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Sicurezza sul lavoro: una cultura da costruire

Ascoli Piceno | Mandozzi: “veramente poche le aziende in territorio piceno che hanno fatto della cultura della sicurezza la propria bandiera”.

Da Emidio Mandozzi, vicepresidente e Assessore alla Formazione Professionale e Politiche Attive del Lavoro della Provincia di Ascoli riceviamo e pubblichiamo:

“Cultura della Sicurezza, vero valore aggiunto di un’economia intangibile da porre come base di un rinnovato sviluppo economico che abbia come asse portante la risorsa umana. Cultura della Sicurezza, purtroppo ancora vista come “lusso” superfluo da tante imprese, anche picene, e non invece una risorsa su cui puntare mediante investimenti mirati. Il problema dell’accentuata precarizzazione dei rapporti di lavoro e la piaga del lavoro nero e sommerso”

Da Catania a Comunanza, dal cantiere della costruenda autostrada siciliana alla fabbrica di materie plastiche ascolana, c’è un dato che accomuna l’intera nazione ivi compreso le sue periferie: il mancato rispetto di adeguate norme di sicurezza sul lavoro.

Una mancanza che si fa stridente ogni qualvolta (spesso purtroppo) le cronache sono costrette a registrare incidenti con morti e feriti, come nei due casi ultimi, emblematici di una situazione grave e per certi versi paradossale, se si pensa all’Italia come un paese tra i più industrializzati e progrediti di un Occidente opulento e sprecone.

Non mi stancherò mai di ritornare su questi argomenti, che sono (dovrebbero essere) alla base di ogni politica che si rispetti. Politiche sociali e del lavoro che hanno bisogno di guardarsi “dentro” per capire se rispondono effettivamente alle esigenze dei cittadini. In questo, è del tutto evidente il ritardo scontato dalle politiche inerenti la sicurezza nei luoghi di lavoro. Ciononostante la “626”.

Non possiamo infatti far finta di nulla, magari anche indignandoci (spesso di una indignazione di maniera) quando siamo costretti a piangere le così chiamate “morti bianche”.

Al di là del rispetto (più o meno…) della legge 626/94, al di là di accordi che pure si stipulano sul territorio (emblematico quello intervenuto nell’oramai lontano 2001 tra sindacati, Provincia di Ascoli e le tre Asl), troppo poco hanno prodotto questi sforzi, visti i risultati.

L’imprenditoria locale, pur volendone lodare gli sforzi compiuti per rendere più sicure le proprie fabbriche, dovrebbe a mio avviso puntare di più sulla cultura della sicurezza in termini di vera e propria strategia industriale in grado di creare competitività aggiuntiva (economia intangibile). Quanto investono in sicurezza (ed in cultura della sicurezza) le nostre aziende? Quanto dei loro bilanci va sotto il capitolo “uscite” per implementare la sicurezza dei propri dipendenti e la salubrità degli ambienti di lavoro?

Due domande cui si sommano due fattori altamente negativi: l’aumentata precarizzazione dei rapporti di lavoro (le statistiche indicano nei primi giorni di lavoro una alta percentuale di infortuni),  e la piaga del lavoro nero e sommerso.

Bene ha fatto dunque nei giorni scorsi il presidente di Confindustria Montezemolo a denunciare senza giri di parole la concorrenza scorretta e sleale fatta da imprenditori che non rispettano né regole né contratti, ancora meglio avrebbe fatto se vi avesse aggiunto anche l’insufficiente livello di cultura della sicurezza sul lavoro di un sistema imprenditoriale che guarda alla competizione globale senza tenere in sufficiente conto chi e quanti, i lavoratori, dovrebbero rappresentarne l’asse portante.

Poche, veramente poche le aziende in territorio piceno che hanno fatto della cultura della sicurezza la propria bandiera. La coscienza umana può anche essere chetata da sincero dispiacere quanto accadono infortuni gravi sul lavoro, quella sociale e politica ha invece bisogno di dare risposte quanto più concrete possibili ai problemi dei cittadini.

01/07/2006





        
  



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