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Ma io conto per te?

| LORETO - A tu per tu con gli adolescenti ed il loro mondo

A tu per tu con gli adolescenti ed il loro mondo, rischiamo sentenze…
”sono disadattati, cattivi, depressi, problematici, una generazione ad alto rischio…”.

Ed ancora:
” riempiono il loro tempo di alcool, le pasticche da discoteca, gli spinelli a scuola, la delinquenza nelle periferie, la guida spericolata, il bullismo e la violenza…”.

L’adolescente si adegua all’essere considerato un problema, invece che una risorsa….
”Voi pensate che sia un delinquente o un buono a nulla ed io, siccome non ho modo né voglia di convincervi del contrario, mi comporto come un delinquente, o un buono a nulla”.

La stragrande maggioranza degli adolescenti non è “questo” e non corrisponde alle suddette sentenze”.

Sono ragazzi come tanti, che magari hanno messo in atto comportamenti a rischio, ma in cui non è consolidata alcuna patologia. Ragazzi che comunque non hanno abbandonato la scuola...
e…. vivono in famiglia….
I nostri figli insomma.

La realtà effettiva (età, scuola, residenza,ambiente di provenienza…)non parla affatto di devianze adolescenziali. Smentisce pure che sia l’uso di sostanze psicoattive il comportamento a rischio più diffuso fra gli adolescenti.

Certo la famiglia: quella dei ragazzi più a rischio risulta spesso inadeguata ad offrire risposte confortanti e orientative.Famiglie che adottano comportamenti e stili educativi autoritari oppure permissivi fino a sfociare nell’indifferenza o nell’assenza educativa.

Certo l’informazione non risulta essere un deterrente ai comportamenti estremi. Gli adolescenti sanno benissimo che ciò che fanno è pericoloso, ma lo fanno lo stesso. Sicchè è illusorio pensare che sia l’informazione il deterrente più efficace.
Occorre piuttosto capire che funzione hanno questi comportamenti,quali bisogni esprimono, quali messaggi i giovani inviano .

I comportamenti auotodistruttivi o pericolosi sono frutto di scelte non sempre consapevoli, di valutazioni generiche; atteggiamenti che si connotano come una ricerca, di adattamento, che sfocia nel rischio perché, chi li mette in atto, non ha trovato altra strada per affermarsi. Per tutti il “fattore stabilizzante” è la difficoltà di CRESCERE.
Perciò, per prevenirlo è necessario attivare per tempo “fattori protettivi” efficaci in:

• FAMIGLIA: regole ed esigenze, ma anche supporto emotivo- affettivo,dialogo perché i giovani possano sentirsi accolti e riescano a”radicarsi”.

• SCUOLA: rispetto, partecipazione, valorizzazione, ma pure chiarezza e consapevolezza nella proposta di regole e coerenza nella richiesta di rispetto delle stesse.

• Attivazione di percorsi di corresponsabilità scuola-famiglia;una progettualità condivisa volta alla prevenzione del disagio.

• Ideazione di strumenti-approcci didattici utili per la gestione dei conflitti e delle emozioni.

• COMUNITA’: occasioni di aggregazione e riflessione su di sé e sul mondo, ma anche opportunità di fare insieme qualcosa di utile perché i ragazzi e le ragazze imparino a vivere le tappe della propria evoluzione e a convivere con le difficoltà che ogni crescita comporta.

I giovani, rispondono quando “toccano” l’essere;quando si sentono valorizzati, trattati come risorse ricche di spunti persino per il mondo adulto. In questo modo trovano conferma del loro valore, della loro utilità sociale e sentono di appartenere:alla famiglia, al gruppo e al territorio.
Ai ragazzi occorre ricordare che sono loro i primi attori del proprio sviluppo. Non sono determinati da nessuno: come tutti,hanno dei limiti delle possibilità.
Fare appello alla loro responsabilità, alla loro capacità di prendere in mano se stessi e la propria vita è il miglior modo di aiutarli a CRESCERE e ad incamminarsi serenamente verso la loro “adultità”.

Saper rispondere alle domande che gli adolescenti pongono più o meno implicitamente. “ ma io conto per te”?.......
Come mi vorreste?
Quanto Conto per te ? Quanto contiamo per voi?
Quando sono importante? Quanto siamo importanti?
Impegnarsi per trovare le risposte alle domande che i ragazzi e le ragazze rivolgono, prima alla famiglia per poi estenderle alla società, è il primo accesso possibile;primo, ma non unico in quanto:
“Una risposta non merita mai un inchino: per quanto intelligente e giusta ci possa sembrare, non dobbiamo mai inchinarci a una risposta. Una risposta è il tratto di strada che ti sei lasciato alle spalle. Solo una domanda può puntare oltre». ».
I giovani, chiedono, pongono quesiti, ci interrogano e noi possiamo aiutarli con risposte che siano il frutto di domande ulteriori confrontate e validate nell’incontro di soggetti diversi per competenze ed esperienze.
Per soddisfare bisogni in continua evoluzione sono necessarie molteplici risposte che, a loro volta, generano nuove domande.
Domande di persone che si impegnano per la costruzione di un patto educativo, per la crescita armonica che coinvolga le istituzioni pubbliche e private, l'associazionismo, il privato sociale, le altre agenzie educative, le famiglie, anche attraverso intese formalizzate.
Persone che rivolgono le loro attenzioni alla globalità della popolazione giovanile, e non solo a quella a rischio di emarginazione, mediante percorsi educativi differenziati sulla base dei bisogni rilevati. Percorsi che prevedono anche interventi di animazione del contesto sociale come attivazione e valorizzazione di risorse e competenze esistenti , con l’intento di accompagnare, informare-orientare, sostenere e appartenere

Il DISAGIO
Si manifesta come uno stato emotivo che si esplicita attraverso un insieme di comportamenti disfunzionali che impediscono ai soggetti di vivere serenamente e costruttivamente la vita.
Origine del disagio
Un disagio che nasce dal sentirsi diversi in un mondo corrispondente forse per altri e non per sé.
Le condizioni di malessere inespresse , se non riconosciute e orientate , ostacolano anch’esse il percorso di costruzione dell’identità.
Un’identità confusa e frammentata impedisce la realizzazione di quel legame fra identità individuale e identità sociale.

IL DISAGIO CONDUCE

Il disagio conduce al DISORIENTAMENTO che a sua volta, considerato nel suo duplice significato può condurre allo

SMARRIMENTO o alla RICERCA.


SMARRIMENTO quando si manifesta… come:

„l mancanza di centratura (fisica – psichica)
„l allontanamento dagli altri (figure di riferimento)
„l allontanamento da sé.

RICERCA come di nuovi orizzonti o recupero del già vissuto memoria.

QUALE DISAGIO?
Disagio scolastico:
disagio fisiologico
disagio sociale
disagio affettivo
disagio relazionale
disagio cognitivo.

Spesso è la scuola che per prima evidenzia le difficoltà di ordine cognitivo e tende a riconoscere i problemi di ordine relazionale come condizioni di malessere solo quando evolvono come problematiche relazionali.
L’idea di disagio scolastico può essere ricondotto a tre categorie:
„Æ difficoltà di apprendimento
„Æ difficoltà relazionali
„Æ difficoltà emotivo – affettive
„Æ
Le parole della prevenzione.

Accoglienza
Attenzione
Ascolto
Relazione – Impegno
Strategie educative.


LE AZIONI DELLA PREVENZIONE

Leggere anche il disagio latente , spesso inespresso legato a bisogni culturali, materiali e psicologici.

Volgere attenzione al disagio SOMMESSO e SOMMERSO.

Creare un ambiente “sufficientemente buono” che favorisca la sicurezza emotiva e l’iniziativa cognitiva.

Comprendere per entrare in sintonia .
COMPRENSIONE fatta anche di sguardi, di attenzione alle piccole cose.
L’adulto però non deve obbligatoriamente piacere o diventare piacevole ma deve porsi come riferimento – aiuto autorevole .
Relazione d’aiuto: per comprendere bisogna anche conoscere quindi, prima entrare in relazione e poi aiutare.

Promuovere un sistema formativo integrato capace di attuare forme comunicative flessibili , interattive e circolari con le istituzioni e le famiglie.

Aprirsi ad una prospettiva formativa volta ad assicurare un duplice ed irrinunciabile diritto: il diritto alla diversità che richiama immediatamente il diritto all’uguaglianza delle opportunità.

Lavorare sui limiti / errori sui conflitti; imparare a “so-stare” nel conflitto.

Attivare forme flessibili di comunicazione formativa .


Fiore della strada dove vai
(...) angelo
di strada cosa fai
ti hanno messo via
perchè nessuno veda come sei
per nascondere il peggio di noi

(...)angelo
della strada stai sognando
ma nemmeno il sogno e' tuo
non somiglia a te
fra la colla e il fumo stai volando
senza chiedere perche'
quello che ora vedi non c'e'

(E.Ruggeri)



Concludiamo sulle note di una canzone senza la presunzione di aver esaurito l’argomento.
Il fiore e la strada :
due parole che si affiancano in un connubio insolito.

La prima , il fiore che ci ci suggerisce come, di fronte a tematiche pesanti del disagio occorra agire con lievità e leggerezza senza ricercare un risultato immediato dei nostri sforzi.
La personalità di ognuno di noi è simile ai giardini dove esistono zone in ombra, ripostigli per i detriti.
Vivere ogni giardino (personalità) con le sue zone di luce e di ombra significa accogliere nuove nascite ed imparare, in modo amabile, a distinguere il senso del limite e del divieto, dell’impazienza e della frettolosità, della casualità, dell’imponderabile e del possibile.
Il bambino, la bambina che non riescono a costruire una chiara percezione di sé , dei propri limiti (confini) e delle proprie potenzialità viste in questo caso come possibilità per superare lo steccato, (sognare il futuro e pensarsi al futuro) non riuscirà differenziarsi come soggetto unico e irripetibile e sentirsi socialmente riconosciuto.
Esercitare la mediazione per aiutare i bambini , oggi spesso senza limiti, a ritrovare validi punti di riferimento.

La strada invece ci rimanda all’idea del cammino, del viaggio, metafore sicuramente usate e abusate, ma in questo contesto non perdono né di originalità né di autenticità.
Nessun apprendimento infatti evita il viaggio. Ogni occasione formativa-educativa ed esistenziale spinge all'esterno.
Si esce dal ventre della madre, dalla culla, dalla casa del padre, si salutano paesaggi familiari per avviarsi su strade nuove.
I ragazzi partiranno - affronteranno itinerari sconosciuti, ma se si muoveranno su mappe proposte da adulti che hanno saputo prendersi cura di loro non si sentiranno soli; sapranno girarsi indietro, saranno capaci di chiedere e, se necessario, sapranno ritornare senza “perdersi”, perché hanno saputo segnare la strada con i sassolini che noi provvidenzialmente abbiamo loro offerto.

L’intento di questa riflessione non è quella di offrire certezze e/o ricette, ma vuole aprire uno spazio per chi desidera: porre domande ulteriori, narrare esperienze, proporsi con riflessioni altre.
E’ un invito ad un nuovo viaggio.
Un modo anche questo di porsi in cammino ....guardando i giovani allontanarsi .


(...) Abbiamo capito che gli uomini e le donne possono educarsi tra di loro, far lega insieme a miglior fine.
Quale?
Accompagnarsi l'un l'altro, i piccoli davanti ai grandi, sempre un passo avanti, fino a quel luogo che è appena un'esile linea di confine, là, dove la terra finisce e il mare comincia...
I più grandi saliranno sulle dune di sabbia che sbarrano le rive e da lassù guarderanno i loro figli guadagnare a lente bracciate un orizzonte che loro solo intravedono (...)
Ma senza la promessa che persuase i padri, i figli non avrebbero mai provato il sapore del mare.
(...) I maestri, tremeranno e goderanno, tramontando all'altrimenti senza rimpianto.
Non hanno paura, perché ogni istante hanno voluto tramontare, essere un passaggio appena, un transito, un varco all'altrove..
Massimo Pomi

Se per gli adulti l’emigrazione è la conseguenza di una decisione forse sofferta ma ponderata , per i bambini è un evento subito.
Le difficoltà che incontrano gli adulti (ricerca di un alloggio, precarietà del lavoro, l’impatto linguistico) per i bambini rappresentano afflizioni e creano stati d’ansia.
L’allontanamento dalla terra d’origine e dagli affetti, le difficoltà di inserimento nel tessuto sociale e culturale del paese che lo ospita, rischiano di far sentire doppiamente straniero i bambini immigrati.
Quindi nuove forme di disagio:
„l Disagio di sentirsi straniero
„l Disagio della parola.

…Anche un disagio dovuto all’incapacità di trovare risposte all’esigenza di una comunicazione interpersonale forte , efficace e coinvolgente e dall’ impossibilità di riuscire ad esprimere emozioni e vissuti .
L’apprensione di non riuscire a comunicare, utilizzando parole proprie, .con altro e altri, di raccontare e di raccontarsi.

26/11/2006





        
  



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