C’è stato il tempo anche per una piccola contestazione all’ex presidente della Fermana Giacomo Battaglioni, da parte di alcuni tifosi della Civitanovese in ritiro, durante i 90 minuti di attesa prima dell’arrivo di Luciano Moggi. Come una fenice che rinasce dalle sue ceneri, l’ex direttore generale della Juventus è tornato, non per scusarsi, ma per spiegare.

L’occasione gli è stata offerta dal festival culturale Un libro al mese, che il comune di Penna San Giovanni ha organizzato in collaborazione con la Comunità montana dei Monti Azzurri. E lui l’ha colta al volo. L’idea di scrivere un libro – Un calcio nel cuore, uscito nel 2007 e 50.000 copie vendute – gliel’hanno data due suoi amici, Enzo Bucchioni e Mario D’Ascoli, due giornalisti che di pallone se ne intendono e che nutrono forti dubbi su come finora è stata condotta l’inchiesta Calciopoli. Il risultato è un libro a sei mani, un po’ indagine giornalistica, un po’ autodifesa biografica.

Non si trattiene Moggi durante l’incontro in Terrazza Belvedere e, punzecchiato dalle domande del giornalista de Il Messaggero Bruno Ferretti, fa nomi, cita luoghi, date e fatti. “La mia unica colpa è stata di aver fatto troppo bene il mio lavoro, – ripete più volte – di aver pensato e trattato la Juve come una figlia”. “Sono un uomo come tanti – continua, rivolgendosi al pubblico che più volte lo applaude – non un santo, ma nemmeno un diavolo e dal processo uscirà la verità”. Condannato a un anno e mezzo di reclusione – pena rientrata nell’ombrello dell’indulto – Moggi deve infatti scontare cinque anni di squalifica ed è in attesa degli altri gradi di giudizio.