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La felicità e...

San Benedetto del Tronto | Buon Anno ! All’inizio di un anno, il 2007, che molti in Italia, ritengono sarà migliore del 2006. Lo dice un sondaggio e i sondaggi sono come gli auspici della Roma antica: hanno sempre ragione.

di Renato Novelli


L’economia mondiale va bene: crescita al 3,2% fin dall’anno Duemila. Nella società capitalistica post – industriale, fondata sull’espansione di tutto, c’è un parametro economico a crescita zero: la felicità. I consumi di lusso si espandono a cascata dalle classi ricche a quelle agiate e ai ceti dal reddito medio. Chi è critico lo è in nome degli esclusi, che sono molti e sempre più poveri rispetto al popolo del benessere.

Ma per un processo economico inevitabile, il lusso diventa una necessità di cui non si può fare a meno. I beni e le abitudini esclusive, si trasformano in elementi acquisiti ed indispensabili per la vita. Per di più, i beni cosiddetti “posizionali”, ovvero i consumi simbolici di status, contengono una diabolica antinomia: hanno valore per chi li ha, solo se altri non possono averli.

L’economia globale ha detto addio alla vita di comodi privilegi sicuri dei ricchi delle società capitalistiche tradizionali ed ha inaugurato un periodo di frenetiche ricerche di elementi di distinzione nei consumi, di fatiche insostenibili per accedere a livelli di vita ritenuti socialmente accettabili. Il tempo libero è divenuto complesso e più che distendere, stende a terra i praticanti nella ricerca della perfezione dei mezzi e della serietà affannata della attività prescelta. Per farla breve, il capitalismo ha cambiato il mondo, ma nel suo stadio più recente produce infelicità.

Trasferisce ai sentimenti la precarietà, la concorrenza, la durezza del mercato. Il fatto potrebbe essere filosofico ed esistenziale. Invece la felicità, come detto sopra, è uscita dalla sfera privata ed è
entrata in quella economica. Robert Fank (Cornell University) nel libro “Luxury Fever” dice che siamo nel mezzo di anni di consumi simbolici che ricordano gli eccessi spettacolari della Gilded Age americana (la grande rivoluzione industriale degli USA che va dal 1865 ai primi del Novecento) , con la differenza che allora, il consumo agiato riguardava un piccolo numero di famiglie di grande ricchezza ed oggi il boom dei consumi coinvolge un vasto numero di persone.

Sara J. Solnick (American Economic Review) ha posto un campione di fronte all’alternativa di avere un reddito di 50.000 US in un mondo dove la media è di 25.000 USe un reddito di 100.000 US in un mondo dove il guadagno medio è 200.000 US. Il tutto annuo. Il 50% ha risposto c di preferire la prima alternativa. Il consumo infelice che ci opprime è fondato sulla tendenza affannosa alla distinzione e alla rivalità con milioni di altri cittadini nazionali e mondiali. La gara produce dis – economia. Corriamo, lavoriamo, consumiamo affaticandoci e diventando stanchi e confusi permanenti.

La confusione e la stanchezza costano alla società più di quanto si pensi. Perché i mercati chiedono organizzazione, gente che si realizza nel lavoro e ci crede, capacità di formazione continua, disponibilità a cambiare. E forse anche consumi riflessivi. Nel tempo libero e nel tempo di lavoro. Se cerchiamo di essere felici, stiamo producendo buona economia. Stare bene è più importante che stare sul palcoscenico. E gli esclusi dal benessere possono recuperare tranquillità. Anno Nuovo, vita nuova. Meditiamo

03/01/2007





        
  



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