, come le cosiddette “nuove povertà”.
Paradossalmente è forse una crisi dovuta all’atteggiamento con cui la si affronta. Noi riteniamo che dalla difficoltà si esca rilanciando e non ripiegandoci in noi stessi. L’abbiamo detto più volte. E da vecchio cultore della boxe vorrei ripeterlo ricordando che un bravo pugile esce dall’angolo in cui è costretto con un gancio, non limitandosi a tenere la guardia alta.
La storia della città.
La programmazione del futuro parte dalla consapevolezza del passato. «Il futuro è nelle radici», diceva don Tonino Bello. Solo in questo modo possiamo avviare la città verso una direzione compatibile con le sue esigenze. Accennare anche brevemente a cosa sia stata la storia di San Benedetto, al momento dell’insediamento di una nuova amministrazione, mi sembra una doverosa forma di rispetto, per la città e anche per le sue tragedie, spesso legate al mare.
Ma ci piace soprattutto sottolineare che la storia della città è stata resa grande dall’innovazione in tutti i settori. San Benedetto ha conosciuto prosperità e traguardi sociali, economici, persino sportivi, ben superiori alle apparenti potenzialità di un piccolo territorio, e tutti dovuti all’innovazione, oltre che ai relativi investimenti. Nel 1912 fu varato il “San Marco”, primo motopeschereccio d’Italia, realizzato grazie a mons. Francesco Sciocchetti e all’ing. Lucarelli. Fu all’avanguardia la società Sapri dei fratelli Merlini. Da sempre la durezza della vita in mare ha significato per gli abitanti di quello che fu un borgo marinaro, spirito d’avventura, progresso, apertura verso l’esterno, al mondo e alle altre marinerie.
Né possiamo dimenticare il contributo dato dalle donne e dagli uomini che hanno reso possibile tutto questo con il loro lavoro. E anche la dura necessità dell’emigrazione, che a fine Ottocento portò molti sambenedettesi in varie parti del mondo, da Viareggio a Mar del Plata a Chicago Heights tra le altre destinazioni.
Ma anche il pubblico ha sempre supportato l’innovazione, già con il Piano regolatore del porto istituito con il Regio Decreto n. 71 del 10 gennaio 1907 e con quello oggi vigente, approvato nel ’68 dal Genio civile opere marittime. È stata fondamentale l’opera di molti grandi sindaci, che hanno visto lontano e dato un volto e un futuro alla città, alcuni poi insigniti del premio Truentum.
San Benedetto è stata il principale polo del freddo d’Europa, a partire dall’intuizione di investire nelle celle frigorifere negli anni ’70. Prima ancora era già uno dei più importanti centri per la lavorazione delle verdure, almeno a partire dal 1958, l’anno di fondazione dell’“Industria alimentare della valle del Tronto”. Qui si è incominciato a scavare pozzi poi utilizzati per irrigare. Dalla stazione di Porto d’Ascoli partivano treni carichi di frutta e ortaggi verso l’Austria, la Germania, l’Inghilterra, persino la Svezia. Le esportazioni raggiungevano i 60 mila quintali annui, grazie all’attività di famiglie, alcune delle quali proseguono ancora oggi la loro attività.
E naturalmente la nostra città è da sempre una località turistica all’avanguardia, la prima delle Marche almeno dagli anni ‘60. Ma già luogo di villeggiatura dalla seconda metà del Settecento. Il primo stabilimento balneare è del 1865, ad opera dei fratelli Rutili. Pochi anni dopo San Benedetto disponeva di sei battelli da diporto per il divertimento dei turisti e le gite in mare. Il primo hotel, il “Progresso a mare”, fu inaugurato da Filippo Camiscioni nel 1923. Degli anni ’30 è la Palazzina Azzurra, disegnata dall’ing. Luigi Onorati come pure il nostro magnifico e celebre lungomare.
Oltre a questi, il nome di un pioniere come Marcello Camiscioni evoca tutta l’innovazione e la qualità del nostro turismo, su cui dovremo puntare anche per il futuro. Nel 1937 la guida rossa del “Touring club”, a proposito di San Benedetto, parlava di «13.685 abitanti, moderna cittadina situata al piede di una successione di colline, frequentata e ben attrezzata stazione balneare e importante centro peschereccio. Il mercato all’ingrosso del pesce è il più importante d’Italia per il traffico e la modernità degli impianti». L’importanza della “modernità” per le fortune cittadine era già nota allora, ma certamente anche prima.
La storia della città è nota anche fuori dai suoi confini e dai confini nazionali. Recentemente ho parlato con il comandante della Capitaneria di porto, il quale conosce le gesta passate dei nostri pescatori in Canada: quando le acque erano mosse e la maggior parte delle navi tornava in porto, e si vedevano alcune barche che continuavano invece a lavorare in mare, si poteva star sicuri che si trattasse di sambenedettesi, i quali non facevano questo per incoscienza, ma al contrario per la consapevolezza delle proprie capacità: “audacissimi tra gli audaci”, è stato detto.
L’innovazione.
La “sambenedettesità” risiede nel coraggio di cambiare, nella forza di innovare. Nelle Marche c’è la più alta percentuale di imprese artigiane, in provincia di Ascoli la maggiore concentrazione rispetto alla regione, e a San Benedetto la più alta percentuale a livello provinciale, circa 1.500 imprese artigiane. Abbiamo anche il più alto tasso di immigrazione regolare. Sono queste le frontiere della sfida che abbiamo di fronte: una parte importante del nostro tessuto economico e sociale, che va aiutato, specie nell’essenziale settore dell’innovazione.
L’innovazione sarà per noi, al tempo stesso, un obiettivo e un mezzo per prepararci al futuro, per conseguire il benessere della città e del suo comprensorio. La “modernità”, non l’immobilismo, è stata alla base della grandezza economica e sociale della città di San Benedetto. Non c’è sviluppo o crescita economica se non c’è anche innovazione. Nel pubblico come nel privato.
Noi non ci insediamo oggi per gestire l’ordinario. Dobbiamo stupire come i nostri pescatori in Canada, uscire dall’angolo. La “modernità degli impianti” che già ci caratterizzava nel passato vuole dire oggi infrastrutture materiali e immateriali, risposte alle categorie svantaggiate e agli imprenditori, il problema della viabilità da risolvere sul nostro territorio, reti informatiche da implementare.
In un saggio pubblicato pochi anni fa il nostro tempo è stato definito “era dell’accesso”. Le reti informatiche e quelle tra enti per organizzare al meglio i servizi sono uno dei nostri principali obiettivi. Questo ci permetterà di avvicinare le istituzioni ai cittadini, di abbreviare i tempi d’attesa per una pratica, di poterne seguire l’iter per via telematica. È una strategia per rendere più semplice e intuitivo il rapporto tra Comune e cittadini e per aumentare il livello di trasparenza della pubblica amministrazione, per rendere San Benedetto una città accessibile sotto ogni profilo..
La partecipazione.
D’altra parte, almeno per le principali iniziative che l’amministrazione dovrà prendere, dovremo tenere ben presente un metodo. Molte vicende grandi e piccole in più parti d’Italia, legate ai rapporti tra amministrati e amministratori, ci dimostrano che oggi il metodo della partecipazione democratica non può essere eluso in alcun modo, né per negligenza, né per mancanza di unità all’interno dell’amministrazione.
A queste elezioni amministrative avevamo 435 candidati consiglieri. Trenta sono stati eletti. Mi piacerebbe che questa voglia di partecipazione non si esaurisse. Questa agorà sia uno stimolo, uno strumento di verifica e un impulso a fare sempre di più e meglio. Come diceva ancora Berlinguer, «Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno». La città ha bisogno di tutte le sue risorse, non di quelle di uno solo o di pochi.
È il Titolo III° del nostro Statuto comunale, agli articoli 24-32, a parlare di partecipazione. Il primo di questi articoli dice che «Il Comune garantisce l'effettiva partecipazione democratica di tutti i cittadini all'attività politico-amministrativa, economica e sociale della comunità». E prosegue: «Sono titolari dei diritti di partecipazione i cittadini che abbiano compiuto il sedicesimo anno di età. I diritti si estendono altresì ai cittadini dell’Unione Europea, agli stranieri ed agli apolidi residenti nel Comune».
Le scelte che riguardano i cittadini vanno decise e concordate con i cittadini stessi, siano essi singoli, gruppi, associazioni di volontariato, sociali, sportive, culturali. Per ogni provvedimento cercheremo la maggiore condivisione possibile da parte loro. In questo modo potremo realizzare la più efficace programmazione in tutti i settori. Ed è solo in questo modo che possiamo pensare di affrontare il complesso iter di un nuovo Piano regolatore.
Il Piano regolatore è uno dei principali strumenti attraverso cui il consiglio comunale è chiamato, come dicevo, ad immaginare e a programmare il futuro della città. Nostro obiettivo è quello di rendere la città più vivibile e più solidale, integrando le periferie al resto della città, riqualificandone alcune zone particolarmente degradate, dando risposta al problema abitativo, oggi particolarmente grave. Tipicamente, il Piano regolatore è un argomento che richiede una visione più ampia che quella concentrata su una sola città.
Il comprensorio.
San Benedetto fa parte della “Riviera delle Palme” e al suo interno è naturalmente chiamata a svolgere il ruolo di Comune capofila. È questa una delle principali sfide che ci attendono da qui in avanti.
Ridare prestigio alla città, svolgere il ruolo di Comune capofila, non sono questioni astratte. Per chi vuole mettere questa questione su un piano di sola “convenienza”, si tratta dell’unico modo per progettare il futuro del nostro territorio, per organizzare più servizi e più efficienti a beneficio dei cittadini e delle imprese, per affrontare la concorrenza economica in più settori, e per ottenere maggiori finanziamenti dagli enti pubblici sovraordinati.
Noi riteniamo che lavorare insieme agli altri Comuni sia la principale strategia per affrontare e superare la crisi economica, per esempio la concorrenza di altri territori dal punto di vista turistico. Ma è anche il modo per razionalizzare la spesa, elaborando e condividendo quei servizi che riguardano un ampio comprensorio, ovvero Comuni confinanti e ormai percepiti dai cittadini senza soluzione di continuità: come un’unica città-territorio.
Il personale.
Condividere i servizi, per ridurne i costi aumentandone l’efficienza, è un obiettivo che chiama i causa in primo luogo l’opera del personale. Lavorare in Comune è un lavoro, ma non come tutti gli altri, perché la dimensione pubblica, dunque etica, di questa attività, la espone giustamente all’attenzione e alla valutazione dei cittadini.
Siamo consapevoli non in astratto dell’importanza del personale di un ente pubblico. Ne va della percezione che i cittadini hanno dell’efficienza con cui vengono spesi i soldi della collettività e persino della qualità della vita, se pensiamo all’importanza delle politiche sociali per le persone svantaggiate, ma anche all’importanza di una risposta in tempi certi per tutti i cittadini e per gli imprenditori, con un sì o con un no ma in tempi ragionevolmente brevi, da parte degli uffici.
Il personale va valorizzato per le sue idee e per le sue aspettative. L’attività degli uffici va organizzata per ottenere la riduzione dei tempi d’attesa da parte dei cittadini, una minore dispersione delle energie, e l’integrazione con analoghi servizi offerti sul territorio.
Il turismo.
Il turismo è l’esempio più significativo dell’importanza dell’integrazione. Soltanto gli sforzi dell’intero territorio potranno assicurare un futuro al nostro turismo, e direi alla nostra economia in generale. Oggi abbiamo di fronte le inedite e straordinarie opportunità del Parco marino del Piceno e della Riserva naturale della Sentina.
È il primo articolo dello Statuto comunale che parla del rapporto della città con il mare, affermando che «La città di San Benedetto del Tronto individua nel Mare Adriatico un fattore di sviluppo complessivo della propria comunità quale fonte primaria delle proprie origini storiche e culturali. È impegnata nella sua tutela e valorizzazione concorrendo in modo attivo al conseguimento di tali obiettivi con altre istituzioni pubbliche, private e organismi scientifici». Questo passaggio sembra un ritratto ante litteram del Parco marino del Piceno, una straordinaria opportunità che ancora una volta nella sua storia San Benedetto chiede al mare.
Ma disponiamo anche di risorse sulla terra ferma. Il territorio da Ascoli a Porto Sant’Elpidio sarà unito in un futuro prossimo da forme di mobilità dolce. Sappiamo tutti per esperienza quotidiana che il traffico industriale e automobilistico oggi ha saturato tutti gli spazi disponibili, con le note conseguenze a livello di inquinamento dell’aria. Da una parte c’è bisogno di alcune nuove strade, ma dall’altra dobbiamo puntare con decisione a decongestionare il traffico con forme di mobilità alternativa.
Quello della viabilità è uno di quei tipici problemi, la cui soluzione al tempo stesso aumenta la qualità della vita dei residenti, e offre una opportunità in più dal punto di vista turistico.
È il momento di puntare sull’integrazione della costa con l’entroterra, della cultura con le produzioni enogastronomiche ed artigianali, del mare con la collina e la montagna. All’interno del nostro territorio abbiamo due altri Parchi naturali, quello dei Monti Sibillini e quello dei Monti della Laga. Abbiamo insomma la fortuna di disporre di molte risorse, eppure scontiamo ancora oggi una mancanza di visibilità in Italia e all’estero, cui dovremo porre rimedio, per non essere più soltanto la meta di isolati acquirenti di casolari, ma di un turismo di qualità, ovvero basato sulla qualità ambientale, dello stile di vita e delle produzioni tipiche.
Piste ciclabili e metropolitana di superficie sono opere da incentivare con convinzione. Sarà anche un modo per sfruttare le bellezza paesaggistiche di cui disponiamo senza deturparle. Una pista ciclabile che attraversi la Sentina e metta in collegamento Marche e Abruzzo sarà un motivo in più di attrazione turistica, così come le iniziative che dovremo mettere in atto nella Riserva naturale, e appunto nell’ambito del Parco marino.
San Benedetto città delle opportunità.
È ancora la storia della città ad insegnarci il valore dell’accoglienza e della solidarietà. Nel 1937 c’erano a San Benedetto meno di 15 mila abitanti. Pochi decenni dopo questa cifra è triplicata, per l’arrivo di persone e famiglie intere dai Comuni vicini o da altre regioni, che nello sviluppo economico della costa hanno trovato un’opportunità di vita, per sé e per i propri figli. Io stesso appartengo alla seconda generazione di una famiglia che ha trovato in questa città una sicura prospettiva di vita.
San Benedetto è da sempre generosa e accogliente, verso coloro che sono venuti qui a vivere e lavorare, come verso i turisti. La città ha sempre offerto accoglienza e inclusione sociale. Forse per questa generosità il turismo si è sviluppato più qui che altrove. E noi sappiamo che il grande cuore della città non si è ristretto negli anni.
Oggi San Benedetto è una città che conosce alcune difficoltà, ma non grandi disparità sociali. Il suo tessuto cittadino è sostanzialmente omogeneo e l’accoglienza prosegue nei confronti di quegli immigrati extracomunitari che attualmente rappresentano una parte importante della manodopera sui pescherecci come in altri settori.
San Benedetto deve tornare una città delle opportunità. Ha dato molto e molto ha ricevuto da chi è arrivato qui. La pluralità delle culture con cui la città si è confrontata e che ha sempre accolto non è un fattore di divisione. È invece lo stesso dinamismo che si genera in consiglio comunale per la presenza di più culture politiche che si confrontano. È per questo che intendiamo dare attuazione all’articolo 7 dello Statuto comunale, che afferma: «È istituita la figura del rappresentante degli immigrati stranieri che partecipa ai lavori del Consiglio senza diritto di voto e con facoltà di intervento e di interrogazione sulle materie attinenti l’immigrazione e le condizioni degli immigrati nel territorio comunale».
Molti giovani lasciano oggi San Benedetto perché studiano altrove e trovano opportunità di lavoro in altre regioni e in qualche caso all’estero. Noi intendiamo puntare sulla ricerca e sul sapere per ridare slancio a questo territorio, perché San Benedetto possa tornare ad essere la città delle opportunità che è stata in passato. Questo lo dobbiamo alle nuove generazioni, lo dobbiamo ai giovani. Investiremo sull’università e sulle nuove tecnologie, sulla ricerca e l’innovazione. Ne hanno bisogno in generale anche i cittadini e gli imprenditori che intendono investire. Ne abbiamo bisogno tutti per il futuro della nostra comunità.
Il modello che abbiamo in mente è quello della semplificazione e della collaborazione con chi vuole intraprendere, in una visione solidale della città. L’amministrazione di Walter Veltroni, a Roma, può vantare da alcuni anni una crescita del Pil nettamente superiore a quella media nazionale, un risultato ottenuto puntando sul turismo e sulla cultura. E con assessorati specifici “alla semplificazione amministrativa”, a “periferie e lavoro”, all’“università e politiche giovanili”. Le periferie dovranno ormai raggiungere il resto della città, con collegamenti adeguati, disporre di luoghi di aggregazione, offrire servizi e iniziative. Le periferie dovranno vivere di vita propria, non di luce riflessa. Le parti della città dovranno comunicare, attirare ed essere attirate.
Le politiche sociali.
Oggi dobbiamo aver ben presenti le categorie che si trovano in difficoltà per ragioni economiche o sociali, e guardano alle politiche dell’amministrazione comunale con speranza. Parlo per esempio degli anziani, dei giovani e delle giovani coppie, dei volontari che operano nel sociale, dei portatori di handicap, degli stessi immigrati extracomunitari. In passato abbiamo avviato la città ad uno slancio che intendiamo riprendere, per quanto riguarda le politiche sociali. Con nuovi alloggi popolari e di edilizia convenzionata dobbiamo porre rimedio a prezzi delle case e degli affitti andati fuori controllo. Le giovani coppie hanno lasciato San Benedetto. Dobbiamo ideare nuovi servizi sociali, per migliorare la qualità della vita delle fasce più deboli, per riscattare dal degrado le nostre periferie.
La cultura.
Nel 2000 abbiamo costruito la nuova biblioteca comunale, all’avanguardia per servizi offerti, e avviata all’acquisizione sistematica di nuovi volumi. Oggi è la più frequentata delle Marche. In pochi anni il suo patrimonio librario è più che raddoppiato, le postazioni internet, la sezione musicale e quella video hanno pochi riscontri anche in città più grandi di San Benedetto.
Attualmente la biblioteca comunale supporta soprattutto le scuole, pur essendo frequentata anche da molti cittadini e anziani. Noi intendiamo farne un centro propositivo, per valorizzarne coloro che vi operano e naturalmente a beneficio della città. Si pone addirittura l’esigenza di una nuova biblioteca, per esempio in periferia, proprio per ravvivare in maniera non banale certe zone che pur essendo molto densamente abitate, sono pressoché prive di servizi. È questo un esempio concreto dell’importanza della cultura, strumento attraverso cui aumentiamo i servizi presenti sul territorio, aumentiamo la qualità della vita, diamo prospettive alle nuove generazioni attraverso la conoscenza, permettiamo una crescita civile dell’intero comprensorio.
È necessario tornare ad incentivare la cultura in questa città, sotto diversi aspetti. In campagna elettorale abbiamo parlato di “cantieri culturali”, nella doppia accezione di spazi fisici in cui le associazioni possano riunirsi, ma anche di nuovo impulso alle idee. Una città come San Benedetto non può permettersi di allontanare manifestazioni come i “Teatri invisibili” o “Il violino e la selce”, o di trattare con sufficienza iniziative come “Scultura viva”, il “Festival Ferré” e il “Premio Libero Bizzarri”, per le quali nel 2006 non sono stati trovati fondi nel bilancio comunale.
Queste manifestazioni e altre ancora dovranno qualificare San Benedetto anche all’esterno, e in funzione turistica. Intendiamo anche questo quando parliamo di “qualità” e di “innovazione”. La cultura, spesso attraverso festival di vario genere, è il settore su cui stanno puntando molte città, grandi come Roma, o di dimensioni analoghe a San Benedetto, come Rovereto con il Mart, Museo di arte moderna e contemporanea, per coinvolgere i residenti e i turisti in attività di alto profilo. E perché si sappia, sempre con grande successo.
Lo sport.
Investimenti in questo ambito non sono “a fondo perduto”, ma un modo di costruire una solida identità, un volto e uno stile per il nostro territorio. Così come sono indispensabili investimenti per gli impianti sportivi, sia perché nella nostra città è diffusissima la pratica sportiva in tutte le fasce di età, sia a sostegno delle nostre tradizionali eccellenze, dal calcio al pattinaggio, a tutti gli altri sport.
“Tutto si tiene” nell’amministrazione di una città e di un territorio. Il sostegno allo sport, come quello alla mobilità dolce, o alla cultura, è un beneficio per i residenti e uno strumento per il turismo del futuro. Il turismo sportivo è un fattore di destagionalizzazione, un settore strategico per l’economia della nostra città.
Con questo spero di aver illustrato almeno per sommi capi le linee di azione che intendiamo seguire nei prossimi cinque anni, partendo dai servizi e dalla qualità della vita sul territorio, fino ad uno sviluppo economico basato sull’innovazione e sull’inclusione sociale. La visibilità di cui ha bisogno San Benedetto è la modernità di un nuovo secolo. È una precisa direzione da seguire. Noi intendiamo sceglierne una insieme ai sambenedettesi e perseguirla con tenacia.
Grazie.
*Sindaco di San Benedetto del T.
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18/06/2006
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