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Se tuo figlio ti chiedesse un pallone

Fermo | Incontro con Don Alessio Alberini attorno a tematiche riguardanti i giovani e lo sport

di Francesca Ripa

 

Don Alessio Albertini è stato invitato dalla Don Celso-pallavolo, in occasione dell’inaugurazione della nuova stagione 2005-2006, a parlare di giovani, di sport e di impegno.
 
L’incontro “Se tuo figlio ti chiedesse un pallone” ha osservato la difficoltà dei giovani a rapportarsi felicemente con la società odierna, e di come lo sport può aiutare i ragazzi a recuperare i valori portanti per una vita più serena.
 
Questo non significa che lo sport è sinonimo di educazione.
 
Innanzitutto Don Alessio parla di passione: “Una volta una giornalista chiese ad un famoso teologo - Come spiegherebbe ad un ragazzo la felicità? -  E lei rispose - Non gliela spiegherei gli darei un pallone!”.
 
Poi chiarisce perché lo sport non può essere considerato educante in sé. “Il genitore, che iscrive il figlio alle attività sportive del ricreatorio, pensa che lo sport tenga lontano il ragazzo dalla droga, eppure si continua a discutere di doping. Che insegni la tolleranza e il rispetto, ma sono moltissimi i casi di razzismo! Che lo sport educhi alla non violenza, gli stadi sono piene di atti violenti”.
 
E allora? “Dipende da chi lo fa e come lo fa”. La differenza sta nell’allenatore - educatore.
 
“Il ragazzo entra nella vita come in un labirinto. Il buon educatore regala al ragazzo la capacità di affrontare la vita, per non affogare nelle sabbie mobili”
 
La denuncia di Don Alessio è contro i modelli superficiali propagandati dalla società, e illustra
la situazione prendendo in esame il concetto filosofico di bello e di buono.
 
La televisione insegna che il bello è l’apparenza. “Se sono bello, cucco di più, occupo più pagine di giornali, guadagno di più. E la sostanza? Però è bello! E allora mettilo li a fare il soprammobile!”
Don Alessio è semplice nel linguaggio, ma su questi temi non scherza. “La bellezza nello sport sta nel gesto atletico. Nella cura del corpo, che ti permettere di compiere determinati slanci atletici. Sta nell’impegno costante e nella tecnica. E’ una bellezza che richiede tanto allenamento e fatica”.
 
Il concetto di buono, è spesso confuso “...con ciò che mi viene in tasca, ciò che non mi fa rimettere”.
I ragazzi non hanno la maturità di capire che “...il buono non è nell’immediato ma in ciò che ti fa crescere”. Per questo si ribellano ai genitori e alle regole.
Ma nello sport sono proprio le regole e il loro rispetto che permettono di giocare e divertirsi.
Questo è un grande insegnamento anche se spesso capita che “i genitori mandano i figli alle partite con mille raccomandazioni sull’importanza di divertirsi, poi scendono in campo e da dietro la rete del campetto sono i genitori stessi a gridare, insultare e imprecare contro l’arbitro o giocatori”.
 
Le spiegazioni di Don Alessio oscillano tra teoria ed esempi pratici: è così che la platea è ancora attenta per ascoltare le 6 regole del buon allenatore, tre tecniche e tre spirituali.
 
Iniziamo dalle tecniche. “1. L’allenatore deve sapere con chi ha a che fare, non ha davanti una macchina, ma una persona. 2. Deve saper fare, deve essere il migliore, competente della disciplina che insegna. 3. Deve saper far fare, se non sa insegnare, è inutile la sua presenza”.
 
Quelle spirituali. “1. La grandezza dell’allenatore sta nella gratuità. Non è importante il guadagno. Si allena anche se è una causa persa. 2. La coerenza delle scelte valoriali. Gesù pagò con la croce la sua coerenza. 3. Avere tempo per ascoltare”.
 
A fine incontro è ormai chiaro che “...nello sport l’importante non è partecipare, ma vincere!”. Ribadisce Don Alessio.
“Non a tutti i costi, ma solo a costo della propria fatica. La partita da vincere è quella contro i propri limiti. Perché lo sport è impegno, ma soprattutto divertimento”.
 

09/10/2005





        
  



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