Nasce il Circolo delle libertà del Fermano: il manifesto identitario
| Si costituirà ufficialmente sabato, ne sarà presidente Cesare Catà, e si fonderà su tre valori: cristianità, libertà, occidente
Sarà costituito ufficialmente sabato il Circolo delle libertà del Fermano. Il nuovo organo, nato dallo spunto del lader della Cdl Silvio Berlusconi alcuni mesi fa, è stato già colto in diverse regioni italiane, e si appresta ad attivarsi anche nella quinta provincia marchigiana. Presidente del circolo sarà Cesare Catà. Quello che segue è il manifesto identitario del nuovo circolo che proprio Catà ha preparato, e che sarà distribuito a tutti gli iscritti.
"Il Circolo della Libertà della Provincia di Fermo nasce dalla iniziativa spontanea di chi vuole ripensare l’azione nella cosa pubblica in base a precisi valori di riferimento nell’ambito umano, culturale ed economico. Il Circolo vuole essere uno strumento in grado di dare voce a istanze critiche riguardo quel rapporto fra uomo e realtà che chiamiamo politica. Troppo spesso e troppo radicalmente, infatti, le voci singole si perdono nel chiasso di istituzioni e cariche di potere, le quali non sono in grado di rispondere a un reale sentire.
Nell’attuale situazione della storia italiana ed europea, ciò appare in maniera particolarmente vera e clamorosa. Oggi più che mai, infatti, l’Italia manifesta il bisogno di un bipolarismo attraverso cui interpretare la vicenda pubblica. In questo contesto, viene palesandosi la necessità, nel pensiero e nell’agire del Centrodestra, di una Federazione di partiti in grado di riconoscersi, nelle pur vive differenze, attorno a determinati valori e criteri comuni.
Un Centrodestra finalmente unito parrebbe, in questo senso, la risposta migliore all’attuale contesto storico che ci troviamo a vivere: la risposta più intelligente, sensata e coraggiosa nei confronti di un futuro che si presenta più che mai labile e nebbioso per la consistenza della vita occidentale nel suo complesso.
Le frammentazioni partitiche, così come le pretese di restaurazioni centriste, sembrano oggi cozzare, non solo contro le più vere esigenze del popolo italiano, ma anche contro il corso di una storia europea, che si trova a fare i conti con un mondo affatto differente da quello del vecchio Millennio – e che esige dunque, in primo luogo nell’ambito politico, nuove categorie di riferimento valoriale, di interpretazione politica, di principi economici.
Il Circolo della Libertà vuole porsi come dinamica avanguardia di questo processo, nel desiderio di realizzare, al di fuori delle costrizioni partitiche, un nuovo organismo, fatto non solo da politici “di professione”, ma anzitutto e soprattutto dagli uomini e dalle donne della società civile. Infatti, come il 2 dicembre 2006 a Roma si è dimostrato mangnificamente, un “popolo delle Libertà”, de facto, esiste già in Italia. Ciò che ora sembra mancare, a livello politico, è una realtà che risponda, de iure, a questa situazione de facto.
Il Circolo della Libertà, essendo un’associazione e non un partito, può porsi senza riserve, rispondendo all’appello della storia, come il punto di riferimento del popolo del 2 dicembre. L’ultima grande intuizione politica di Silvio Berlusconi è l’aver compreso e indicato profeticamente che la sorte salvifica del Centrodestra italiano consiste, appunto, nella costituzione di una unità – una unità la cui realizzazione, più per motivi organizzativi che sostanziali, è arduo possa essere finalizzata in tempi immediati fra i partiti della coalizione.
Dinamicamente, invece, il Circolo della Libertà vuole porre se stesso come organo in grado di formare, oggi, quella”base” della politica futura che i tempi ci spronano a pensare come vivente e diametrale dialettica fra due poli – dialettica all’interno della quale la frammentazione non potrà che significare una fatale debolezza nei confronti della realtà. Il Circolo vuole dunque essere, da un lato, l’organo politico di riferimento per quel popolo della Libertà che (in anticipo rispetto ai tempi della politica) già esiste in Italia; dall’altro lato, vuole porsi come la base futura di quella Federazione di partiti del Centrodestra che parrebbe essere la più giusta e finale sorte della attuale situazione politica italiana, nella direzione del Partito Popolare Europeo.
C’è già un’Italia – la parte più dinamica e produttiva, libera e moderna, fedele alle tradizioni del nostro Paese – che si riconosce attorno a determinati principi comuni, in base ai quali i partiti di riferimento non costituiscono muri differenziali, ma distinzioni preziose e accomunanti. C’è già un’Italia che si ritrova attorno a quello Gianfranco Fini ha definito “il blocco valoriale del popolo del Centrodestra”, e la cui suddivisione è solo interna ai partiti, non al popolo.
Il Circolo della Libertà intende rispondere a questa Italia, dando forma a un sentire comune che attende solo di essere chiamato per nome. Il Circolo vuole dunque rappresentare una vera “discesa in campo” in prima persona che sia dettata da sentimenti e motivi reali, contrastando una concezione del cittadino quale strumento “usa e getta” di distanti campagne elettorali. In questo quadro, il Circolo intende aggregare gli uomini e le donne del nostro territorio attorno a precisi valori di riferimento che possano costituire le basi per intendere i principi sociali, economici e antropologici del nostro Paese.
Mettendo al primo posto il concetto di libertà quale orizzonte imprescindibile ed essenza del fenomeno umano, i due cespiti valoriali attorno a cui il Circolo intende svolgere il suo operato e dichiarare la propria identità sono: il valore dell’individuo; il valore della tradizione. Porre al centro del nostro quadro valoriale la nozione di “individuo” come riferimento imprescindibile significa pensare la persona, nella sua sacralità, come il principio primo del reale. Ciò vuol dire anzitutto che nessuna sovrastruttura, meno che mai quella statale, può essere preminente rispetto alla dimensione del singolo, su nessun livello: né eticamente, né economicamente, né ontologicamente, né socialmente. Ciò vuol dire inoltre concepire il valore dell’individuo come “inobliterabile” nella sua irripetibilità. L’individualità, qui, è pensata come dato irrinunciabile, che non può essere sacrificato in nome di nessun “egualitarismo”.
L’individuo è posto quale fondamento, nella sua singolarità, a partire dalla sacralità che riconosciamo a ogni persona nella sua specifica identità – nel suo Io –, come tramandato dalle culture greca, romana e cristiana che hanno fatto la nostra civiltà. Una tale visione dell’individuo come primum possiede evidenti e potenti ricadute a livello economico, sociale, e giurisdizionale. A tale concezione si aggiunga, quale secondo cespite valoriale, il primato della tradizione.
Tale primato parrebbe di primo achito in contrasto con quello dell’individuo, in quanto esso propone di intendere la persona non come una mera singolarità, ma come il prodotto strutturale di una tradizione, senza la quale la persona stessa sarebbe inconcepibile. In realtà, è proprio il primato dell’individuo che conduce ad asserire il primato della tradizione. Infatti, riconoscere il valore della persona, e osservarne la profondità, significa al contempo riconoscerne i fattori metasingolari che la compongono: il legame con i morti e con i nascituri, con ciò che è stato detto, pensato, scritto e creduto nei secoli precedenti; e inoltre le imprescindibili coordinate della famiglia, della Patria, del territorio come parametri stessi dell’individuo.
Il concetto di umanità che qui proponiamo di tenere presente è un’umanità che non può ridursi all’insieme degli uomini e delle donne che sono vivi in questo momento o lo saranno tra poco. “Umanità” significa l’insieme degli individui che hanno respirato l’aria, che la stanno respirando e che la respireranno. Una medesima aria, non dissimile nel volgersi dei secoli, che ci conduce a comprendere il legame inscindibile fra passato e futuro.
L’uomo cui pensa il Circolo della libertà è simile a un uomo che, nel suo destino, si incammina solo, come “quel singolo”, verso la vetta di una montagna – mentre altri, simili a greggi, girovagano in gruppi fra le valli. Arrivato in cima, quel singolo scorgerà la vastità dell’orizzonte – e allora vedrà più in là dei tanti che si congregano nell’illusione e nella pretesa di essere “tutti uguali”. Dalla cima sulla quale è giunto, capirà che il suo cammino è il medesimo di altri uomini che lo hanno preceduto, e di altri che lo seguiranno; capirà che, proprio nel suo essere individuale, egli è costituito da una serie di coordinate che lo trascendono: una tradizione culturale, una famiglia da cui discende, un territorio e una patria cui appartiene.
A 3000 metri, nella solitudine del suo cammino, quest’uomo vede, nella vastità dell’orizzonte, che il sentiero da lui intrapreso non comincia né finisce con la sua camminata: similmente, l’uomo, inteso nella sua individualità irrinunciabile, è al contempo segno di una tradizione più vasta, alla quale è inscindibilmente connesso, e che inscindibilmente lo lega al futuribile al di là di sé. In questo senso, i principi dell’individuo e della tradizione sono le due facce di una medesima concezione del reale, nella quale è possibile riaffermare con forza tutta una serie di valori abbandonati e per molti versi rimossi negli ultimi rivolgimenti della storia politica europea: quali la famiglia, la sicurezza, la patria, il territorio di appartenenza, il legame fra gli uomini.
Valori che discendono dai due cespiti dell’individuo e della tradizione, e che sono inscritti in quell’essenza dell’uomo che riconosciamo essere la libertà, tolta la quale tali valori vengono elisi. La difesa e l’affermazione non negoziabile della libertà come essenza dell’uomo significano dunque, a livello politico, una coraggiosa riproposizione di tali valori fondanti. Seguendo una recente esortazione di Joseph Ratzinger agli esponenti politici, attraverso il Circolo della Libertà vorremmo quindi porci come “credibili e coerenti testimoni delle verità fondamentali”.
Le verità fondamentali che vorremmo coraggiosamente e autenticamente testimoniare sono quelle che discendono dai principi dell’individuo e della tradizione sopra richiamati, e che scaturiscono dal concetto di libertà come essenza dell’uomo. Se al primo posto vi sono l’individuo e la tradizione, ne deriva che lo Stato viene dopo la Società; e che la civiltà si fonda, non sul progressismo che pone come fondamento i bisogni velleitari di ognuno, ma bensì sulla capacità di essere conservatori, nel senso più alto e sublime della parola. In quest’ottica culturale, l’unità del Centrodestra (la cancellazione del trattino in questo neologismo dei nostri tempi) non è un’acrobazia estemporanea che vorrebbe sposare tra loro tradizioni lontane e inconciliabili per fini elettorali o utilitaristici.
Al contrario, il Centrodestra sembra oggi rispondere globalmente a tutta una serie di valori che non si escludono, ma si coagulano a formare una potente unità di pensiero. Infatti, il liberalismo, da un lato, e il pensiero conservatore, dall’altro, seppure distinti nelle loro affermazioni storiche, si fondono oggi a formare una reale e forte unità, proprio attorno al duplice primato dell’individuo e della tradizione che discende dal concetto di libertà.
Entrambi questi pensieri, infatti, trovano i loro fondamenti comuni in tali concetti che abbiamo visto profondamente connessi: non è dunque casualmente che oggi essi parrebbero dover coniugarsi a formare una reale coalizione culturale, capace di rispondere a un diffuso (e forse maggioritario) sentire del popolo italiano ed europeo. È questa unità valoriale e culturale, da cui discendono inamovibili principi nei confronti della realtà, a costituire politicamente il mastice magnetico in grado di legare quel popolo della libertà, di cui il Circolo vorrebbe essere fiera espressione.
È questo mastice che ha unito la gente scesa lietamente ma rabbiosamente in piazza il 2 dicembre del 2006 a Roma. È questo mastice che costituirà la forza del futuro polo del Centrodestra italiano. È questo medesimo mastice che si respira fra le genti d’Europa e che ispira lo stesso PPE. Dunque, non è un salto mortale speculativo il voler accostare le tradizioni liberale e conservatrice.
Esse confluiscono in un ben preciso luogo condiviso. Ed è qui che allora si incontrano e intersecano i pensieri e gli scritti di Tocqueville con quelli di Giovanni Gentile, quelli di Friedrich Von Hayek con quelli di Carl Schmitt, quelli di Leo Strauss con quelli di Mishima Yukio. Diremo anzi che tanto il liberalismo quanto il pensiero conservatore, oggi, subiscono clamorose sconfitte proprio nel momento in cui essi sono incapaci di comprendere la loro reciproca interazione vitale. Proprio nello scollamento di questi due grandi filoni di pensiero, si sono infatti registrate le più profonde sconfitte dei loro esponenti. Con una boutade pseudo-kantiana, potremmo dire che il liberalismo senza pensiero conservatore è vuoto; e che il pensiero conservatore senza liberalismo è cieco. Il Circolo della Libertà vorrebbe essere la risposta unitaria a questi due blocchi concezionali che è fatale, oltre che storicamente miope, pensare come distinti.
L’unità del Centrodestra che il Circolo desidera incarnare si definisce quindi attorno a quello che possiamo definire un conservatorismo liberale cristiano. Il blocco valoriale che costituisce il mastice unitivo del popolo della libertà è infatti formato da tutta una serie di valori che il pensiero liberale, da un lato, e il pensiero conservatore, dall’altro, hanno storicamente concorso ad esprimere sulla scorta della cultura cristiana – valori che oggi trovano espressione corale e viva in una larga parte delle genti d’Europa. Poste tali premesse, possiamo preziosamente tornare, per ampliarla, a una definizione ripresa da Silvio Berlusconi, dicendo che il Circolo della Libertà della provincia di Fermo è un soggetto politico definibile secondo tre aggettivi fondanti: cristiano; liberale; occidentale.
L’aggettivo “cristiano”, qui applicato a un’azione politica, non vuole avere l’accezione confessionalistica che ha contraddistinto i decenni democristiani italiani, secondo un ambiguo e inoffensivo centrismo, oggi del tutto improponibile e inutile nella attuale realtà storica. La denotazione di “cristiano”, a proposito del Circolo della Libertà, sta a significare il profondo legame con la tradizione che ha fatto l’Europa e che, soprattutto attraverso i luminosi anni del Medioevo, ha posto le basi per le concezioni dell’uomo e del reale che oggi ci sono proprie. “Cristiano”, perciò, non possiede qui un valore meramente confessionalistico, né vuotamente formale - bensì profondamente culturale, facendo cenno a un agire politico che non può e non deve essere scisso dalle radici cristiane che intridono la nostra cultura, e il cui riconoscimento è una presa di posizione ben precisa, non nei confronti della propria fede personale, ma nei confronti della storia: nella ferma convinzione che un netto dualismo fra valori religiosi e valori laici sia perdente, in politica.
Ciò non significa rifiutare l’inattaccabile principio dello stato laico. Significa rifiutarsi di relegare i principi religiosi alla sfera privata; e pretendere che il messaggio cristiano non si arresti, ma anzi divenga viva fonte di orientamento, proprio nell’agire politico. In questo senso, il Circolo della libertà può dirsi formato da “ neo-ghibellini”: come Dante, noi crediamo alla “teoria dei due soli” nell’agire politico; “soli” che qui non sono papato e impero, ma valori laici e valori trascendenti dell’umano. Tolto uno dei due “soli”, la politica si oscura drammaticamente.
L’aggettivo “liberale”, inoltre, vuole richiamare la tradizione di pensiero che ha visto, in Occidente, la necessità vitale di affermare la libertà di intrapresa economica come scissa dall’ingerenza statale; nella ferma convinzione che la libertà economica sia un tratto vitale da difendere tanto quanto la libertà religiosa e quella d’espressione, “liberale” sta qui a significare la necessità di una costituzione non “statalistica” della struttura economica e sociale.
“Liberale” non vuol dire “liberistico”: non afferma la selvaggia liberalizzazione di merci, commerci e produzione; ma si richiama bensì a quella concezione che vede il rapporto stato/cittadino come un contratto reciproco, in cui i servizi siano medio-proporzionali alle tasse richieste; un contratto stato/cittadino che è l’opposto sia di un’ingerenza del primo nelle attività economiche del secondo, sia di un assistenzialismo volto a compensare vacanze produttive; un contratto che giunga a portare tanta più società e quanto meno stato possibili, seguendo il principio eminente della sussidiarietà come modello per la struttura economico-sociale.
L’aggettivo “occidentale”, a proposito del Circolo, vuole richiamare il forte legame con la tradizione dell’Europa, aperta sì al dialogo, ma non alla relativizzazione o messa fra parentesi della propria identità in nome di un mondialismo che disperda le radici nella vuotezza ideologica di una massificazione egualitaristica . Dirsi “occidentali”, qui, significa credere ai fondamenti della propria cultura come proposta positiva attraverso cui affrontare la dimensione realmente planetaria della politica attuale; significa prendere su di sé, per contrastarlo, quel destino di cupio dissolvi della nostra civiltà che Oriana Fallaci, più lucidamente di altri, ha saputo scorgere profeticamente nelle macerie delle Twin Towers.
Dirsi “occidentali”, inoltre, significa affermare con forza e senza mezzi termini il nostro vivo legame con gli Stati Uniti d’America, con la coraggiosa politica estera intrapresa dagli States. Significa pensare Stati Uniti e Europa come due entità reciproche e inseparabili, dalla comune origine, e legate da una fraternità e vicinanza antropologiche indimenticabili. Significa essere prossimi al modello umano e civile che gli Stati Uniti difendono.
Dirsi “occidentali” significa qui affermare la profonda, indimenticabile vicinanza ad Israele, quale unica democrazia mediorientale, quale Stato nato dalle tragiche ceneri di Auschwitz; quale popolo la cui cultura ha intriso e dato un apporto preziosissimo e fondamentale alla storia del mondo; quale origine e custodia del credo religioso della nostra civiltà. Vuol dire difendere strenuamente il diritto a esistere dello stato d’Israele.
Dirsi “occidentali”, infine, significa appartenere all’Europa. Ma non a quell’Europa intesa come un Super-stato burocratico dimentico delle proprie radici fondanti. Bensì all’Europa che ritrova la propria identità, nelle sue radici culturali e spirituali, proprio nella difesa e nella salvaguardia delle sue peculiarità nazionali e territoriali. Un’Europa come identità di differenze ineliminabili che, in questo, si rivela essere la più vera “terra”, alla quale antropologicamente apparteniamo.
Cristiano, liberale e occidentale in questo preciso senso, il Circolo della libertà della provincia di Fermo si propone di essere una realtà politica in grado di contrastare, anzitutto, la nefanda egemonia culturale stabilita in Italia dalla Sinistra nel corso di un Cinquantennio.
Nel “patto” inconfessabile di stabilità che dalla caduta del Fascismo, per cinquant’anni, ha retto l’Italia, la Sinistra ha infatti “appaltato” ogni organo culturale: dalle Università, ai giornali, all’editoria, al cinema, alla letteratura, alla critica intellettuale. Il risultato di ciò è stata l’epurazione di tutta una serie di pensatori e di valori – quali il primato dell’individuo e della tradizione – contrari e corrosivi nei confronti dei parametri della ideologia marxista. In questo modo, un fatale processo storico-politico ha espulso (in nome dell’ “anti-fascismo”) dall’orizzonte culturale ogni riferimento differente rispetto al pensiero dominante, relegando a voce fioca ogni pensiero altro, e giungendo alla drammaticamente menzognera equazione fra “cultura” e “sinistra”.
Se l’entrata in scena in Italia di Silvio Berlusconi, dagli anni ’80 a oggi, ha in parte mutato questa situazione a livello economico-politco, sul piano più strettamente culturale si è registrata tuttavia una fatale carenza. A tale carenza, oggi il Circolo della Libertà vorrebbe rispondere, costituendosi come un forte think-thank per una nuova generazione di intellettuali, scrittori, storici e insegnanti, che possano leggere alternativamente la realtà, spezzando finalmente il regime di occupazione gramsciana instaurato in Italia sciaguratamente dalle forze marxiste.
In questo senso, il Circolo può trovare consonanza con grandi organizzazioni che, in questi anni, stanno sorgendo e sono sorte nel mondo occidentale, ripensando la realtà politica a partire da una ben precisa cultura di riferimento. Così accade in organismi quali la American Enterprise Foundation negli Stati Uniti, la Fundaciòn FAES creatasi in Spagna attorno ad Aznar, la Hans Seidel Stiftung in Germania – entità cui il Circolo della Libertà vuole guardare come modelli di riferimento e di confronto.
Il Circolo della Libertà, come questi grandi organismi internazionali, si motiva quindi, anzitutto e fondamentalmente, sul piano culturale: come organismo parapolitico in cui il Centrodestra possa ritrovare, attorno al blocco valoriale di determinati principi, la propria identità unitaria e fondante, al di là degli schematismi di partito. Come detto, infatti, il grande collante del popolo del Centrodestra è l’insieme di valori che, pur con ascendenze differenti, vengono condivisi.
L’appartenenza a un determinato partito non è quindi condizione contraria (e nemmeno necessaria) per l’adesione al Circolo, il quale intende ospitare, pur nella viva dialettica dei suoi vari componenti, l’unità di fondo propria del popolo delle libertà a livello culturale. Il Circolo trova inoltre le sue motivazioni a livello politico, specificamente nella situazione italiana.
L’Unità del Centrodestra pare infatti essere il vitale continuamento del processo iniziato con l’evoluzione della II Repubblica. Un Centrodestra unito è cioè il naturale proseguo di quel cammino storico-politico iniziato con la discesa in campo di Silvio Berlusconi, la quale si è opposta a quella che sarebbe stata una pacifica presa di potere da parte delle forze sinistre, dopo la fine della conduzione cinquantennale della DC in Italia. In Italia si è invece creato lo spazio per una nuova azione nella cosa pubblica, in cui una forza diversa, liberale e conservatrice, fungesse da polo catalizzatore.
È sorto così un inaudito soggetto politico, in grado di aggregare le disperse forze del Centro e le esiliate forze delle Destre in una potente e non artificiale unità. Unità che oggi sembra realizzarsi compiutamente, secondo un vero sviluppo politico, nella federazione coalizzata di un Centrodestra unico – a partire dai Circoli della Libertà. Il naturale proseguo di questo grande processo non può essere la restaurazione di un grande Centro, nel quale le volontà degli elettori risultino ininfluenti rispetto a un patto di stabilità fra forze moderate per mantenere il potere; questo processo storico-politico ha invece il suo naturale e più giusto sbocco nella creazione di un polo unitario che, pur mantenendo le differenze interne a tutti i partiti della coalizione, possa costituire una Federazione unita, di cui il Circolo della Libertà vuole appunto essere, in nuce, la prima espressione reale.
Mai come oggi, infatti, possiamo osservare, sia in Italia che a livello europeo, una vera e profonda alternativa antropologica, nella quale si inscrive la politica: gli uomini e le donne si schierano, in maniera opposta, sulle questioni fondamentali. Il modello politico verso cui dovremmo muoverci è allora un bipolarismo di tipo statunitense, che la faccia definitivamente finita con i ricatti dei micropartiti, e con il conseguente immobilismo politico che ne deriva. In tale bipolarismo, si fronteggeranno apertamente, da un lato un futuro “partito democratico” delle Sinistre (che dovrà necessariamente appiattirsi su, oppure rifiutare, le forze massimaliste e comuniste); dall’altro lato una Federazione delle Libertà, unita invece a livello profondo secondo quelle dinamiche di cui il Circolo della Libertà vuole tracciare i futuribili perimetri d’azione e di base culturale.
In un senso reale e decisivo, il Circolo della Libertà è dunque un movimento parapolitico di avanguardia, il quale si prende cura del feto ancora non-nato nel ventre di un’Italia incinta, nella ferma speranza che possa nascerne uno splendido individuo. In questa prospettiva, il Circolo della Libertà, dati i suoi principi e i suoi scopi, assume una posizione fortemente critica – ribelle – nei confronti di molte forze politiche odierne e pensieri oggi tristemente dominanti. Quello che il Circolo della Libertà si propone è infatti una reale Rivoluzione Conservatrice, in nome di forti principi, e contro la gran parte dei movimenti e dei pensieri oggi imperanti.
Il Circolo della libertà si pone - contro il relativismo, quel relativismo che Ratzinger ha saputo lucidamente denunciare come la malattia mortale dell’attuale Occidente. Il relativismo è quel pensiero che vorrebbe ogni cosa e ogni principio equipollente, relativizzabile al contesto contingente in cui è espresso. Da ciò risulta quello che Marcello Pera, le cui riflessioni possono per noi fungere da modello, ha giustamente descritto come una paralisi fatale, che pone l’Occidente in una profonda incapacità di affermare la propria identità: di dire “io”. Noi crediamo invece alla possibilità, pur nell’apertura necessaria del dialogo con ogni alterità, di reperire valori fondanti, assoluti: non relativi al contesto e al soggetto; - contro lo statalismo, che vede il cittadino come un mero tassello di un organo principale in base al quale, e in funzione del quale, indirizzare la propria energia vitale, la propria produzione economica, il proprio credo politico, a discapito di una visione liberale della economia basata sulla sussidiarietà; - contro il centrismo, che vorrebbe restaurare, abolendo la reale e attualissima dialettica del bipolarismo, una concezione della politica come luogo del potere in cui le opinioni dei singoli risultano impotenti, nei confronti delle grandi alleanze di potere prive di nette posizioni valoriali, ambigue nella loro fede politica; - contro il multiculturalismo, che pensa la mescolanza delle varie culture, a costo delle sparizioni delle stesse, come un fatto positivo; che, ritenendo le singole culture come tutte equivalenti, può pensarne una unificazione massificante; - contro il mondialismo, in cui le appartenenze umane al proprio territorio e alla propria Patria siano messe tra parentesi, considerando fittizio ogni confine e ogni appartenenza a una Terra come una vana e perduta passione; - contro il pacifismo, che scorrettamente si richiama al concetto di “pace” e sventola bandiere arcobaleno fregiandosi di difendere il diritto alla vita, come se l’essere contrari alla morte, trovandola ripugnante, fosse proprio solo di una parte politica; come se le decisioni belliche fossero scelte frivole e capricciose, quando invece sono proprio i conflitti armati a permettere loro di sventolare liberamente quelle bandiere, ingrassati dal sangue delle vittime di cui si definiscono gli esclusivi paladini; - contro il laicismo, che vorrebbe relegare la forza del credo cristiano alla sfera privata, escludendo i principi che ne derivano dalla politica, dalla scuola, dalle azioni di governo, e dalle regolamentazioni giuridiche; - contro il lassismo morale e pedagogico, frutto di quella che Nicolas Sarkozy ha saggiamente criticato come la “generazione degenerata del ‘68”, e secondo il quale ogni costrizione sarebbe da cancellare e ogni autorità da abbattere, lasciando che tutto sia possibile, se desiderato e voluto; - contro il buonismo, che in nome del vocabolario politically correct fa della politica il luogo in cui parlare di nulla; che non permette di esprimere apertamente e sinceramente opinioni forti, riducendo l’agone pubblico a un vuoto e cretino formalismo; che infine conduce a non discernere più ciò che è giusto da ciò che non lo è; - contro il finto anti-fascismo, attraverso cui vorrebbe imporsi la Storia di un’Italia basata sul rifiuto, la rimozione, e la trasfigurazione del suo passato; attraverso cui viene attaccato ogni pensiero che voglia riscoprire i valori autentici dell’umano, alternativamente all’egemonia gramscianamente criminale del pensiero di Sinistra – come fra gli altri ha ben mostrato Marcello Veneziani, riflettendo in questi anni con intelligenza critica sulla cultura contemporanea; - contro il politicismo di tanti esponenti di partito che usufruiscono delle proprie cariche per attività vuote, arrivistiche e personalistiche, senza valori di riferimento e in maniera del tutto scollegata rispetto al popolo; - contro lo squallore tragico cui è stata ridotta la scuola pubblica italiana, nel completo e più totale svilimento dei ruoli dell’insegnante, dell’alunno e del sapere, e che non potrà che condurre su lidi di ignoranza e incapacità la società a venire; contro una scuola dimentica di quel concetto di educazione che, come insegna Luigi Giussani, è una “introduzione alla realtà totale”; - contro la depressione endogena della cultura dell’Occidente, incapace di rispondere, dall’interno, con “rabbia e orgoglio” alla sfida decisiva che oggi pone in gioco la sua identità; una depressione che conduce la nostra civiltà a sentire colpa per i nostri costumi e vergogna per le nostre tradizioni; una depressione per cui l’Europa perde natalità, competitività, e unità contro il nemico del terrorismo: nemico comune a noi e a quella parte dell’Islam che desidera vivere pacificamente e conformemente al costume e alle leggi occidentali il proprio credo; una depressione che la conduce a isolarsi dagli Stati Uniti; una depressione che rinnega i valori fondamentali della famiglia, della sicurezza, del territorio: della libertà; una depressione che conduce a un’apertura irrazionale e irregolata delle frontiere, con danni gravissimi sia per gli immigrati che per gli ospitanti; una depressione che drammaticamente conduce all’oblio delle radici cristiane, romane e greche della nostra civiltà, verso un rifiuto suicidario di quello che siamo. A partire da qui, il Circolo della Libertà della Provincia di Fermo si propone un’azione pubblica da svolgersi con strumenti: culturali, organizzando convegni e conferenze, dibattiti e seminari, e intervenendo su giornali, TV, riviste; aggregativi, coinvolgendo gli uomini e le donne del nostro territorio in manifestazioni realizzate a partire dai valori comuni accomunanti; politici, intervenendo nella cosa pubblica in prima persona, prendendo parte a elezioni, enti comunali, provinciali, regionali, nazionali ed europei, e facendo sentire attivamente la propria voce, conformemente ai principi ispiratori.
Se il Circolo porta impresso nel suo nome “la Libertà”, ciò accade in quanto esso si propone di difendere, a tutto campo, i fondamenti della democrazia, quali valori universalmente validi, indipendentemente dai popoli, dai soggetti e dalle istituzioni; in quanto si propone di affrontare un’azione attraverso cui possa recuperarsi il senso verace, storico e filosofico, dell’Europa, a partire dalle sue radici cristiane, romane e greche; in quanto si propone di pensare, soprattutto dopo l’11 settembre, l’Occidente come unità, in cui Europa e Stati Uniti siano le diverse facce di un’unica medaglia, uniti strenuamente e senza mezzi termini contro il terrorismo: chiamando “nemico”, a voce spiegata, chiunque attenti alla nostra sicurezza come diritto fondamentale; in quanto si propone di difendere la dignità dei nostri soldati che prestano servizio in nome della patria, e per i quali a pieno titolo possiamo usare l’espressione evangelica di “costruttori di pace”; in quanto si propone di criticare una immigrazione selvaggia, che non sia compiuta regolarmente, nella ferma convinzione che sia drammaticamente deleterio e controproducente far prevalere i diritti di una comunità da integrarsi sui diritti degli individui della nazione ospitante; in quanto si propone di difendere e promuovere il principio economico della sussidiarietà, concependo il potere pubblico come uno strumento di sostegno, e non un ostacolo da superare, per la produzione e la libera iniziativa di singoli, famiglie, istituzioni, associazioni, compagnie; in quanto si propone di concepire il capitale umano come la più profonda e reale ricchezza di un Paese, e la competitività, nel senso più genuino, ampio e nobile del termine, come la modalità più giusta ed efficace per valorizzare questo capitale; in quanto si propone di affermare e tradurre in azione politica il primato cristiano e liberale della persona, realizzando l’idea in base alla quale si vive meglio con più Società, e meno Stato; in quanto si propone di ripensare l’educazione applicando il principio della sussidiarietà al sistema scolastico, aprendo la strada a una scuola diversa, nella equiparazione fra libera scuola privata e scuola di Stato; una scuola davvero formativa, in cui i docenti siano liberi professionisti, e non siano più ridotti a meri impiegati statali, impossibilitati o incapaci di trasmettere anche il più vuoto nozionismo a discenti che hanno perduto la capacità di apprendere, nel totale svilimento dei saperi; in quanto si propone di tenere fermi i principi della famiglia, fondata sul matrimonio, differente da qualsiasi altra unione contingente o accidentale, al di fuori del diritto naturale; in quanto si propone di costruire un’Europa fondata sulle varie e imprescindibili identità nazionali e territoriali, accomunate dalle condivise radici spirituali e culturali della nostra storia; in quanto si propone di avere per sempre nel cuore i principi della patria (l’Italia), del territorio (la Marca di Fermo), e del continente (l’Europa) cui apparteniamo, quali inobliabili coordinate del nostro essere uomo, con la conseguente salvaguardia del patrimonio artistico, antropologico e paesaggistico in quanto si propone di pensare l’Italia secondo i criteri di un federalismo fecondo, che possa mettere in luce le peculiarità di ogni territorio, contrariamente a ogni accentramento statalistico dell’organizzazione sociale, politica e economica ; in quanto si propone, ispirandosi a quella che Roberto Formigoni definisce una “politica della bellezza”, di promuovere l'ingegno, la creatività, la genialità e il talento, dando spazio all'iniziativa delle persone e delle associazioni , applicando concretamente i nostri principi; in quanto, infine, si propone di realizzare, in politica, i principi valoriali che costituiscono la base del nostro agire: ma non per portare, come voleva la cultura marxista, sulla terra la città celeste, dando vita (a qualsiasi, terribile costo) a una utopia realizzata: quello che il Circolo della Libertà si propone è invece una realtà utopizzata, in cui, senza mai dimenticare il rapporto con il reale, si sia spronati incessantemente a renderlo migliore, più giusto e più bello: nella direzione indicata dai nostri principi, mai realizzabili una volta per tutte, e dunque mai esauribili e abbandonabili nel nostro pensare e nel nostro agire politico.
Per il Circolo della Libertà della Provincia di Fermo potrebbe allora, mutatis mutandis, essere una sorta di principio-guida l’antico motto che i Cavalieri Medievali solevano recitare al momento della loro investitura: “La mia anima a Dio, La mia vita al mio sovrano, Il mio cuore alla mia dama, Il mio onore a me”. Fuori dal retaggio culturale medievale, questo motto può oggi possedere per noi ancora un valore profondo, e costituire una guida potente. Nel motto dei Cavalieri, infatti, torna alla luce un senso dell’umano concepito secondo quattro principi antropologici, basati sulla libertà, dei quali il Circolo vorrebbe essere, in ultima analisi, l’espressione e la traduzione politica. Oggi – nel momento in cui per l’Occidente europeo risulta decisivo vivificare proprio le dimensioni della fede, del corretto agire politico, della famiglia e dell’amore come fondamenti della società civile, del primato e del rispetto dell’individuo nella sua identità sacra e irripetibile – occorre, politicamente, una coraggiosa riaffermazione e attualizzazione di questi valori, in nome e in difesa di quell’essenza e forza dell’essere umano che riconosciamo essere la libertà.
|
30/01/2007
Altri articoli di...
Politica
Neo sindaco Fermo Brambatti, faro' giunta a otto (segue)
Nella Brambatti con il 51,04%, è il nuovo sindaco di Fermo (segue)
Luca Tomassini, riconfermato sindaco di Petritoli (segue)
Il ritorno di Giulio Conti a Monte San Pietrangeli (segue)
Remigio Ceroni, riconfermato Sindaco di Rapagnano (segue)
Successo per il CONCERTO ALLITALIA (segue)
Marinangeli: Da quando la Cgil si occupa di urbanistica? (segue)
A Porto San Giorgio cresce il turismo: +16% (segue)
Fermo
An: "Vinceremo al primo turno" (segue)
Fermana: festa insieme al Comune per la Promozione (segue)
Concerto di Pasqua con il Trio Sabin (segue)
Blitz del Corpo forestale: sequestrato anche il canile di Capodarco (segue)
Parte il dizionario della cucina marchigiana (segue)
Basket: l'Elsamec si rovina la festa (segue)
Acquista la casa all'asta e la proprietaria si vendica avvelenandole le piante (segue)
Due arresti per le rapine alle tabaccherie: ma i due sono già in carcere (segue)
Le strade musicali dell'Ebraismo nel compendio cinematografico di David Krakauer

Una serata di emozioni e scoperte

Betto Liberati