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Viva la politica italiana !

| Spunti e riflessioni sul duello Kerry-Bush: dal loro show mediatico dipende la sorte del mondo. Un tic o uno starnuto potrebbe rovinarci il futuro. Da noi, nonostante tutto, c'è più serietà.

di Alberto Premici

Per la rete Abc, Kerry batte Bush 56 a 44. Entrambi non sono squadre di rugby ma gli uomini che si sono imposti per tirare le redini di questo martoriato pianeta. Lo si voglia o no, l'America è il grande giudice planetario, sempre protagonosta nel bene e nel male di tutto ciò che accade, responsabile del corso storico-politico di molte nazioni, inclusa la nostra che paga ancora dazio dalla liberazione.

Ora siamo ad un passo dalla riconferma dell'attuale Presidente o ad un cambio della guardia, ipotesi questa che non cambierebbe assolutamente nulla nella linea politica e strategica USA; di esempi in tal senso la storia statunitense è molto generosa. La "democrazia più perfetta del mondo", si rinnova con meccanismi particolari e tutto ruota intorno ai media che, in una sorta di tomografia assiale computerizzata, colgono ogni respiro, ogni parola, ogni esitazione del candidato, per trasformarla in pregio o difetto, influenzando l'elettorato.

Come noto l'elezione del presidente degli Stati Uniti non è diretta, ma di secondo grado. Vengono nominati, per ciascun stato, dei delegati i quali successivamente in sede di Collegio nazionale, eleggono il presidente. Il candidato prescelto che vince per voti popolari in uno Stato ottiene tutti i delegati a ciascuno dei quali corrisponde un voto. Ogni Stato nelle elezioni presidenziali ha diritto a tanti delegati quanti sono i suoi congressisti nazionali (senatori più rappresentanti e, considerato che questi ultimi sono in proporzione al numero degli abitanti, più lo Stato è popolato maggiore è il numero dei suoi rappresentanti e, quindi, dei delegati da eleggere).

Perciò i delegati da nominare sono 538, pari alla somma dei senatori (cento) più i deputati (435), più i tre ai quali ha diritto il District of Columbia (ossia la città di Washington). Di conseguenza, per arrivare alla Casa Bianca bisogna ottenere i voti di almeno 270 delegati. Semplice no?

Chi non vuole votare basta che si limiti a non iscriversi alle liste elettorali. Tutto qua. Per essere eletti necessita la tanto decantata «nomination» in un partito (quella del Grande Fratello, per intenderci), una sorta di investitura definitiva che ogni coalizione assegna al candidato; insomma ...va e torna vincitore. Questo meccanismo non è certo dei nostri tempi: basti pensare che la prima convention nazionale venne organizzata dal Partito antimassonico nel 1832.

Quello che più  preoccupa sono i metodi di convincimento dell’elettorato; ai confronti televisivi  analisti ed opinione pubblica attribuiscono un'enorme importanza, tale da decidere l'esito finale dell'elezione e quindi la scelta dell'uomo più potente del mondo.

Ogni confronto è organizzato dai rispettivi strapagati staff in cui troviamo avvocati, psicologi, strateghi, coreografi, storici, e chi più ne ha più ne metta. Nei mesi precedenti al primo incontro nella notte tra giovedì e venerdì, c’è chi si è occupato dei tempi, di come avrebbero dovuto stringersi la mano, degli abiti da indossare, del colore della moquette, delle inquadrature, della gestualità, di quanti passi fare, di come ciascuna consorte avrebbe dovuto abbracciare i due contendenti….mi fermo qui. Tutto scritto e concordato in quaranta cartelle. Leggo oggi che la sfida televisiva è diventata anche un videogioco cult a ruba su Internet.

Allora benediciamo i nostri politici, godiamoci i veementi dialoghi tra Fini e Bertinotti che vestono a loro piacimento, i digiuni di Pannella, l’ironia di Berlusconi, il sarcasmo di D’Alema, i riti propiziatori di Bossi; facciamo tesoro di un percorso storico-politico che, nonostante tutto, mantiene viva e frizzante la politica dei contenuti e dei programmi. Certo, hanno mille difetti, cadute di stile,  fanno strani accordi, ma sono quelli che ci appaiono e non hanno bisogno che qualcuno dica loro come sorridere o stringere la mano. E’ un po’ lo spirito latino contrastante con quello d’oltreoceano. Noi non faremmo mi dipendere il nostro voto da tre semplici passaggi in tv, tra l’altro di dubbia franchezza; esercitiamo questo diritto ripercorrendo l’intero mandato, premiando chi ha garantito o migliorato il nostro tenore di vita. 

03/10/2004





        
  



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