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Congresso CGIL- Tavola rotonda sulla presentazione del rapporto IRES

| ANCONA - Dal 1991 al 2001 un calo di diecimila addetti, da 38mila a 28 mila.


“Difronte al quadro di una regione che a metà del secolo scorso ha saputo trasformarsi radicalmente da mezzadrile ad industriale e che negli anni Novanta non è stata più in grado di produrre benessere diffuso ma diseguaglianze tra territori, tra gruppi sociali, indebolendo la rete di protezione sociale che è il segreto della tenuta economica, una risposta per invertire la tendenza è l’innalzamento della qualità del lavoro e quindi la valorizzazione delle persone.” Questa la prima parte dell’intervento molto applaudito dell’assessore regionale alle Politiche del Lavoro, Ugo Ascoli, oggi alla tavola rotonda svoltasi al Congresso regionale della CGIL e alla quale hanno partecipato, il segretario generale Marche Giorgio Venturi, il presidente dell’IRES nazionale, Agostino Megale e Francesco Casoli di Assindustria Marche.

“ Nella competizione globale, dove non esiste più concorrenza tra imprese ma tra grandi sistemi – ha proseguito Ascoli - è ancora valida l’affermazione di Giorgio Fuà di basarsi più sulle risorse umane, sulla capacità del sistema di creare leader, di fare alta formazione e di qualificare le persone che lavorano. In momenti di discontinuità, bisogna sempre più usare quelle leve diventate strategiche che sono l’istruzione, la formazione, la ricerca, l’innovazione. Ma chi fa formazione? Chi innova? Chi fa ricerca? Il segreto per non scivolare nel declino è il collegamento, una miscela di politiche: industriale, educative, del lavoro, economiche e sociali che trovano il punto coerente nel valore aggiunto che è la formazione, intesa come conoscenza e strumento di arricchimento per l’impresa e per l’individuo. Se vogliamo combattere la precarietà - spacciata per flessibilità, ormai anche nella pubblica amministrazione- anche come Regione dobbiamo privilegiare non i soggetti e le imprese che riducono personale, ma quelle che fanno formazione e vogliono qualificare il lavoro.

Non si può chiamare lavoro flessibile dopo i 30 anni, senza diritti essenziali come le ferie o la maternità, chiamiamolo piuttosto “una trappola a vita” e non ‘svendiamo’ i giovani, ma diamogli opportunità dentro il mercato del lavoro di crescere. Senza qualità del lavoro , che significa anche capacità professionale, il sistema economico non si rialza. E occorrerà comunque costruire nuovi modelli contrattuali avanzati che comprendano la tutela dei lavori flessibili, così come diffondere ammortizzatori sociali diversi , contratti di solidarietà o sostegno al reddito, e pensarne di nuovi e aggiornati alle esigenze attuali, per garantire protezione sociale anche alle piccolissime imprese. Promuovere inoltre l’educazione permanente degli adulti, per aumentare la capacità di rimettersi in gioco in qualsiasi momento della vita.”

“Infine – ha concluso Ascoli – non possiamo dimenticare il ruolo delle Università nella creazione e mantenimento di un sistema economico integrato di educazione-formazione-progettazione-produzione. Ma non Università che nascano come salumerie in piccoli centri, vincolate a logiche clientelari e campanilistiche. Come Regione Marche pretendiamo che le Università siano il carburante, la spinta ad elevare i livelli di formazione, soprattutto tecnica, che non significa solo alta istruzione scientifica, ma preparazione, competenza, perizia, fondata su basi culturali solide.”

03/02/2006





        
  



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