Sadam, un anno e mezzo dopo
Fermo | Dal luglio 2007, quando fu siglato l'accordo sulla riconversione dell'ex zuccherificio, nulla è cambiato; i politici temporeggiano, la gente protesta, ma una soluzione che metta tutti d'accordo ancora non è stata trovata.
di Redazione

L'ex zuccherificio Sadam in un'immagine di repertorio
Tra il 15 e il 20 gennaio prossimi dovrebbe essere disponibile la Via (Valutazione di impatto ambientale) relativa alla riconversione dell’ex zuccherificio Sadam di Fermo. Nel balletto di proposte e controproposte, mozioni e attese che da tempo segnano il passo di questa storia, ad oggi ancora non è dato sapere cosa ne sarà dell’impianto dismesso, ma soprattutto dei lavoratori attualmente in cassa integrazione.
Ma facciamo un passo indietro e ripercorriamo le tappe della vicenda. Quasi un anno e mezzo fa, nel luglio 2007, Eridania Sadam Spa, PowerCrop Srl, Comune di Fermo, Provincia di Ascoli Piceno, Regione Marche e organizzazioni sindacali hanno stipulato un accordo in cui erano indicati obiettivi ed azioni del processo di riconversione dell’ex zuccherificio. Allo scopo di preservare i posti di lavoro e tutelare l'ambiente, l’accordo prevedeva, dopo opportune verifiche di fattibilità, la creazione di un impianto alimentato con biomasse (sostanze di origine animale e vegetale, non fossili, utilizzabili come combustibili) e oli vegetali per la produzione di energia elettrica e lo sviluppo della produzione di barbabietole da zucchero mediante l’avvio di filiere “no food” – filiere produttive realizzate attraverso l’uso di bioenergie – della cui attuazione si sarebbe fatta carico la PowerCrop.
E mentre la società proponeva di localizzare il nuovo impianto in località Girola, ha fatto la sua comparsa la Ned Silicon – azienda con sede legale ad Osimo, specializzata nella produzione di materiali per la conversione fotovoltaica – che ha chiesto di avviare negli stabilimenti dell’ex Sadam un progetto-pilota (a pieno regime occuperebbe circa 50 lavoratori) relativo alla raffinazione del silicio, a conclusione del quale, in caso di esito positivo, si sarebbe passati alla realizzazione di pannelli fotovoltaici (in realtà il passaggio dalla raffinazione del silicio alla produzione di pannelli non è così immediato, richiedendo tra l’altro la costruzione di impianti di drogaggio per semiconduttori).
Per un pò l’opinione pubblica è stata a guardare, confidando in una soluzione che soddisfacesse tutte le parti. Ma quando ha preso consapevolezza che solo costruendo la centrale a biomasse i costi che la Ned dovrebbe accollarsi per il progetto sarebbero stati sensibilmente abbattuti, e che quindi l’esistenza di una struttura implica necessariamente quella dell’altra, a quel punto parte della popolazione – preoccupata per la propria salute e per il proprio futuro occupazionale – ne ha voluto sapere di più, ha chiesto, si è documentata e, nei casi in cui l’ha ritenuto opportuno, ha protestato e raccolto firme, facendo sentire la sua voce, in attesa di gennaio.
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13/12/2008
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