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Vivere in Italia, lavorare in America: l'epopea di Giovanni Postacchini.

| Storia di un nostro conterraneo che lasciò il Bel Paese nel '56 per andare Chicago. Oggi ritorna, in Ferrari, per cercare casa.

di Giovanni Desideri

Trovare l'America vuol dire "lavorare senza ostacoli, se sai cosa fai e cosa vuoi". Parola di  Giovanni Postacchini, geometra, nato a Monsampolo settantuno anni fa e partito per Chicago in un anno che sembra lontano come una leggenda, tanti fatti vi accaddero in tutto il mondo: il 1956. Aveva allora ventiquattro anni, una moglie, Antonietta Damiani, il cui fratello già viveva di là dell'Atlantico. Postacchini lavorava da alcuni anni come geometra. Per dire, aveva partecipato alla bonifica del Tronto, "ma mi pagavano pochissimo e nemmeno gli straordinari", ricorda con un po' del dispiacere di chi è convinto che le cose potevano andare meglio. In quell'anno, allora, i due giovani decidono di lasciare l'Italia e 'tentare la fortuna'. Arrivano così negli States: i corsi di lingua, i primi lavori. Dapprima con il cognato nel suo negozio di generi alimentari, quindi, finalmente, come geometra praticante, presso la 'Mulford Engineering Service'. Dal 1964 al 1967.

Primi tempi difficili?
Difficili solo per lo studio della lingua, a scuola. Questo mi impegnò non poco. Il lavoro non mancava, anche se in quei primi anni erano lavori di vario tipo e per lo più malpagati. La famiglia mi dava maggiori e grandissime soddisfazioni. Nel 1964, infatti, all'epoca del primo impiego come disegnatore tecnico, avevo già tre figli.

Cosa fanno oggi?
Belinda, nata nel '63, è infermiera nel reparto di ostetricia di un ospedale di Chicago. Giovanni junior, nato nel '64, è ingegnere meccanico e aspetta in queste settimane un figlio, mentre Stefano, nato nel '67, è agente immobiliare. Mia figlia Maria, infine, ragazza bellissima e laureata in ingegneria aerospaziale a 23 anni, morì purtroppo nel '85, otto anni dopo sua madre.

Dopo aver ottenuto l'impiego che cercava, nel 1964, fu definitiva la scelta di vivere in America?
Non subito. Il lavoro che svolgevo non mi dava ancora molte soddisfazioni. Decisi allora di tornare in Italia nel 1967 e lavorai per alcuni mesi, fino al 1968, presso l'Istituto per il Commercio con l'Estero (ICE) di Cuneo. Ma appunto dopo pochi mesi decisi di tornare a Chicago e di lì non ho più cambiato idea, a causa della differenza di opportunità lavorative tra l'Italia e l'America. Vede, in America molti vanno a lavorare a 14 o 15 anni, perché è facile trovare un lavoro e costruire la propria vita. Studiare all'università, invece, è molto costoso e dunque per pochi. Al contrario, in Italia l'università è la strada che molti scelgono: fra gli altri motivi, perché manca il lavoro. Io ho sperimentato la facilità con cui in America si può trovare e poi cambiare lavoro, ancora oggi.

Siamo al 1968. Torna per la seconda volta a Chicago.
Sì, in quell'anno vengo assunto dalla 'Robinson Engineering Service Ltd.', dove resto fino al 1981, nonostante i progetti di trasferirmi con la mia famiglia in Florida: quando lo dissi al mio titolare, lui mi propose di diventare suo associato, pur di trattenermi. D'altra parte, dopo quattro anni di esperienza nel settore del disegno per costruzioni, in America ti danno la possibilità di convertire il tuo titolo di studio e di iscriverti all'albo. Divenni così 'land surveyor', geometra addetto ai rilevamenti del terreno per qualsiasi genere di costruzione, dalle strade ai grattacieli.

Quella fu la svolta decisiva?
Non ancora. La svolta ci fu nel 1981, quando decisi di mettermi in proprio. E in quell'anno la svolta ci fu davvero: mi sposai per la seconda volta con una dottoressa polacca, creai la mia attività, la 'Suburban Surveying Service Ltd.', per la quale arrivai ad avere quindici dipendenti. Al tempo stesso ricoprivo un incarico anche presso la Contea di Cook, in un ufficio che si trovava di fronte al mio studio privato. E quello fu anche l'anno del mio ingresso in uno dei più prestigiosi club di Chicago, l''East Bank Club'. Lavoravo sempre di più, ma anche con molte soddisfazioni.

Nuovo lavoro e una nuova vita famigliare.
In realtà il mio secondo matrimonio durò circa un anno. In quel periodo conobbi la mia attuale moglie, Raguel, che ho poi sposato nel '98. Anche lei lavorava per la Contea di Cook, a Chicago, e continua a farlo ancora oggi, mentre io ho lasciato quell'incarico alcuni anni fa, andando in pensione. Così oggi lavoro… ancora di più! Ma a parte tutto, sto diminuendo i miei impegni e anche i miei dipendenti, oggi, sono soltanto 5.

Ma l'Italia è un motivo di orgoglio per il signor Postacchini e soprattutto, si direbbe, quando ne è lontano: "macchine, moda, cucina, arredamento, sono i settori per i quali godiamo di assoluto prestigio in America". Negli anni '80, fra le altre cose, il signor Postacchini ha modo di coltivare la sua passione per le automobili: "in quegli anni ho avuto alcune Mercedes. Solo negli ultimi cinque anni, finalmente, ho deciso di coltivare la mia vera passione automobilistica, per le Ferrari. Prima ho avuto una '355 spider', poi una '360 coupé F1' ed infine, come vede, una '360 spider'". E fiammeggia infatti, di fronte all'albergo sambenedettese presso cui è in vacanza fino al 23 luglio, la macchina che rappresenta l'orgoglio delle origini per questo italiano di Chicago, un gioiello che molti gli chiedono di poter vedere, nel garage della sua casa di Mokena (periferia di Chicago), che egli stesso si è costruito tre anni fa. Una casa, non c'è nemmeno bisogno di sottolinearlo, con pavimenti di marmo italiano, di Carrara.

"In America, conclude, ci sono molte opportunità di lavoro, ma lo stile di vita degli italiani è il migliore al mondo. Sto cercando casa a San Benedetto e spero di poter vivere presto, di nuovo, insieme alla splendide persone del mio Paese".

11/07/2003





        
  



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