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Sabato di Poesia all'Atelier Manni

Ascoli Piceno | Incontro con la poetessa Nadia Cavalera

di Anna Laura Biagini

Si è svolto ieri pomeriggio, nel salotto dell’Atelier Manni, l’incontro poetico con l’opera di Nadia Cavalera, scrittrice, poetessa, giornalista pugliese, trapiantata a Modena dove attualmente opera. L’incontro è stato organizzato dal Centro Poesia Marche di Ascoli e dall’associazione culturale MAMA, presentatrice dell’evento la poetessa Prof.ssa Franca Maroni, che ha introdotto le opere della Cavalera, sottoponendo la poetessa ad una sorta di intervista estemporanea.

Prima domanda di rito è stata quella sul ruolo che la poesia ha nella vita dell’autrice, sugli inizi dell’attività e sui progetti futuri. La Cavalera è approdata alla poesia giovanissima “ma in modo quasi casuale”, spiega lei stessa, “nell’86 avevo già pubblicato un libro Amsirutuf in imma, un lavoro semiotico particolare, dove procedendo a ritroso, sono tornata al passato, là dove avevo lasciato le mie radici, per ripescare il futuro. Inviai il testo a Edoardo Sanguineti, e successivamente anche una lettera che portò ad una collaborazione, sfociata nella rivista letteraria che attualmente io dirigo, Bollettario”.

Cavalera punta sulle donne, con l’unica certezza che saranno loro le protagoniste del futuro e lo fa con un espediente letterario, che è una sorta di provocazione, Ecce Femina, una raccolta di versi in latino, prelevati da componimenti già esistenti, ma adattati alla scrittura di una fantomatica autrice latina, “di cui la letteratura effettivamente manca”, dice la poetessa. Una nuova Saffo romana, che gioca per demistificare e attirare l’attenzione sulle donne.

“La vera svolta però l’ho avuta con il testo cui sono più affezionata, Vita Novissima”, continua Cavalera, “definita sanguinetiana forse perché in quel periodo, Sanguineti era il mio interlocutore primario. Certamente è un testo che pesca nella tradizione per rinnovarla. Ho scritto in inglese, francese, americano, dialetto pugliese, un plurilinguismo che porta in sé tutto il messaggio di tolleranza che vorrei trasmettere”. Sperimentazioni linguistiche anche il Salentudine, che sottolinea l’autrice, “non è altro che l’unione tra Salento e solitudine. Componimenti in dialetto, usando solo 1000 termini che sono riuscita a recuperare, per riscoprire con essi la lingua di mia madre, che avevo appena perso, per cantare con nonsense l’insensatezza del mondo”.

Riferimenti al mondo sociale anche in Nottilabio dell’88, dove esce l’impegno umano della Cavalera, che fonde fatti di cronaca con esperienze oniriche personali, “un’utopia”, chiarisca Nadia, “che la poesia cambi i mondo, che gli intellettuali non facciano avanguardia sollevando un problema e lasciandolo al mondo, ma che si impegnino con la loro arte. Da parte mia cerco di indicare un punto, che è oltre questa situazione stantia”.

Praticare la tolleranza è il messaggio della poetessa, che lo mette subito in pratica adattando le sue poesie ai formati delle pagine dei libri, un’allegoria dell’apertura, al rispetto dell’altro cui ci si deve adeguare. Come sottolinea Franca Maroni, “Nadia porta avanti il messaggio che le arti devono vedere più lontano, non solo verseggiare o giocare con i versi come fanno certi pseudoartisti”.

Nadia Cavalera dà infine un assaggio in anteprima del prossimo libro, in uscita presso Marsilio Editore, “un’autobiografia in prosa poetica o poesia prosastica”, come la definisce lei stessa e in cui ripercorre la propria esistenza costellata di dolori e sofferenze, solitudini interiori, impegno politico e scelte coraggiose, vissute con una sensibilità femminile unica e profonda. Il pubblico in sala se ne accorge, soprattutto le donne si complimentano per la chiarezza e la risoluzione di essere se stessa, scoprendo senza riserva la propria anima, per uno scopo alto. “Gli artisti hanno un compito”, conclude Maroni, “seppur scomodo esso c’è, solo chi esce dalla corrente può cambiare il mondo, anche se dire la verità, rende soli 

27/11/2005





        
  



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