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Un "Benedetto" che non c'è

Ascoli Piceno | Giuseppe Romani scrive "Benedetto"con l'intenzione di risvegliare quel dibattito universale tra fede e scienza, onde evitare un imbarbarimento della nostra società che troppo spesso dimentica gli eroi del silenzio che ci hanno permesso la civilizzazione.

Ieri, presso la Libreria Rinascita in Piazza Roma ad Ascoli Piceno, si è svolta la presentazione del libro "Benedetto" di Giuseppe Romani.

Sono intervenuti Mons. Silvano Montevecchi Vescovo della Diocesi di Ascoli Piceno, Maria Grazia Bianco professoressa di Letteratura Antica Latina e Greca del LUMSA a Roma, Renato Novelli sociologo dell' Università Politecnica di Ancona e Benedetta Trevisani moderatore.

Ospite lo stesso Romani che ha scelto il Piceno come patria di adozione, perché terra d'origine.
Nato a San Benedetto del Tronto, ove esercita attualmente la professione di medico, ha vissuto a Roma gli anni dell' università studiando Medicina nel clima effervescente del post-sessantotto.
Condotto dalla professione e dalla fede a una dimensione più raccolta e riservata, scrive il libro "Benedetto"ispirandosi al martire Benedetto da Cupra che ha dato il nome alla città di San Benedetto del Tronto.

Il "romanzo storico letterario", così definito dalla critica, si svolge in 12 ore dello stesso giorno e prevalentemente nello stesso luogo, una Villa di Cupra Marittima. Narra la vicenda di un ufficiale cristiano alla Corte di Diocleziano tra la fine del III e l'inizio del IV secolo in un periodo di transizione storico culturale.

Il nostro personaggio era uno sconosciuto senza nome, esemplare di tutti i santi senza nome che vivono la loro vita in silenzio in mezzo a noi, non onorati da alcun riconoscimento ufficiale neanche da parte della chiesa stessa che ne costituisce il fondamento più grande. Quello del silenzio.

La leggenda vuole che un soldato romano, convertitosi al Cristianesimo, venga decapitato sul ponte sopra il fiume Menocchia, buttato in acqua, trasportato dal fiume in piena fino al mare, condotto e ricongiunto testa e corpo da delfini sulla riva, raccolto e tumulato da coloni su di un colle, desse il nome della città di San Benedetto del Tronto.

Come tutte le leggende, un fondo di verità deve esserci. Dopo un' attenta e accurata ricerca di fonti attendibili sull' esistenza del Martire tra le liste della "Bibliotheca Sanctorum" effettuata dallo stesso Giuseppe Romani, sembra non risulti il nome di Benedetto tra i Santi.
Solo più tardi si scoprirà tra le liste dei Martiri, un certo Benedetto da Cupra.
Alimenterà la veridicità della sua esistenza anche il ritrovamento, nelle catacombe dove venne seppellito, di un vasetto con serpentello (simbolo dei Martiri) e di un teschio fatti analizzare scientificamente con la Radiodatazione al C14.
Gli esami hanno dimostrato che anni ed epoca del Martire, combacino con le sue spoglie (tutt'ora conservate nell' Altare Maggiore della facciata dorsale del Duomo di Ascoli Piceno), ma non sono sufficienti ad autenticarne l'identità.

Il martirio era diffuso nell'epoca di Diocleziano il quale aveva capito che il pensiero cristiano sarebbe stato un pericolo per l'Impero Romano, così decapitò i convertiti chiedendo la distruzione di documenti degli stessi per non lasciarne traccia, pensando che ciò fosse sufficiente ad evitare che il messaggio antropologico, prendesse il sopravvento.

Benedetto, pertanto, diede origine con coraggio, a idee d'intransigenza attuali, ma diverse dallo stile di vita classico-romana, risvegliando le coscienze contro i soprusi e la schiavitù. Il messaggio forte dell'individualità, legata alle vicissitudini delle tappe della vita sino alla tappa ultima che è la morte, non giunse all'Impero Romano determinandone la fine dello stesso e l'inizio di una nuova Era.

Giuseppe Romani scrive "Benedetto"con l'intenzione di risvegliare quel dibattito universale tra fede e scienza onde evitare un inbarbarimento della nostra società che troppo spesso dimentica gli eroi del silenzio che ci hanno permesso la civilizzazione.

16/03/2008





        
  



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