Combattiamo la violenza negli stadi
Ascoli Piceno | Il convegno organizzato dalla Questura di Ascoli nellambito della manifestazione Un pallone per amico.
di Stefania Mistichelli
Si è tenuto stamattina presso le prestigiosa Sala della Ragione del palazzo dei Capitani il convegno Combattiamo la violenza negli stadi, organizzato dalla Questura di Ascoli nell’ambito della manifestazione “Un pallone per amico”.
Un incontro che ha visto la partecipazione delle massime autorità del mondo politico e dei massimi rappresentanti delle forze di polizia. In sala il prefetto Alberto Cifelli a seguire i lavori, moderati dal dr Paolo Traini, direttore del Corriere Adriatico. Presenti il Questore Nicolo D’Angelo e il sindaco Piero Celani.
Un convegno pensato in particolar modo per gli studenti, presenti in gran numero nella mattinata di oggi vista l’iniziativa di orientamento allo studio e al lavoro che gravitava tra palazzo dei Capitani e l’istituto commerciale e per geometri Umberto I.
Un appuntamento che rientra in un progetto nazionale pluriennale che non riguarda solo la normativa, ma che aspira a trasformare lo stadio in un teatro del calcio, un luogo dove andare per godersi uno spettacolo.
«Da qui – spiega la dott.sa Patrizia Carosi, vice questore – la presenza degli steward, presenti allo stadio per far sì che lo spettatore si senta accolto e non blindato. Da qui la necessità che la questione della sicurezza debba coinvolgere tutti i soggetti interessati, a partire dalle società stesse, che forniscono un servizio agli spettatori vendendo un biglietto, ma sono poi gli spettatori stessi a doversi attenere a determinate regole».
Quindi la maggiore responsabilizzazione delle società sportive potrebbe essere una delle chiavi per affrontare la questione. Concetto condiviso dal magistrato Ettore Picardi, che ha spiegato come in Inghilterra la delega alle società di gestire la sicurezza abbia funzionato, risolvendo il problema della violenza degli stadi in pochi anni.
È Nello Giordani, giudice onorario minorile oltre che criminologo, ad addentrarsi nell’aspetto più sociologico della questione. «Viviamo in una società in cui la violenza è all’ordine del giorno – spiega – e sono proprio le personalità più giovani, dunque più fragili, quelle ad esserne maggiormente influenzati».
Ma perché tale violenza è legata al calcio più che agli altro sport? «Le motivazioni sono di diversa natura – spiega – L’interpretazione psico-analitica direbbe che il calcio ha in sé una violenza recondita che scatena nello spettatore un’aggressività repressa. In realtà – continua Giordani – andando a vedere chi si rende responsabile di violenza negli stadi, si evince che sono per l’80% uomini, del centro sud, con bassi livelli d’istruzione, con genitori disoccupati e che se hanno un’occupazione questa si colloca nelle mansioni esecutive».
Da qui l’importanza del fattore scuola e della necessità di combattere il fenomeno ,ancora molto presente in Italia, della dispersione scolastica.
«Se il giovane non trova la sua identità a scuola la cerca in altri posti – conclude Giordani – come le discoteche, i muretti, le sale giochi, gli stadi, dove all’interno delle tifoserie organizzate si è qualcuno. Chi ha strumenti culturali ha più possibilità di difendersi, quindi il lavoro con le scuole è fondamentale»
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16/03/2006
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