Una riflessione sull'identità europea
Servigliano | Un interessante convegno. Le parole del prof. Antonio Santori, uno degli organizzatori dell'incontro
Un convegno di grande intensità e spessore, quello tenutosi l’altro giorno al teatro comunale di Servigliano, organizzato dall’Associazione culturale Identità Europea, insieme al prof. Antonio Santori, ideatore di Europe. Un primo passo verso la terza edizione del grande festival culturale del fermano, che partirà verosimilmente ad inizio 2007, ed una riflessione profonda, a tratti provocatoria, su “Neocons tra reinvenzione della storia e prassi”.
Un viaggio con autorevoli voci del mondo accademico italiano sul mondo americano dei neoconservatori, i loro valori, ed un dibattito sui valori dell’Occidente, o, come qualcuno ha avanzato, tracciando una netta divergenza tra Europa e Stati Uniti, gli Occidenti. Protagonista lo storico Franco Cardini, che ha chiuso il convegno, con una sconvolgente relazione, riccamente documentata, sull’inquietante possibilità di una verità diversa sull’11 settembre, e di un complotto interno che poco ha a che vedere con Al Qaeda ed Osama Bin Laden. Quelli che seguono sono i passaggi più significativi dell’intervento del prof. Antonio Santori in apertura del convegno, una ricca riflessione sull'identità europea e l'importanza di interrogarsi.
“Europe Festival ha tentato in questi anni di definire l’Identità dell’Europa a partire dall’arcipelago fi culture, esperienze, verità riassumibili nel termine Europe. Perché così è in effetti il nostro continente, un continente al plurale, come la nostra Regione, un mosaico, un crogiolo di identità. Una moltitudine, una moltitudine che non ebbe quasi mai un’unità civica o politica o storica e che pure ebbe sostanzialmente una sua unità civile, culturale e soprattutto spirituale. Una moltitudine di identità. Una sola moltitudine? Possiamo davvero parlare di un’unica molteplicità, di un unico popolo? Possiamo davvero parlare di popolo europeo? […] Sentiamo tutti di vivere in un’epoca nella quale è favorita una grande confusione anche riguardo al contenuto della parola io. Per questo è per noni terribilmente difficile rapportarci ad un altro. Noi uomini e donne dell’Occidente europeo non sappiamo due consapevolmente tu ad un altro perché non sappiamo dire consapevolmente io a noi stessi. Il problema dell’alterità, degli altri popoli che quotidianamente si rapportano a noi è in fondo il problema della nostra identità, della nostra dimora.
"Questa dimora, questo fondamento, per l’Europa è stato in primo luogo la cultura greca. La dimora dell’Europa è abitata anche dal diritto romano, dalla rivoluzione scientifica, dalle grandi teorizzazioni dei filosofi illuministi, è abitata dalle enormi conquiste politiche e civili prodotte dalla rivoluzione francese. Ma anche le grandi lotte del movimento operaio e femminista, anche la Shoah, punto di svolta dell’Europa, il cuore della seconda Guerra mondiale, fanno ormai parte del nostro fondamento. Così come i contributi della cultura ebraica sul fronte della medicina e delle scienza economiche. E storicamente, almeno dal XIII secolo, la dimora di Europe è abitata anche dalla grande cultura islamica, dalla filosofia alla matematica, dall’astronomia alla medicina. Nient’altro? Quando accenno all’unità spirituale europea, mi riferisco a un dato oggettivo, storico, incontrovertibile. A un fatto durato 1400 anni, e che invece, per gli estensori della Costituzione europea, sembra non essere esistito. Mi riferisco all’unità spirituale scaturita dal messaggio cristiano, al Vangelo. Per il Cristianesimo l’uomo è persona, il che comporta la scoperta di un’altra dimensione dell’uomo, una dimensione distinta ma non antitetica rispetto a quella del corpo, della sfera civile, politica ed economica, in una parola laica. La dimensione della persona umana, della spiritualità. E questa dimensione ha costruito per secoli la storia di Europe, la sua arte, la sua architettura, le sue cattedrali, la sua cultura. […]
"Che cos’è il popolo europeo? Quali sono le sue radici? Sono convinto che le radici non possano che essere inabbandonabili, ma penso anche che esse siano profondamente intrecciate. Come ci ricorda Cardini le tradizioni pure non esistono: tutti abbiamo antenati lontani. In tempi di globalizzazione, dobbiamo recuperare la consapevolezza di questa complessità, di quanto veniamo da lontano, di quanto sono intrecciate le nostre radici, per comprendere tutto quel che ci unisce agli altri, tutto quel che dobbiamo loro. Penso soprattutto che senza questa riflessione sull’origine della nostra storia, avremo solo burro eccedente, quote latte, indici di produzione, tassi d’inflazione, un’Europa dei mercati, dei banchieri, dei poteri forti, poteri che, probabilmente, non sono nemmeno in Europa. Avremo un’Europa senz’anima, senza cultura, senza popolo. Un’Europa senza identità, divisa, smarrita, nel rapporto con altri popoli, con l’Africa, con l’Oriente, ma soprattutto con l’altro Occidente, quello americano, forse l’unico vero Occidente. […]
"Voglio raccontare perche è nato questo convegno. Agli inizi dell’anno è giunta una lettera di Franco Cardini, una lettera vera, arrabbiata, uno sfogo giusto per uno che “ritiene un po’ buffo che quando vincevano le sinistre io sia stato emarginato in quanto integralista che difendeva le crociate, e la destra al potere mi emargini come amico dell’Islam: io resto quel che sono, uno studioso cattolico modesto forse, ma che cerca la verità e la difende contro qualunque estremismo”. Ritengo giusto far sapere che in Italia esistono ancora intellettuali che cercano la verità e sono pronti a difenderla contro qualunque tipo di estremismo, di fondamentalismo. Contro la tendenza a creare quello che Hannah Arendt ha chiamato ‘nemico metafisico’ […]
"E a me risulta chiaro che in queso momento la malattia è già individuabile dal sintomo consueto: la teorizzazione dello scontro tra civiltà che potrebbero rendere difficile in futuro anche la possibilità della semplice convivenza. Questo convegno può essere pericoloso perché si offrono ad una comunità ed alla platea nazionale le riflessioni di intellettuali, filosofi, giornalisti accomunati dallo sforzo di non abbassare la guardia della criticità di fronte all’arroganza del potere massmediale, le riflessioni di intellettuali che pure con sensibilità culturali diverse intendono portare avanti in modo serio il tentativo di leggere la storia e la realtà senza cadere nella trappola di facili schematismi. E’ questo che risulta pericoloso, che ci siano ancora persone che pensano. Però mi hanno insegnato che da Socrate in poi il lavoro di un vero intellettuale, una persona che pensa con la propria testa, può essere percepito come pericoloso. Perché chi pensa in modo autonomo corre il rischio di essere uno che non sta bene a nessuno. Ci hanno insegnato anche che questo è un pericolo da correre guardando in faccia la realtà, la verità. Perché il pericolo vero nasce solo dall’ignoranza. Sempre".
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01/10/2006
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