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Calderoli: "sul tricolore o le cannonate agli immigrati la Lega viene male interpretata"

San Benedetto del Tronto | A colloquio con il vie presidente del Senato: “solo dopo certe “sparate” prestano attenzione ai nostri temi”

di Giovanni Desideri

"La colpa è dei giornalisti: se non usassimo certe espressioni, alcuni temi non verrebbero posti al centro dell'attenzione dai media". Il vice presidente del Senato Roberto Calderoli, esponente di spicco della Lega Nord, non rinnega affatto il "repertorio" tradizionale del suo partito e del suo segretario Umberto Bossi, ma anzi rilancia. Lo incontriamo sabato 29 novembre, a margine dell'incontro organizzato dalla locale sezione della Lega (nella persona del consigliere comunale Vincenzo Rosini) presso l'aula consiliare di San Benedetto.

Vice  presidente Calderoli, nel suo intervento di oggi lei ha difeso il crocifisso nelle scuole e la religione cattolica. Questo non contrasta con il matrimonio celtico che alcuni esponenti del suo partito hanno scelto?
Io! Io sono stato il primo a usarlo, nel 1999. In questo non vedo alcuna contraddizione con la religione cattolica, i cui precetti ho sempre cercato di rispettare. Ad ogni modo io mi sono sposato seguendo entrambi i riti, sia quello celtico, tipico delle tradizioni delle mie zone, sia quello cattolico, officiato da un cappellano militare. Invece capita che alcuni di quelli che mi criticano abbiano contratto soltanto un matrimonio con rito civile.

La religione cattolica non è più la religione ufficiale dello Stato Italiano, dopo il concordato dell''84. Il crocifisso va esposto ugualmente?
La legge dice che il crocifisso va esposto, insieme ad una bandiera italiana per ogni scuola. È stato abolito soltanto l'obbligo di esporre il ritratto del Re.

Sulla bandiera italiana la Lega è conosciuta per l'uso che ne voleva fare Bossi: non certo un uso patriottico.
Ma oggi la Lega è l'unica forza politica che difenda l'interesse nazionale. La frase di Bossi non era contro il tricolore, ma contro uno Stato che negava certi diritti e certe rivendicazioni della gente. Con il federalismo abbiamo iniziato a risolvere il problema. Si è iniziato con la legge sul federalismo del 2001, Governo D'Alema. Poi con la modifica del Titolo V° della Costituzione, la devoluzione. Attualmente vorremmo attuare il Senato federale e la Corte Costituzionale federale. Ma non è una questione di patriottismo: siamo stati male interpretati.

Un suo commento sui fatti di Nassiriya?
Cosa vuole che le dica? È una grande tragedia umana, un indice di come le nostre forze armate, che erano riuscite ad entrate in contatto con la popolazione e a farsi volere bene, siano state e siano ancora il peggior nemico del terrorismo.

Ma voi siete sempre stati per l'autodeterminazione dei popoli: nel 1999, per esempio, eravate contrari all'intervento in Kosovo.
La nostra posizione è sempre stata coerente. Nel 1999 eravamo contrari all'intervento in Kosovo, mentre gli interventi in Iraq e in Afghanistan andavano a colpire Paesi in cui i terroristi venivano addestrati per compiere poi le loro azioni in altre parti del mondo.

La Lega è un partito che esiste da poco a San Benedetto. Oltre all'espressione riguardante il tricolore, altre riguardano gli immigrati da accogliere a cannonate, da trasportare su vagoni piombati, sull'Europa "forcolandia". Non si direbbe un buon biglietto da visita.
Sono espressioni di diversi nostri esponenti: quella sulle cannonate e l'altra su "forcolandia" sono di Bossi, quella sui vagoni piombati è del sindaco leghista di Treviso Gentilini. Ma su queste cose una grossa responsabilità è dei giornalisti: se non si alza la voce non sentono! Bisogna usare certi toni, certe "sparate" per fare uscire qualcosa. Magari sono espressioni da bar, ma utili per bucare lo schermo.

I cittadini italiani e gli osservatori stranieri colgono immediatamente questa sottile distinzione?
Le faccio degli esempi: noi iniziammo a parlare del rischio di perdita della sovranità degli Stati nazionali di fronte alle istituzioni europee. Non fummo ascoltati. Parlando di "forcolandia" si aprì invece il dibattito. Un altro caso era quello della riforma del mandato d'arresto internazionale: se l'avessimo accettato, si poteva rischiare di venire arrestati dall'oggi al domani per reati che magari in Italia non esistono.

29/11/2003





        
  



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