Mediterraneo
| La positività della lettura di Eugenio Montale dopo 80 anni dalla pubblicazione di Ossia di Seppia.
di Andrea Carnevali
La raccolta Ossi di Seppia, pubblicata nel 1925, comprende gli scritti di Montale di un decennio. L'esperienza di Ungaretti e della Ronda sono in questa raccolta ormai superate: la frantumazione del linguaggio e le diverse esperienze dell'ermetismo sembrano più rivolte a scelte di un lessico che mira alla precisione, al tecnicismo, ma soprattutto al gergo dei termini toscani.
La raccolta ha come tema dominate la dimensione negativa della condizione dell'uomo l'angoscia e il male di vivere che sono messi a confronto con gli oggetti. Il titolo della sezione raccolta negli Ossi di Seppia richiama al ricordo le cose morte e inanimate. Il messaggio che raggiunge il lettore in primis, è il margine in cui l’esistenza è collegata e esclude la positività dalla vita. Montale cerca un varco, una via di salvezza che non riesce a trovare /nella maglia rotta nella rete/che ci stringe/.
Nel gruppo di liriche di Mediterraneo Montale tenta di raggiungere il mare, che ha rappresenta una valenza simbolica positiva, ma non riesce, perché è convinto che le persone non riescono solo a rimanere a terra. Il mare come una furia si abbatte sul poeta e sulla terra. Arriva, anche, dove ci sono le lunghe secche. Montale viene con forza svegliato e le onde provocano sulla roccia un rumore umano come un rimprovero.
La metafora, che trasforma l'azione dell'acqua, forti e vigorosa, avvicinano due scene di una certa profondità quali la robustezza della roccia e il suono che riproduce un rimprovero serio che proviene dal mare. Il rumore che evoca una sensazione familiare, nella quale si possono ritrovare storie legate alla vita domestica, regola la vita interna del nucleo.
Esplicito è il riferimento della figura paterna del padre: /così, padre, dal tuo disfrenamento si afferma/ chi ti guardi, una legge severa. L’immagine paterna ritorna, anche, in questi versi /Oh la favola onde s'esprime/la nostra vita, repente/si cangerà nella cupa storia che non si racconta!/pur di una cosa ci affidi/ padre, e questa é: che un poco del tuo dono/ sia passato per sempre nelle sillabe che rechiamo con noi, apri ronzanti/. Il poeta davanti a questo scenario tumultuoso e violento rimane fermo ad osservare: vengono espresse le emozioni personale ed i rapporti con gli altri nel turbinio della vita.
Si assapora anche una forte estesi della cose: una certa immanenza della storia del pensiero montaliano. Il poeta. Attraverso una analogia con il mondo esterno e nel rapporto tra uomo e natura, diviene sempre più consapevole del male che c'è nel mondo e nella ricerca come un meccanismo. Montale si paragona ad un una leva che arresta la sua operazione nell'ingranaggio, quando questo si verifica. Il mare che deve essere raggiunto dal poeta, ma che per l’uomo viene completamento impietrito scoglie il con il suo canto le commozioni dell'uomo.
Il mare fa piegare il volto del poeta e il vortice d'acque che sfreccia con onde bianche e con spruzzi assomigliando a piccole ghiande. La tecnica del correlativo oggettivo montaliano descrive situazione ed utilizza la situazione simbolica da un punto di vista della soluzione tra il simbolica ed il paesaggio creato dal mare: essere rimproverato dal mare (elemento naturale), oppure assumere la durezza delle ghiande. La ricerca di aspetti naturali che si trovano nella sezione montanina si trova alla base della poetica della raccolta di Ossi di Seppia.
La lingua di questa raccolta ha un certa funzione fatica; infatti esprime lo stato poetico di Montale con le sensazioni. Il ricordo del passato trasforma il poeta in pietra e lo fa sentire come rimproverato dal respiro del mare. Il mare è umanizzato dalle onde che producono un suono simile alla voce di una bocca. Il mare non è sempre personificato con elementi umani, ma conserva anche i suoi aspetti naturali, sbattendo sulla spiaggia la lordura che raccoglie.
Non solo il poeta può ascoltare il mare e tendere verso il mare, ma anche la natura che circonda il mare si offre al mare: la pietra/ voleva strapparsi, protesa/ a un invisibile abbraccio/ la dura materia sentiva/il prossimo gorgo, e pulsava/ e i ciuffi delle avide canne/dicevano all'acqua nascoste,/scrollando, un assentimento. La natura - canne, roccia, foglie - si estende verso il mare per abbracciarlo. Il consenso descritto della natura nasconde un significato più profondo quasi allegorico: la positività svela l'approvazione del poeta all'opera del mare.
L'azione continua del mare fa Il patire dei sassi, diventando un tripudio della forza della natura. Il mare produce immagini ombrose e tristi. La sua forza disegna forme architettoniche come possenti pitture dal colore del cielo.Addirittura il mare può essere in grado con il suo movimento di disegnare una città di vetro con i propri colori, mentre faceva sentire sempre più la sua voce che da forte per il rombo delle onde, diventa un sussurro.
Con la burrasca il mare espelle i diversi oggetti che ha raccolto; l'operosità naturale non può essere raggiunta dal poeta, perché si prepara per una sosta. La vita di Montale è un secco pendio/ mezzo non fine, strada aperta a sbocchi/di rigagnoli, lento franamento. La presenza di Montale vicino al mare è la testimonianza di un ordine. La dolce risacca del mare coglie il poeta in forte sbigottimento il quale si ricorda del suo paese.Il mare è l'oggettivazione dell'emblema del poeta che pur valendo, non è riuscito a realizzare.
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12/02/2006
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