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Acqua ai privati, è scontro in Regione

Ancona | Concitato botta e risposta tra il consigliere di Rifondazione Massimo Rossi e l'assessore regionale Marcolini, sul testo dell'art.38 della legge 42, relativo alla privatizzazione delle sorgenti marchigiane.

di Ugo Mancini

Massimo Rossi e Gian Mario Spacca

E' stato il dibattito sulla presunta privatizzazione dell'acqua ad accendere le polemiche all'interno del nostro consiglio regionale negli ultimi giorni.

Pomo della discordia è stato l'articolo 38 della legge 42, presentata lo scorso 29 settembre il quale sembrerebbe avvallare la consegna delle sorgenti marchigiane a "soggetti privati o a società miste" entro il 31/12/2011 e, nel frattempo, per garantire che ciò avvenga senza difficoltà, vieta "nuovi affidamenti anche sotto forma di proroghe o rinnovi in attesa dell'espletamento delle procedure di evidenza pubblica".

Queste le parole del decreto che hanno scatenato le ire del'ex presidente della provincia di Ascoli ed ora consigliere Massimo Rossi, il quale ha interpretato tale proposta come una concessione senza mezzi termini a monopoli privati del bene pubblico, senza tener conto delle 1.400.000 firme recentemente raccolte contro la privatizzazione dell'acqua, di cui oltre 44.000 nella nostra Regione.

"Si vuole procedere spediti nella direzione voluta dai grandi gruppi economici e finanziari nazionali e multinazionali (con i relativi sponsor di vario colore anche nelle Marche) - sostiene il leader marchigiano di rifondazione Comunista in una nota di giovedì scorso - che, incapaci di attuare qualsiasi politica economica ed industriale sostenibile e competitiva, vogliono trasformare in monopoli privati i servizi pubblici indispensabili per la stessa sopravvivenza dei cittadini. Tutto ciò mentre "fioccano" ogni giorno autorevoli pareri, norme regionali e sentenze che affermano la competenza dei Governi Regionali e Locali nell'esclusione o l'inclusione nel mercato di un servizio pubblico. Ciò sulla base della natura, del fine, del destinatario del servizio stesso e non certo dell'entità dei suoi costi e dei suoi ricavi! E' ovvio pertanto che un servizio come quello idrico, finalizzato ad assicurare un diritto umano, non può che essere privo di "rilevanza economica!"

Massimo Rossi spiega, inoltre, che ciò avviene nonostante le solenni promesse del Governatore Spacca che in occasione della presentazione del suo programma di legislatura si era impegnato a "promuovere e tutelare la gestione pubblica dei beni primari, quali ad esempio l'acqua" facendo finta di dimenticare che nel suo programma elettorale, concordato con l'UDC, apriva la porta ai profitti privati annunciando subdolamente una "collaborazione tra soggetti pubblici e privati nei servizi di pubblica utilità".

Immediata è stata la risposta della giunta regionale di centrosinistra, che si è difesa tramite le parole dell'assessore al bilancio Pietro Marcolini: "Forse Rossi ha letto qualcosa di diverso rispetto al testo dell'art. 38 del documento di assestamento di bilancio che la giunta ha preparato sulla scorta di quanto già previsto anche da altre Regioni come ad esempio l'Emilia Romagna, fermamente in difesa delle prerogative pubbliche della gestione del bene acqua". A conferma della volontà della giunta di operare per il mantenimento della proprietà pubblica delle risorse idriche l'assessore ricorda che nel dicembre 2009 dalla Regione Marche è stato impugnato davanti alla Corte Costituzionale il cd Decreto Ronchi che prevede la privatizzazione della gestione di tali risorse.

E proprio come difesa e garanzia dal provvedimento del governo nazionale sarebbe stato stilato il famigerato art. 38 della legge regionale 42. aggiunge infatti Marcolini: "Di fronte ad una legge nazionale già in vigore che privatizza la gestione dell'acqua la Regione Marche sta cercando di evitarne gli effetti peggiori. E' proprio in questa chiave che va inteso l'art. 38 della legge di Assestamento di Bilancio. Infatti, di fronte all'imprescindibile svolgimento delle gare nel caso di nuovi affidamenti del servizio, la disposizione legislativa regionale li vieta, insieme alle proroghe e ai rinnovi, almeno fino al 31 dicembre 2011, soggiungendo inoltre che "i soggetti gestori sono comunque tenuti a garantire la continuità del servizio pubblico e gli interventi anche relativi a reti ed impianti sino alla attivazione della nuova gestione".

Il botta e risposta è continuato ieri con le nuove dichiarazione di Massimo Rossi le quali riportano testualmente quanto c'è scritto a pagina 36 della relazione dell'atto in questione: "L'art.38 ha l'obiettivo di permettere, in modo non traumatico, il passaggio della gestione dei servizi pubblici locali a soggetti privati o a società miste il cui socio privato sia individuato mediante procedure di evidenzia pubblica. Tale passaggio è previsto dall'articolo 23 bis del d.l. 112/2008 con un termine temporale del 31/12!2011."
Per Rossi non è mistero che anche negli ambienti PD marchigiani non è mai passata la smania delle alchimie privatistiche nel campo dei servizi pubblici locali, ricordando che è solo di qualche giorno fa la nota stampa del segretario provinciale Pd di Ancona che auspica "un'unica Holding che gestisca tutte le società di acqua-gas-rifiuti a livello regionale" ...magari come avviene a Pesaro dove il rampante colosso Hera ha messo le mani sulla locale multiservizi pubblica.

"Per essere ancora più chiari - afferma Rossi - l'assessore Marcolini, ed altri con lui, non devono e non possono nascondersi dietro un dito, evocando la presunta ineluttabilità della normativa Ronchi (impugnata tra l'altro quando in giunta c'era la sinistra, mentre ora c'è l'UDC) o rinviando a future cervellotiche strategie le sorti di un bene comune come l'acqua, perché tocca proprio alla Regione toglierci dalle grinfie dei predoni dell'acqua. Per capirlo ancora meglio basta leggere la sentenza della Corte Costituzionale n.272/2004, nella quale dopo la premessa che "le norme sulla concorrenza si applicano soltanto alle attività economiche", che "la distinzione tra attività economiche e non economiche ha carattere dinamico ed evolutivo," e che "secondo la costante giurisprudenza comunitaria spetta al giudice nazionale valutare circostanze e condizioni in cui il servizio viene prestato, tenendo conto, in particolare, dell'assenza di uno scopo precipuamente lucrativo..", afferma con chiarezza: "Per i servizi locali, quindi, che, in relazione al soggetto erogatore, ai caratteri ed alle modalità della prestazione, ai destinatari, appaiono privi di "rilevanza economica", ci sarà dunque spazio per una specifica ed adeguata disciplina di fonte regionale ed anche locale."

Lo scontro, dunque, sembra doversi prolungare ulteriormente. Attendiamo la nuova replica del governo regionale.

30/10/2010





        
  



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