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Impressioni e parole dentro una moschea

Fermo | La Comunità islamica picena ha promosso l'iniziativa "Moschee a porte aperte", per insistere sul dialogo tra culture

di Pierpaolo Pierleoni

Un incontro tra culture difficile, impervio, ma necessario in una società che sempre più è penetrata da immigrati e consistenti comunità di religioni diverse. Per questo la Comunità islamica del piceno, che conta circa 1.500 associati, ha aperto oggi pomeriggio per la prima volta le porte della moschea di Fermo a persone di altre religioni. “Aperti i cuori, apriamo le porte”, recitava il sottotitolo in locandina. E al di là di luoghi comuni, ideologie, diffidenze più o meno consolidate, poteva essere un’occasione. Occasione che ad onor del vero in ben pochi hanno colto, forse per mancanza di pubblicità, forse per disinteresse.

L’accoglienza è molto amichevole: tante le mani tese, i sorrisi di benvenuto all’ingresso. Via le scarpe, per camminare all’interno della moschea, e l’Imam Abdellah Labdidi che accompagnava i visitatori nello spazio centrale, dedicato alla preghiera. Un’ampia stanza, dalle pareti abbastanza spoglie a parte alcuni drappi recanti scritte in arabo con versetti coranici. Tanti tappeti in terra, a coprire tutta la superficie del locale, e i passi che si fanno ovattati, lenti, muti. Infondo, rivolto verso oriente, un palchetto, per le omelie dell’Imam, ed un microfono. Al piano di sopra, un ufficio ed alcune aule. Sono raccolte, i vecchi banchi stipati nello spazio esiguo.

Sì, perché la moschea, oltre ad essere luogo di preghiera, è anche un centro culturale. Un punto di incontro per mantenere forte il legame con la lingua araba, di cui si istituiscono corsi per bambini, e non solo.

“Si sorprenderebbe di quanti italiani vengono a frequentare i corsi di lingua” assicura uno dei responsabili della comunità. Lungo il corridoio, un cartellone in cui sono state attaccate foto di tante iniziative degli ultimi anni, da un ormai lontano 1996, quando il centro islamico si costituì per la prima volta a Montegranaro. Tante belle immagini di tornei sportivi, incontri, dibattiti, convegni, sorrisi, ospiti illustri. Tra le tante, una meno piacevole, come una stecca in una bella canzone, che immortala un sorridente Adel Smith. L’intollerante, l’anticristiano, Adel Smith.

Parlando con i musulmani del centro se ne trova uno, particolarmente ciarliero, che racconta del territorio fermano come di una zona dalla convivenza ideale. “Da queste parti non abbiamo problemi, e i rapporti con le autorità sono sempre stati eccellenti. Il dialogo con le istituzioni va benissimo” dice soddisfatto. Quanto all’incontro odierno, si dice convinto dell’importanza dell’iniziativa.

“Sono momenti che possono davvero far bene. Noi crediamo fortemente ad una fusione tra le culture. Io sono in Italia da quindici anni, la mia casa è qui. Sono stato in Marocco poco tempo fa. E quando tornavo a casa, mentre stavamo per atterrare a Roma ho pensato: finalmente a casa! Sono certo che le prossime generazioni rideranno di iniziative come questa. Per loro l’integrazione tra culture sarà qualcosa di scontato”.

“Aprire le porte significa anche cercare di abbattere quel muro di ghiaccio che si è creato con gli italiani – continua un altro – I media danno di noi un’immagine distorta. Spesso sembra che nelle moschee capiti chissà cosa, invece si sta in pace, tranquillità e preghiera.” "Vogliamo promuovere un incontro autentico tra le culture - aggiunge l'Imam Abdellah Labdidi - Aprendo la nostra moschea abbiamo teso una mano".

Arriva anche Stefano Artico. E’ presidente regionale della federazione per le onoranze funebri. Ha stretto rapporti di amicizia con la comunità islamica ed è consulente per la gestione ed il trattamento dei defunti musulmani. Un problema di cui raramente si sente parlare, ma che tra loro è particolarmente sentito.

“Il trasporto delle salme nei paesi d’origine è spesso molto difficoltoso – spiega Artico, che è anche titolare delle pompe funebri Ferri – I costi sono sostenuti, e si tratta di pratiche complesse. Io faccio il possibile per aiutarli. Poi, con l’istituzione della nuova provincia, dovremo discutere della questione di spazi per la tumulazione dei defunti musulmani qui da noi. C’è gente che ha la cittadinanza, che si sente italiana, e che vuole essere sepolta qui, quando morirà.

Ma una cultura civile dovrebbe allestire spazi nel rispetto dei riti, delle tradizioni, della cultura altrui".

Nel complesso si esce dalla moschea fermana con la sensazione di aver trascorso ore utili, per conoscere e per arricchirsi, nella prospettiva di un incontro tra culture che non siamo più noi a poter decidere di accettare o rifiutare. Perché è già il nostro tempo ad aver imposto una scelta.

29/10/2005





        
  



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