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Lavoro femminile, più sviluppo economico, più innovazione, più crescita sociale

Ancona | Conferenza stampa presso la Fiera di Ancona sull'occupazione femminile. Treu: " donne, la marcia in più, ma serve più qualità".

Treu e Clementi (foto di archivio)

Il lavoro femminile è crescita economica e sviluppo. Su questa idea di fondo si è basata la Conferenza regionale sulla occupazione femminile che si è tenuta oggi alla Fiera di Ancona.

Un concetto ribadito da Tiziano Treu, vicepresidente della Commissione Lavoro del Senato, secondo cui "l'occupazione femminile è una risorsa ancora poco utilizzata in Italia e che invece in questa fase di crisi economica e dei redditi è fondamentale". "Dobbiamo fare come la Spagna - ha aggiunto - per immettere un milione di donne sul mercato del lavoro ed avere così una marcia in più". Treu ha poi parlato della proposta di legge presentata dal PD Letta-Franco per un sostegno concreto all'occupazione femminile attraverso incentivi fiscali, estensione del congedo parentale, eguaglianza di genere, rimozione degli ostacoli alla carriera. E, "su questo fronte - ha detto - sfidiamo Sacconi".

Un convegno sulle grandi questioni del lavoro e della società nel suo complesso, lo ha definito l'assessore regionale all'Istruzione, Formazione e Lavoro, Ugo Ascoli : "Ci confrontiamo su molteplici e fondamentali tematiche: disuguaglianza di genere, pari opportunità, carenza del sistema di welfare, calo demografico, lavoro di cura, servizi sociali, immigrazione ma anche impoverimento del ceto medio e diseguaglianza tra nord e sud del Paese, diritti civili, cambiamento della domanda e dei consumi. E se quantitativamente l'occupazione femminile nelle Marche non preoccupa, anche se rimane lontano dalle medie europee e dalle strategie di Lisbona, - ha aggiunto Ascoli, rivolgendosi ai tanti presenti tra istituzioni, amministratori pubblici e una delegazione albanese guidata dal ministro al Lavoro Koko Barka - "la criticità maggiore è la qualità del lavoro femminile, ancora a livelli insufficienti nella nostra regione".

L'ultimo rapporto Istat mette in guardia sulla crescita della inattività femminile e lancia un allarme sul fenomeno dello scoraggiamento e quindi della rinuncia al lavoro per motivi familiari. Solo il 30 per cento riprende il lavoro dopo il primo figlio e invece "la principale strategia contro la povertà - ha aggiunto Ascoli - è proprio la famiglia bireddito".

In un mercato del lavoro in continuo e rapido cambiamento occorre evitare le semplificazioni (donna/uomo) e introdurre variabili più complesse quali le aggregazioni territoriali, le condizioni familiari, il ceto e il reddito, per avere un quadro più rispondente alle reali esigenze. Solo considerando nelle analisi queste variabili si può, e si deve, riorganizzare complessivamente la vita sociale e quotidiana, non solo in termini economici. E' la tesi sostenuta da Laura Balbo, docente di Sociologia all'Università di Padova, che ha fatto riferimento a due recenti convegni tenutosi a Ginevra e Barcellona. Da questi convegni è emerso - ha ricordato - che più alti livelli di studio non porteranno maggiore occupazione e maggiori guadagni per le donne. E sulla differenza retributiva tra generi si è soffermata anche l'analisi di Patrizia David dell'Università di Camerino sul mercato del lavoro nel contesto marchigiano: i dati complessivi desunti dall'INPS - ha detto la sociologa- registrano una differenza vicina al 40 per cento a sfavore delle donne.

Su questo punto Tiziano Treu ha sottolineato come la p.d.l. prevede anche dure sanzion i per le imprese che discriminano. La David ha quindi evidenziato una forte segmentazione di genere: contratti non stabili, lavori meno retribuiti e ostacoli alla carriera, nel mercato marchigiano; per questo "occorre far crescere la qualità del sistema produttivo e valorizzare il potenziale lavorativo regionale. Dai dati emerge che il 60% delle donne sono assunte nei servizi, il 53% con contratti a termine , il 55% con collaborazioni e il 59% con contratti a chiamata. Il 69% della forza lavoro femminile ha un diploma di laurea ma il 73% lavora con contratto part time. "Un contratto ancora troppo utilizzato in Italia, soprattutto per le donne, - ha detto Emilio Reyneri, dell'Università di Milano - mentre nei Paesi europei del nord è già in declino, segno di una svolta importante: la donna ha assunto un peso tale che mutano gli equilibri nella società tanto da ridurre il part time ". Secondo il docente, piuttosto che alle donne imprenditrici occorre prestare attenzione alle figura emergente di donna libera professionista (3%), dato raddoppiato in dieci anni.

Tanti gli ostacoli alla qualità dell'occupazione femminile, ha sottolineato Giampietro Perri che ha condotto l'indagine Delphi, tra cui la carenza dei servizi di sostegno alla famiglia e la maternità come evento penalizzante. "Non è vero che chi lavora non può fare figli - ha confermato l'assessora alle Pari Opportunità Loredana Pistelli - è semmai il contrario: le disoccupate non possono mantenerli. Occorre perciò rimuovere gli ostacoli, in primis attraverso la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, per facilitare anche l'ingresso di forze lavoro giovani". Le giovani donne marchigiane - secondo l'analisi di Emmanuele Pavolini dell'Università di Macerata - sono quelle che investono maggiormente in istruzione rispetto ai loro coetanei, ma trovano poi maggiori difficoltà di inserimento sul mercato del lavoro. In particolare la fascia di età più critica per le giovani marchigiane è quella tra i 15 e i 24 anni, in cui i tassi di disoccupazione femminili sono più che doppi rispetto a quelli maschili ( rispettivamente 17,2 % e 8,2%). "

"E non è con la detassazione degli straordinari - ha aggiunto l'assessora Pistelli - che si risolvono i problemi, semmai viene amplificata ulteriormente la discriminazione in favore degli uomini che, nei fatti, hanno più tempo disponibile".

02/07/2008





        
  



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