Precisazioni sullacqua
Ascoli Piceno | I Comitati spontanei nascono quindi quando cè qualche problema che la normale prassi politica non riesce ad affrontare e risolvere
Le prossime guerre verranno combattute per il possesso dell’acqua. Questo perché è in atto un vero disegno globalizzato per impossessarsene. La guerra verbale dalle nostre parti è sicuramente iniziata con affondi, colpi bassi e minacce che le varie parti in causa si scambiano.
Il cittadino utente-consumatore, come al solito, sta in mezzo a tutto questo vociare senza capire granchè di quello che accade. Questo perché la strategia rimane quella di fare i giochi sulla pelle dei cittadini e, quanto meno essi sono consapevoli, tanto più il giochetto riesce e quella parte della politica particolarmente vocata a queste prepotenze si rafforza e si ricicla.
La strada di uscita da questo meccanismo è sicuramente quella di far contare di più il cittadino specie quando questi esprime la chiara volontà di non restare soggetto passivo ma di volersi trasformare in cittadinanza attiva.
Se questa volontà non viene naturalmente aiutata dalla “politica”, i cittadini hanno ampiamente dimostrato attraverso i numerosi Comitati sorti su diverse problematiche (dai rifiuti all’alta velocità ecc.) di potersi autoorganizzare e, senza rinnegarla, essere di stimolo alla politica affinché si raggiungano i migliori risultati a favore e non contro gli interessi della collettività.
I Comitati spontanei e le varie forme di autoorganizzazione nascono quindi quando c’è qualche problema che la normale prassi politica non riesce ad affrontare e risolvere.
Normale quindi che per un problema come quello dell’acqua e della fornitura dei servizi idrici, il contributo “dal basso” sia fondamentale affinché non solo sia riaffermato il carattere universale di questo bene comune ma che esso sia mantenuto pubblico al di fuori delle leggi di mercato. L’acqua non deve diventare quindi una merce: l’acqua è di tutti.
Fin qui le enunciazioni di carattere generale che trovano tutti d’accordo: destra, sinistra, cattolici, musulmani, bianchi o neri ecc…
Il difficile viene quando da una semplificazione estrema come quella di bene universale alla portata di tutti si passa all’articolazione di come si intende fornirlo e chi deve fornirlo. Le differenze a questo punto si fanno ampie ed inizia quella guerra dialettica ed ideologica di cui si è detto.
Da notare innanzitutto che una visione privatistica e liberista opposta ad una volontà di mantenere totalmente pubblico questo importante servizio non è politicamente schierata ma attraversa tutte le forze politiche.
Occorre raddoppiare quindi gli sforzi da parte di tutti coloro che si battono per la pubblicizzazione dell’acqua o, dove il privato già gestisce, per una sua ripubblicizzazione.
I mezzi e le strategie per ottenere ciò sono tanti e differenti anche da zona a zona ma tenendo presente anche l’attuale legislazione che, partendo dalla Comunità Europea approda fino ai livelli locali, l’unica strada che sembra percorribile in questo momento è quella di velocizzare l’affidamento diretto del servizio dei cicli integrati alle società totalmente pubbliche che in base ad un preciso dettato legislativo hanno sostituito le gestioni dirette ed i Consorzi.
Si tratta certo di una riduzione del danno e la trasformazione dei Consorzi in SPA non ci vede entusiasti perché già la sigla stessa evoca competizione e ricerca di profitto ma la gestione detta “in house” ritarda se non annulla la liberalizzazione (libera gara sul mercato) dei servizi idrici e le SPA che forniscono il servizio sono (e devono rimanere) a totale controllo pubblico.
Inoltre, con una visione del tutto nuova dei servizi pubblici, migliorando l’attuale assetto organizzativo delle stesse SPA, si dovrebbe prevedere la presenza diretta dei cittadini nella gestione dei servizi integrati attraverso la costituzione in ogni ATO di una Consulta del diritto all’acqua non solo con potere consultivo ma in alcuni casi anche vincolante su alcuni temi di particolare importanza.
Occorre in poche parole,fare in modo che il controllo di gestione della distribuzione dell’acqua e dei servizi idrici diventi democratico e partecipativo nella considerazione che l’acqua è una proprietà sociale che fa parte dei diritti dell’uomo e non dei bisogni.
Volerla ridurre a bisogno significa alimentare il “business” intorno ad essa e in tutti i “business” chi non può pagare non ha diritti.
A cura di Lega Ambiente A.P. - Comitato Aqua Res Publica A.P. - SOS Missionario
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08/11/2005
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