Le Marche e il teatro Colon
| ANCONA - Progettato dallarchitetto ascolano, Francesco Tamburini, autore anche della Casa Rosada
Con i suoi 7100 mq coperti, l'enorme palcoscenico di 1050 mq. per 19 m. di altezza, la sala a ferro di cavallo, di 75 metri di perimetro, disposta su sette livelli, 2500 posti a sedere e 1000 in piedi, è tuttora uno dei teatri più grandi del mondo. Stiamo parlando del Teatro Colon di Buenos Aires, dove il 10 dicembre, in occasione della Giornata delle Marche, sventolerà la bandiera della nostra regione. Quella che il presidente, Gian Mario Spacca, ha consegnato nelle mani dei presidenti delle Federazioni di marchigiani d’Argentina, ( Fedemarche e Femacel) Giuliano Brandi e Hector Pallotti lo scorso 3 dicembre.
Perché proprio il Teatro Colon? Non solo perché è un simbolo culturale dell’Argentina e di tutto il Sud America, tempio della lirica e del tango, ma anche per la sua storia legata alle Marche.
Il progettista del Teatro, infatti, è l’architetto Francesco Tamburini, nato ad Ascoli Piceno il 29 gennaio 1846. Tamburini ha avuto un ruolo importantissimo nella diffusione del gusto architettonico italianizzante di fine ‘800 in tutto il Paese sudamericano. Suo è anche il progetto di un altro monumento famosissimo, la Casa Rosada, sede della Presidenza della Repubblica e molti villini ispirati ai all’architettura del Rinascimento italiano.
Francesco Tamburini frequentò le scuole superiori ad Ancona, poi si laureò a Bologna nel 1882 in ingegneria e architettura. Mentre era professore alla Scuola di Ingegneria a Roma, conobbe un ministro argentino che, apprezzando il suo straordinario talento artistico, lo invitò a Buenos Aires. Il quel periodo la capitale stava progettando il suo assetto urbanistico e la volontà era quella di costruire edifici grandiosi.
Ma il Teatro Colon non è conosciuto solo per le sue dimensioni colossali, ma anche per la qualità dell’attività operistica. Purtroppo l’architetto Tamburini non vide la sua opera finita perché nel 1890 lo scoppio improvviso di una rivoluzione lo segnò talmente nel cuore da morirne. I lavori furono seguiti da un altro italiano, Victor Meano, ma neanche lui terminò l’opera che vide la luce sotto la direzione del belga Jules Dormal. Inagurato nel 1908, in quasi un secolo di vita, il Colon ha ospitato i musicisti e le orchestre più celebri. Nel 1912 Toscanini ha diretto 17 opere, Caruso ha cantato nove personaggi, Saint-Saens ha diretto il Sansone e Dalila e Richard Strauss ha realizzato Elettra e Salomè.
Ma ci sono molti altri personaggi marchigiani che fanno parte di quella che è stata anche un’ emigrazione intellettuale in Argentina. Per esempio, Attilio Valentini (1859) di Porto Recanati, fervente repubblicano, emigra in Argentina, a Baires, dove fonda e dirige il giornale divenuto punto di riferimento per i suoi conterranei d’origine, “La Patria degli Italiani”. Muore in duello nel 1892, a 33 anni. Fu accompagnato al Cimitero della Recoleta da migliaia di italiani.
E poi Rodolfo Mondolfo, senigalliese (1877), filosofo socialista, amico di Gaetano Salvemini e Cesare Battisti. Autore di moltissime opere tra le quali “Sulle orme di Marx”. Di origine ebraica fu costretto nel 1939, per le leggi razziali ad emigrare in Argentina dove ricoprì l’incarico di docente di greco all’Università di Cordoba. L’avvento del Peronismo lo fa emigrare nuovamente, in Uruguay; caduto Peron torna in Argentina dove muore quasi centenario nel 1976.
Gli fu risparmiata nella sua vita di persecuzioni, almeno la dittatura militare argentina. Moltissimi anche gli artisti marchigiani emigrati alla fine dell’800: poeti, pittori , scultori. Ne ricordiamo alcuni: Augusto Bartolucci di Fano, pittore e architetto; Romolo Del Gobbo, di Ascoli, pittore e scultore; Adriano Peroni di Montecosaro, pittore e poeta e molti altri che contribuirono a costruire l’Argentina.
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06/12/2005
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