Ironia jazz
Porto San Giorgio | Intervista a Stefano Bollani, pianista jazz di fama internazionale
di Francesca Ripa
Stravagante e surreale. Canto, musica, recitazione, parole e rime. Su e già tra i confini dei generi, per raccontare con ironia il dramma dell’immobilità. Questo il presepe di Riondino e Bollani, andato in scena ieri sera al teatro comunale di Porto S. Giorgio. Intervista con Stefano Bollani pianista jazz di fama internazionale che ha composto ed interpretato le musiche de Il presepe vivente e cantante.
Qual è il confine tra genialità e demenzialità?
E’ tra demenzialità e demenza che c’è un rischio forte. Credo che sia un rischio da correre volentieri perché bisogna anche andare oltre quelli che dovrebbero essere i confini dell’abitudine. Comunque per quanto uno possa fare il musicista libero ha sempre un confine dettato dalle proprie abitudini. Non so, il fatto per esempio che un concerto è un concerto, una cosa teatrale è una cosa teatrale. Invece l’idea di fare una cosa che sta un po’ in mezzo, che non è neanche un’opera, non è un musical, non è un balletto perché non ballano, non è un oratorio, non è un insieme di canzoni, non è un concerto… questa idea di rompere i confini del prestabilito mi piace molto.
Sei molto a tuo agio sul palco.
Beh! Io fin da bambino volevo stare sul palco. Volevo far l’attore, il musicista, ma stare sul palco.
In genere il pubblico si aspetta il classico pianista jazz e poi arrivi tu con la tua ironia, come reagisce?
Credo che ormai l’abbiano capito. Quelli che vengono ormai… mi sopportano! Alcuni sopportano, alcuni non vengono più, molto semplicemente. Credo che il purista non venga volentieri e probabilmente perdo una parte di pubblico e ne guadagno dell’altra.
Però il purista cerca il jazz, se tu fai jazz e ci aggiungi un po’ di ironia, che problema c’è?
E’ un problema perché c’è gente per la quale la musica è un fatto molto serio su cui non si può scherzare. Sono i cosiddetti talebani del jazz. Ci sono in tutte le arti. Così come ci sono nel teatro e in letteratura è normale che ci siano anche nel jazz. Invece la cosa bizzarra è che chi si diverte come me poi apprezza anche musicisti serissimi. Non ho niente in contrario al fatto che Miles Davis voltasse le spalle al pubblico o non prendesse il microfono per scherzare … Il contrario è difficile, di solito quelli che prendono la cosa molto seriamente non apprezzano chi la vive in maniera più tranquilla.
Tu ti diverti molto sul palco, non è una faticaccia?
No, la faticaccia! … Lo diceva Count Basie: “Noi suoniamo gratis per voi sta sera”. Vogliamo esser pagati per i chilometri che abbiam fatto per venir fin qui. Questa è la fatica, i viaggi. Sembra anche la parte più divertente della cosa in verità viaggiamo e non vediamo nulla, non abbiam mica visto niente di Porto S. Giorgio, ma io non ho visto niente neanche di Tokio, per cui sono quelli i disagi. Nel momento in cui uno sta sul palco finalmente si riposa.
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30/12/2005
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