Impossibile appiattire il pensiero umano
Fermo | Intervista a Marco Traini, professore ordinario di Fisica nucleare e subnucleare
di Francesca Ripa
Per Albert Einstein un uomo per essere felice deve anche poter sviluppare le sue capacità intellettuali e creative. Einstein è morto nel 1955. Einstein non ha conosciuto la nostra società dei consumi. Che cos’è la società dei consumi? E’ una società nella quale ciò che esiste è un prodotto. Ciò che non è inseribile nel mercato non ha valore. C’è spazio solo per ciò che è consumabile. Meglio, se consumato da tante persone. Per essere consumato da tante persone deve essere immediato, di facile fruizione e deve piacere a tutti, quindi generale e non particolare. Pensare creativamente, se non “produce prodotti” non serve. L’uomo è destinato ad appiattirsi? Lo abbiamo chiesto a Marco Traini professore ordinario di Fisica nucleare e subnucleare all’Università degli Studi di Trento, tornato nella sua città natale, Fermo, per l’incontro L’essere o il nulla.
“Il soddisfacimento dei bisogni fisici è di fatto la precondizione indispensabile per una buona esistenza, ma ciò di per sé non è abbastanza. Per essere contenti gli uomini dovrebbero avere anche la possibilità di sviluppare liberamente le proprie facoltà intellettuali e artistiche, nella misura consentita dalle particolari caratteristiche e abilità di ciascuno”. Questa affermazione di Albert Einstein come si coniuga con la realtà che stiamo vivendo? In una società dei consumi dove tutto diventa un prodotto, in cui difficilmente si dà spazio alla creatività di una persona, lei crede che ci sia poco gratificazione per l’uso dell’intelletto?
Beh! Senz’altro è una società che appiattisce, questo è sicuro. Tende non ad amare le punte ma a sfruttarle. Questo è sicuramente vero. Einstein tra l’altro amava veramente molto la libertà nel senso che la pensava come una precondizione indispensabile per l’azione intellettuale e per la curiosità e per la soddisfazione della curiosità. E’chiaro che una società che tende ad appiattire, tende anche ad eliminare queste capacità. Però credo che ci lasci questo vantaggio, che dovendolo sfruttare poi alla fine deve anche lasciare un po’ di spazio. Ecco questa contraddizione qui, io la sento, nella ricerca c’è questa contraddizione, da un verso si vorrebbe lasciare lo spazio per farti fare la tua corsa per poi sfruttarla, dall’altro vorrebbero saper subito dove arrivi.
Stanno sorgendo come funghi i centri commerciali perché magari si pensa che la gente voglia questo. Ma la gente è più richiamata da questo appiattimento o va verso questo appiattimento perché non ha più alternative, non ha un’altra offerta?
Questo secondo, sicuramente. L’uomo è un animale che riesce ad adattarsi se uno gli era crea le condizioni per abbassare la temperatura tende ad abbassare la temperatura. Però mai fino in fondo anche nelle condizioni estreme l’uomo ha sempre dimostrato, la storia ha sempre dimostrato quello scatto di ingegnosità di coscienza verso la verità delle cose, verso la conoscenza della realtà che è indispensabile alla fine all’uomo per sentirsi uomo. Quindi l’uomo ha questa voglia di riscatto, prima o poi esplode! Assolutamente si. E’ come quando noi alla mattina dobbiamo alzarci, ci domina l’idea di volerci alzare, però se ci lasciano lì in pace.. siamo un po’ più pigri. Ecco il problema della pigrizia resta. La ferita dell’uomo che tende ad appiattirsi sulle cose, c’è. Però alla fine non sarà mai definitiva. Il punto è, come ho cercato di dire alla fine nella mia relazione, senza l’educazione resterà sempre questa sua spinta, però molto assopita, molto marginale. Se vogliamo metterla come punto base della costituzione della società, della scuola ci vuole un assetto educativo importante.
Secondo lei la scuola sta perdendo colpi?
Probabilmente si, senz’altro l’università italiana sta perdendo colpi. Questo nasce dal fatto che si può tutto trasformare un po’ in consumo. Faccio un esempio, adesso allo studente si può dare il nome di cliente, utente… è anche vero che se un professore al suo corso ha pochi studenti, il corso rischia di chiedere al di là del tipo di insegnamento. Appunto si sono trasferite anche sull’università delle categorie che erano economiche, che erano parametri per altre cose, si in parte saranno buone ma se rimangano solo quelle tendono veramente a trasformare l’università in un’azienda. Alla fin fine il prodotto è descritto a priori invece il prodotto non è descritto a priori, la conoscenza è una cosa che non puoi descrivere a priori.
Lei è preoccupato?
Io sono molto preoccupato, però sono sicuro che l’energie che ci sono possono essere sufficienti per ribaltare queste cose, in particolare in campo internazionale. Una cosa che non deve mai accadere è questo discorso sulla fuga dei cervelli. Questa è una cosa che è deleteria dal punto di vista dell’educazione prima ancora che della ricerca, perché è vero che la ricerca può andare a vanti anche se la fanno negli Stati Uniti, ma poi non è vero che in Italia le cose funzionino. Io conosco tanti miei amici, colleghi che ci credono nella possibilità di un riscatto italiano ma non solo italiano. Ma che poi queste cose qui le abbiamo assorbite dal mondo anglosassone. Il mondo anglosassone ha sempre i due binari, c’è la scuola piatta e l’eccellenza. Noi non abbiamo questi sbilanciamenti e queste vette. Rischiamo di rimanere solo con l’appiattimento.
Marco Traini sa che non si può mettere un coperchio su una pentola che bolle, il vapore prima o poi uscirà fuori, con più energia quanta più forza è stata usata per trattenerlo.
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16/12/2005
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