I compensi per i collaboratori occasionali non saranno più stabiliti unilateralmente dall'editore. 
Va in questa direzione una sentenza emessa nei giorni scorsi dalla Corte d'Appello di Ancona che fissa un importante precedente e corrobora le più recenti decisioni prese in materia dalla Corte di Cassazione.
Il problema del quantum da corrispondere ai giornalisti che offrono prestazioni occasionali, si è solo di recente imposto all'attenzione della giurisprudenza nazionale. Sono del 2009, infatti, le tre sentenze della Corte di Cassazione che sanciscono, in assenza di un accordo bilaterale, l'obbligo da parte dell'editore di determinare il compenso sulla base delle tariffe in vigore, fissate dell'Ordine dei Giornalisti, le quali trovano fondamento giuridico nell'art.2233 del codice civile che disciplina il compenso per le professioni intellettuali.

Un analogo orientamento è stato seguito nei giorni scorsi dalla sezione del lavoro della Corte d'Appello di Ancona presieduta dal dott. Stefano Jacovacci. Con la sentenza n. 689/2011, "il Messaggero" è stato condannato a corrispondere all'avv. Paolo Bartolomei, collaboratore del quotidiano romano, le dovute differenze retributive, calcolate sulla base delle tariffe previste dall'Ordine dei Giornalisti.
Bartolomei, difesosi in proprio e con l'assistenza dell'avv. Donatella Sciarresi del Foro di Fermo, ha visto così confermare la decisione presa in primo grado dal dott.Camillo Cozzolino, giudice del lavoro di Fermo, il quale aveva sostenuto che "in assenza di una diversa pattuizione tra le parti, il parametro congruo ed equo per la retribuzione del giornalista, è costituito dalle tariffe predisposte dall'Ordine dei Giornalisti".

La sentenza, inoltre, ha scoraggiato la Società Editrice "Il Messaggero" che ha scelto di non ricorrere al terzo grado di giudizio, data la ormai copiosa giurisprudenza che dà ragione ai giornalisti autonomi.