L'incerto Miracolo di Winspeare
San Benedetto del Tronto | La pellicola è stata proiettata martedì 18 novembre al Cineforum.
di Giovanni Desideri
"Il Miracolo" di Edoardo Winspeare è un bel film. Almeno "da vedere", come si dice per sfumare. La proiezione a San Benedetto è avvenuta ieri sera, martedì 18 novembre, al cinema Calabresi, per la rassegna del Cineforum, benemerita associazione che recupera film poco commerciali, da potersi vedere solo una sera: o martedì o muerte ("da vedere" è una specie di eufemismo).
Dopo "Pizzicata" (1996) e "Sangue vivo" (2000), "Il Miracolo" è il terzo film del giovane regista salentino (nato nel 1965 a Klagenfurt da padre scozzese). Come i precedenti, è un film che mostra un buon artigianato, per regia e fotografia (il giallo e il rosso che dominano vistosamente, opera di Paolo Carnera). Passi claudicanti nella sceneggiatura: essendo protagonisti del film un bambino e una ragazza (Tonio e Cinzia, rispettivamente Claudio D'Agostino e Stefania Casciaro), il loro primo dialogo, nel film, non brilla per credibilità. (ma "va meglio" in altre parti del film) Intensa la prova dei genitori del bambino, impersonati da Carlo Bruni e Anna Ferruzzo.
Il film racconta la storia di Tonio, che dopo essere stato investito ma non soccorso da Cinzia, durante il suo ricovero in ospedale crede di aver acquisito poteri miracolosi, perché toccando un malato che aveva smesso di respirare, lo guarisce. Così pare.
Inoltre: la famiglia di Tonio è assillata da problemi finanziari e assalita dalla stampa per lo scoop sui miracoli, Tonio viene "reclutato" da un compagno di scuola per curare il nonno malato di cancro e per un po' tutti si convincono che il nonno guarisca davvero. Trascorrono i giorni, il nonno muore, il caso si sgonfia, la troupe giornalistica che già aspettava in casa del bambino per un'intervista viene cacciata in malo modo.
Parallela alla storia di Tonio c'è quella di Cinzia, famiglia disgregatissima, se mai ne ha avuta una, la novità dell'incontro proprio con questo bambino di dodici anni: entrambi sembrano assistere alla vita della città e degli adulti: lo sfondo per ambedue e per tutti i personaggi che appaiono sulla scena è Taranto: impianti siderurgici, tradizioni religiose. I problemi di soldi (all'origine del coinvolgimento dei media sul caso del "bambino dei miracoli").
Il finale è certamente la parte migliore del film, la più dura. La sopravvivenza di Cinzia fallisce, sua madre va via per l'ennesima volta di casa, seguendo il suo amante. Sullo sfondo di sfrenate musiche salentine Cinzia distrugge allora la casa in cui sua madre viveva e in cui è rimasta sola. Al termine dell'opera, stanca, apre un flacone di acido e lo avvicina alla bocca. Ma nel frattempo Tonio riesce ad entrare in casa: stava andando a trovare la sua amica, entra dalla finestra. Cinzia lo guarda, lascia il flacone, che cade sul pavimento. Piange.
Un finale aperto: non è "Germania anno zero", non è Kiarostami, ma è una scena efficace, una specie di reazione opposta non soltanto a ciò che accade al sud (Taranto e le devastazioni che le hanno inferto), ma all'Italia nel suo complesso: alla sua mancanza di senso civico (i genitori, come si comportano nel film), alla mancanza di responsabilità verso le giovani generazioni (il lavoro precario, la devastazione del paesaggio).
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19/11/2003
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