My fox
Sant'Elpidio a Mare | Due chiacchiere con la Volpe di Montale la donna che gli ispirò lettere e poesie
di Francesca Ripa
Era il 1947. Lei poco più che ventenne, lui poeta affermato già cinquantenne. Nell’imbarazzo lei esclama: “Viene a pranzo da me, domani?”. Lui accetta. Inizia così una tenera, amorosa, intellettuale amicizia che durerà 15 anni. Lui le dedicherà poesie e le scriverà quasi un migliaio di lettere: “My fox, my rainbow…”. Lui è Eugenio Montale, lei la sua Volpe, Maria Luisa Spaziani. Anche lei poetessa e presidente del Centro Internazionale Eugenio Montale e dell’omonimo Premio.
Venuta a Sant’Elpidio a Mare per ricordare Montale, ma soprattutto per celebrare la poesia in occasione della rassegna Attraverso la Marca. Voci della poesia italiana contemporanea, oggi a 85 anni i suoi occhi appaiono come la riva di un mare calmo, celesti, accoglienti, in continuo divenire, cheti ma implacabili. Per niente stanchi, ancora dolcemente curiosi, sempre caldi di vita. “Ma chi l’ha detto che a 85 anni non si è più giovani?” esclama sorridendo durante l’incontro di ieri mattina.
Già chi stabilisce cos’è la giovinezza? Ci sono molti ragazzi, nonostante la loro tenera età, già stanchi e delusi. Lei invece conserva ancora un forte entusiasmo. Perché questa differenza?
Probabilmente queste contrapposizioni devono essere personali, io sono così per caso. Magari tra i giovani ci sono moltissimi che un giorno saranno come me. Sa cosa bisognerebbe considerare? Il miracolo straordinario che noi siamo venuti al mondo. Veramente! Perché dobbiamo godercelo, dobbiamo sfruttarlo in pieno. Perché è talmente straordinario che noi siamo riusciti ad emergere dal nulla, venire fuori, essere accolti, essere nutriti, essere educati, imparare a leggere e a scrivere, e avere diritto ad anni di vita, che tutto questo dovremmo considerarlo di più. Se noi ci pensassimo di più, automaticamente avremmo anche personalità. Questo tempo che abbiamo imparato a conoscere e a rispettare, dobbiamo investirlo in qualche maniera, facendo qualche cosa, non sprecarlo. Quando io vedo quelli che vanno alle partite di calcio io ho una pena infinita per loro, perché sprecano il tempo. Il tempo è una cosa misurata. Non è che noi ne abbiamo all’infinito di tempo. Dobbiamo usarlo in qualche maniera. Usarlo in un modo personale.
“Personale”, ma la personalità che lei ha e che dimostra di avere è una questione caratteriale o…Se io potessi rispondere a questa domanda sarei un grande filosofo. Però lei stamattina ha detto che i poeti sono anche un po’ filosofi. Di fatti fin dove posso, fin dove ci arrivo cerco di spiegare, perché, in quale maniera io desidero che il mondo sia. E com’è? Magari semplicemente facendo vedere come si osserva un ramo di mimosa. C’è già tutta un’impostazione generale del modo con cui uno si affronta. Per esempio sta sera io senza volere ho detto una cosa che si presterebbe a questo discorso. Quando mi sono avvicinata al microfono con quel piccolo leggio per leggere le poesie, io ho detto mi dispiace voltare le spalle a quella deliziosa creatura. Perché c’era un’urna con dentro un bellissimo giovane, non so se fosse un maschio o una femmina e doveva essere un eroe, una martire non so. Era talmente bello! Appoggiato lì con l’aria di ascoltare anche lui o anche lei, le poesie. Io avevo quasi scrupolo a girargli gli spalle. Questo è un atteggiamento di fronte alla vita, che potrebbe spiegarne cento altri.
Questo atteggiamento sensibile e acuto non è di tutti… No purtroppo! …si può educare o se non c’è, non ci sarà mai? In gran parte si può educare. Se uno insegnasse ai bambini a sorridere di più, a osservare le piccole cose, la coccinella, il fiorellino, la farfalla. Senza dirgli subito “Vai a studiare! Stai perdendo tempo”. Invece è lì che imparano la vita. Guardando un filo d’erba, dove c’è una goccia di rugiada. I professori dovrebbero educare alla sensibilità i bambini e non prepararli agli esami. Chi se ne frega dell’esame. Capisci? L’importante è far sbocciare la personalità da ogni bambino. Questo è importante!
Michelangelo scolpiva con l’idea di tirare fuori dal marmo una forma, una statua, come se fosse una creatura già esistente. Un poeta ha più o meno lo stesso atteggiamento? La poesia c’è già e voi la scoprite?
Certo la poesia è dappertutto, uno potrebbe fare la poesia su quella candela. Le cose del mondo sono come la creta di cui parla la bibbia. Che cosa ha fatto Dio? L’uomo era un fantoccio, informe di creta, poi Dio gli ha soffiato lo spirito ed è diventato una creatura. Nella mia Giovanna d’Arco che secondo me è il mio capolavoro, tutti le dicono: “Guarda che hanno inventato quelli della corte… fanno finta che abbia sentito l’angelo… fanno finta che vogliano liberare la Francia”. Le danno un cavallo e un gagliardetto, una bandiera….E’ un fantoccio. Questa azione che hanno inventato a corte di prendere una ragazza qualsiasi e di mandarla nell’esercito e dire “io ho visto l’arcangelo”. E Giovanna risponde: “E’ vero che questo piano è un fantoccio di creta ma io ci soffierò sopra, e gli darò respiro”.
Quindi non è la cosa in sé, è lo sguardo?
Certo, infatti nella mia poesia quella che ho letto stasera quella dedicata a mio padre, dice che gli oggetti prolungano i nostri sensi. Siamo noi che gli diamo lo spirito all’oggetto. Io su nelle dolomiti dove mio padre ha combattuto quando aveva 18 anni e io ci vado invece in villeggiatura, allora sento la presenza di mio padre e dico quella roccia lì che io sto guardando, forse lui l’ha toccata. In quel momento la roccia prolunga i suoi tentacoli sensibili a me e viceversa.
Tutta questa sensibilità non crea anche dolore e sofferenza? Cerro certo… A volte non si preferirebbe non averla?
No, no questo mai! Magari essere crocifissi, se necessario. Lei si immagina se avessero detto a Gesù Cristo a 32 anni “vuoi diventare un buon falegname, avere una famiglia, stare tranquillo e rinunciare ad essere figlio di Dio?”. Come avrebbe risposto Dio?
Ride Maria Luisa Spaziani, ride come una ragazzina che a dispetto degli altri, ha già colto il segreto delle cose che ci circondano.
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17/12/2005
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