Cooper Temple Clause
| BOLOGNA - Ingiacchettati e spillettati. Il popolo indie è accorso numeroso al Covo per l'esibizione del gruppo inglese.
di Paolo Rossi
Vedo... vedo dappertutto magliette di Interpol e Primal Scream, trucco pesante sugli occhi e dark ladies...
Sicuro di lanciarmi all'ascolto di qualche svolazzamento psichedelico puramente british mando giù l'amaro boccone dei dodici euro d'ingresso e mentre aspetto con biblica pazienza da stonato l'inizio dello show faccio mente locale.
Il sestetto di Reading sale alla ribalta, solo in seguito ad un necessario incubamento da gavetta, con l'ep del 2001 "Hardware/Warfare".
Nome riconoscibilissimo da questo momento in poi all'interno del circuito alternativo d'oltremanica, quello dei Cooper Temple Clause sembra un progetto ambizioso, che viene in effetti premiato dal solido contratto con la RCA e l'edizione di "See This Through and Leave" nel 2002.
La consacrazione a livello internazionale arriva con "Kick Up the Fire, And Let the Flames Break Loose" , 2003.
Un ruolino di marcia inattaccabile, perlomeno fino a ieri sera.
Non è stata la durata dell' esecuzione (un'oretta) ad impressionarmi negativamente, né la riproposizione di alcuni vecchi cavalli di battaglia: la colpa è da imputare ad un mix di nuovi brani davvero prescindibili e un'attitudine, quella di Ben Gautrey (sempre più gallagheriano) e compagnia bella, che col rock ha ben poco a che fare.
Tastiere "à la Depeche" e ritornelli troppo simil-Nirvana lasciano immaginare la mediocrità che permeerà l'intero nuovo album; lasciatemi dirvi che il nòcciolo della questione è però la mancanza di entusiasmo intravista sul palco, mascherata da fichettismo-alternative, il peggio del peggio.
Di solito il non credere in ciò che si suona denota il principio della fine.
Magari col senno di poi verrò smentito alla grande, ma nel frattempo il voto che affibbio loro è un cinque scarso.
E sulla fiducia, quindi...
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12/02/2006
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