I dipendenti Sadam bloccano il casello autostradale
Porto San Giorgio | Prosegue la protesta di fronte allo spettro della chiusura; stamattina più di cento operai a Porto San Giorgio
di Pierpaolo Pierleoni
Non c’è limite al peggio. Il baratro verso cui sembra sprofondare la Sadam e con essa l’intera bieticoltura italiana continua ad assumere con il passare del tempo prospettive sempre più allarmanti. La causa di tutto sta a Bruxelles, dove la riforma Fischer-Boel in Commissione Europea, che taglierà drasticamente le quote zucchero, eliminerà di fatto dalla competizione sul mercato internazionale la produzione dell’Europa mediterranea.
Nella capitale belga, dove la questione è al vaglio in questi giorni, arriva un’ulteriore mazzata: rispetto al 39% di tagli ipotizzato in precedenza, si salta fino al 50%. A questo punto, a livello nazionale le ripercussioni sarebbero ben più gravi del previsto. Dei dieci stabilimenti destinati alla sopravvivenza, ne resterebbero attivi con ogni probabilità non più di cinque, escludendo comunque completamente il centrosud: insomma anche la Sadam di Jesi, oltre a quella di Cmpiglione, sparirebbe entro breve.
Stamattina, come già preventivato da alcune voci, vibrante protesta dei dipendenti fermani, che hanno bloccato per alcune ore il casello autostradale di Porto San Giorgio, la rotonda antistante ed un tratto della la statale 16. Forti i rallentamenti al traffico: in strada figuravano circa 120 dimostranti, “armati” di megafoni, fischi e numerosi cartelli di protesta. Per loro è il secondo giorno di sciopero e la seconda dimostrazione pubblica, dopo la massiccia presenza di ieri davanti al commissariato di Fermo.
Reazioni che dicono molto sulla profonda tensione ed apprensione delle ultime ore. Sebbene già da tempo fossero nell’aria notizie negative sul futuro della Sadam, le mazzate a ripetizione di questa settimana, dalla decisione di non effettuare più campagne a Fermo da parte dei vertici aziendali all’intensificazione dei tagli europei, ha ulteriormente peggiorato il clima. E se dal ministero delle politiche agricole italiano dovesse arrivare l’approvazione alla riforma europea, la protesta potrebbe farsi ancora più dura.
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24/11/2005
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