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Stadi vuoti tasche piene

San Benedetto del Tronto | Analisi del calcio malato e "provocatorie"soluzioni.

di Francesco Tranquilli


Un fondo malinconico di Michele Serra sulla Repubblica di sabato descrive l’amarezza del tifoso alla vista degli stadi di serie A e B sempre meno frequentati, con pessimo effetto sulle riprese TV.

Forse il popolo italiano, fra i più “pallonari” (in senso buono?) del mondo, sta giungendo al punto di saturazione?

Anche un tifoso per modo di dire come me, che non ho mai messo piede in uno stadio nemmeno per un incontro professori-studenti, può provare ad individuare alcuni punti problematici che forse aiutano a spiegare il fenomeno:
i problemi di ordine pubblico legati al calcio, talmente cronici che da tempo non fanno più notizia (scontri fra tifosi, saccheggio di autogrill, devastazione di treni) malgrado lo spiegamento di forze dell’ordine (pagate, ricordiamo en passant, dall’intera collettività);
l’aumento vertiginoso negli ultimi anni dei prezzi dei biglietti e degli abbonamenti, allo scopo di turare con le dita degli spettatori le falle dei conti societari;
l’aumento altrettanto rilevante dell’offerta alternativa su pay-tv, digitale terrestre, videofonini e chissà cosa domani;
la recente caduta di credibilità del sistema calcio per i ben noti fatti e le ben note parole intercettate, che fa sì che ormai nemmeno il verdetto del campo sia più inappellabile. Anzi.

Non c’è niente di strano, da un certo punto di vista, che la reazione delle persone “normali” sia di disaffezione e stanchezza.

Da quando le maggiori società si sono quotate in borsa, il calcio come sport, dove contano essenzialmente agonismo, capacità atletiche, schemi di gioco, invenzioni dei grandi campioni, è morto o moribondo. Business, bilanci, diritti pubblicitari, diritti tv e diritti d’immagine sono le prime voci all’ordine del giorno nelle riunioni societarie.

Se fino a dieci anni fa perdere una semifinale di coppa era una “tragedia” sportiva, oggi è un Tracollo Finanziario, vanno in fumo molti milioni di euro. Questo ha portato anche ad un incremento esagerato del numero d’incontri annuali, con conseguenti problemi di sovraffollamento e di usura atletica (ma questo aspetto andrebbe trattato a parte).

Tirando le somme se bisogna spendere duecento euro (e mi tengo basso) per un biglietto di una partita di coppa + i soldi per la trasferta (magari alle 21 di una sera di febbraio), e con dieci euro la stessa partita me la vedo a casa in multi-angolo su schermo HD con home-theatre compresi birra e rutto libero di fantozziana memoria, che c’è di strano se sempre meno persone optano per la prima scelta, più passionale, certo, più avventurosa, più romantica, forse, ma sempre più disagevole e cara?

Michele Serra, nell’articolo già citato, suggerisce di stipendiare comparse per rimediare alla vuotezza degli spalti. E’ un’idea brillante da sviluppare. Dunque.

Scenario possibile degli anni 10 del XXI secolo:
I biglietti per le partite non si venderanno più: gli stadi saranno riempiti, come oggi gli studi televisivi, da figuranti accuratamente selezionati fra i più telegenici e meno aggressivi, con bella mostra di donne, anziani e bambini, anche piccolissimi. Magari con show di cheerleaders e spettacoli circensi all’intervallo. Bruno Vespa condurrà beato quattro volte a settimana su RaiUno il dibattito dopo-partita, senza nemmeno cambiare il titolo della sua attuale trasmissione.

Tutti i “tifosi” godranno beati di abbonamento TV a tutte le partite della propria squadra con tariffe ridotte grazie a finanziamento statale, compensate con i risparmi sugli straordinari di poliziotti e carabinieri, i quali potranno tornare ad occuparsi dei criminali invece che degli ultra-idioti da stadio.
Produttori di televisori, hi-fi, videofonini, inserzionisti pubblicitari, presidenti e amministratori delegati di società di “calcio” (questo vecchio brutto nome sarà stato nel frattempo cambiato) lucreranno beati come mai profitti fantascientifici.

Resterebbero allenatori e calciatori, l’anello debole della catena, persone con occasionali problemi di rendimento atletico e talvolta psichico (i primi vogliono fare di testa loro e non schierano in campo il Ca.Ca., ovvero Campione Carissimo, gli altri ragionano coi piedi e talvolta segnano durante i messaggi dello sponsor!).

Ma si troverà certamente un format adeguato per rendere beati anche loro. Simona Ventura è già al lavoro sul progetto.

15/11/2006





        
  



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