Quale grande evento per il Piceno?
Ascoli Piceno | Lettera semiseria fra pagelle, delusioni e progetti.
di Olimpia Gobbi
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Olimpia Gobbi
Ammettiamolo. Sarà per i ricordi di scuola o perché nell’immaginario collettivo il voto scolastico è il simbolo della relazione asimmetrica fra l’ adulto che sa ed il soggetto in formazione che non sa, ma la pagella crea sempre un po’ d’ansia. Soprattutto se ti accorgi che a compilarla sono maestri poco aggiornati, che non dichiarano i criteri in base ai quali esprimono la loro valutazione. Voti che non comprendi come siano stati dati. “Maestro, dove ho sbagliato?” “Che si aspettava da me?” : domande d’altri tempi, che per fortuna gli alunni di oggi non sono più costretti a tenersi nel cuore, consapevoli come sono del diritto alla trasparenza dei giudizi.
Eppure i non addetti ai lavori, anche sulla stampa locale, si muovono come la scuola di stagioni andate, con le buone intenzioni di professori volenterosi, ma che non ti lasciano capire. Da allieva meticolosa, invece, ho cercato di capire: nella pagella che di recente mi è stata consegnata da un quotidiano piceno è scritto: “Da lei, conosciuta come persona di grande (sic!) spessore culturale, era lecito attendersi qualcosa di più”. Naturale la domanda: “Maestro, dove ho sbagliato? Cosa posso migliorare? Come posso fare di più? “; Chiara la risposta: “L’evento. Manca l’evento! Troppe attività! Tagliare e concentrare le risorse in due o tre iniziative che facciano esibire nel Piceno grandi nomi nazionali ed internazionali”.
Rifletto e mi convinco che da quel maestro non riuscirò a meritare mai un bel voto. Perché tutt’altro è il mio concetto di evento culturale. Ritengo infatti che non si faccia cultura riducendo il territorio a contenitore per spettacoli pensati e costruiti altrove; che non si sviluppi la creatività locale immobilizzandola nel ruolo di comparsa silenziosa ed invisibile; che non sia etico pagare cachet milionari a star internazionali che vengono, si esibiscono e se ne vanno lasciando sul terreno soltanto qualche arrivo turistico in più; che non si produca sviluppo locale con investimenti che rendono i ricchi (di cultura) sempre più ricchi ed i poveri (di cultura) sempre più poveri: forse non tutti sanno, ad esempio, che ogni spettatore di opera lirica, generalmente di ceto medio-alto, costa al contribuente nazionale 160,00 euro (e quanto costano a quello marchigiano ROF, Sferisterio, Muse, Fano, Jesi, etc.?).
Sono convinta invece che un investimento culturale capace di incidere sulle economie locali miri a non costruire cattedrali nel deserto; che gli eventi in grado di rendere attrattivo un luogo nascano dal basso, dalla capacità del territorio di proporsi per quello che è, di progettarsi in modo realistico, fiducioso ed aperto al mondo.
Teatri, biblioteche, musei aperti e sempre più vissuti; pubblico giovanile e socialmente misto; coinvolgimento delle scuole e delle comunità locali; reti di Comuni ed associazioni per un fervore culturale duraturo, in grado di produrre una prospettiva di alta qualità. Questi sono i nostri obiettivi, questo è il nostro evento. Scelta più difficile che consegnare un bel pacchetto di euro al famoso direttore artistico di turno, ma scelta rispettosa della specificità del territorio, della congiuntura economica, delle generazioni future. Una scelta condivisa come provano il calendario Sensi Piceni, che ha integrato le eccellenze in una programmazione provinciale, ed il progetto Saggi paesaggi che nel 2006 comunicherà come evento il Piceno, i suoi paesaggi, i suoi prodotti, il suo stile di vita, il suo modo di essere, i suoi progetti per il futuro.
*Assessore alla Cultura, Beni culturali e Pubblica Istruzione della Provincia di Ascoli Piceno
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03/01/2006
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