Le signore della scena si raccontano
Ascoli Piceno | "Besame Mucho" al Ventidio Basso fa il tutto esaurito ricordando Moravia, Pasolini e Ferreri. Intervista esclusiva con Piera degli Esposti e Dacia Maraini. Sogni e tabù di due intellettuali.
di Laura Ripani
Una chiacchierata tra amiche elevata a dignità teatrale. Accade quando le signore della scena sono Piera degli Esposti e Dacia Maraini. E gli argomenti di conversazione i retroscena, i ricordi e gli attimi di vita vissuta nientemeno che con Pierpaolo Pasolini, Alberto Moravia e Marco Ferreri.
Oltre, ovviamente, alla lettura, anche in musica, di poesie su e dei personaggi incontrati. Con una scenografia semplice, il tavolino del salotto di casa e il tutto giocato sulle luci che valorizzano le due interpreti, ecco dunque che Besame Mucho, lo spettacolo andato in scena al teatro Ventidio Basso di Ascoli Piceno mercoldì sera, ha avuto un unico protagonista: lo spirito dei grandi del passato. Ed ha raccolto il pubblico delle grandi occasioni grazie all'associazione Mama di Ivana Manni e sponsorizzato dal Soroptimist di Giuliana Marconi.
Per ilQuotidiano.it abbiamo incontrato, in esclusiva, le due intellettuali italiane nel back stage qualche minuto prima dell'ingresso sulle scene. Ricavandone una sensazione di serenità e di gratitudine da chi, pur ai vertici della cultura nazionale, sa riconoscere il successo come parte importante di sé ma non padrone della propria vita.
Quando arriviamo vediamo Piera degli Esposti dileguarsi nel vicolo del Teatro. Il suo amore per il mistero, spiegherà poi, la porta ad essere, aggiungiamo noi, a suo modo fatale. Tornerà poco dopo. A questo punto ci dichiariamo e ci riceve nel suo camerino proprio mentre sfoglia i giornali. "Mio padre, era un tipografo" dice "torturato perché antifascista" fa sapere con dolore "ed io ho conservato l'amore per la carta, per quegli strumenti oggi desueti come il proto che ho visto recentemente trattato come un cimelio e quindi esposto nella sede del Messaggero di Roma. Oggi invece tutto è tecnologia".
Si sente. Non le piace usare il telefonino, inorridisce davanti ad un computer ed è un po' irritata di fronte ad Internet che le toglie proprio quel senso d'inafferrabilità. "Oggi durante le interviste sanno tutto di me. Io mi stupisco, poi comprendo che la Rete gli ha già dato ogni particolare recondito. Ecco, io non lo faccio per snobbismo privarmi di questi strumenti. Soltanto che mi tolgono il piacere della fuga e lo sforzo di gustare le cose come un viaggio. Sgancia dalla dimensione manuale, di fronte alla tecnologia mi deprimo. Non lasciano il gusto della scoperta, della dimensione realistica".
La strada della memoria inizia con lo spettacolo. Qui si vuole restare ancora idealmente insieme agli amici che non ci sono più, eppur vivi nella rappresentazione. Aleggiano sulla scena come vivificati in una cerimonia laica d'offerta. Ma di fronte ad un'inquieta tranquilla che la maturità ha educato più che cambiato, c'è ancora lo spazio per lanciare un appello. Ai registi tv, ai quali La Piera domanda di farle impersonare un detective.
"Sullo stile di Derrick" dice "perché io amo le vicende di nera. Non era il mio compito, eppure sono stata in via Poma, a Firenze, Scandicci. Perché certe storie m'intrigano. In questo periodo ho accettato con entusiasmo numerose fiction in tv".
Un modo per partecipare della civiltà dell'immagine?
"No, soltanto per dare sfogo alla mia verve atletica che con gli anni si è un po' affievolita. Ma resta sempre". Sguinzia , passateci il termine, la ragazzina che creava pasticci a Pasolini, con quel volto antitetrale secondo i suoi primi insuccessi, oggi è consacrata.
Pacata, elegante, dagli occhi brillanti Dacia Maraini, invece. Un onore incontrare la scrittrice e letterata che già a 10 anni s'immergeva nei suoi pensieri annotandoli su un taccuino. "Scrivo perché mi piace" dice. Ma subito deve sottoporsi ad una massacrante prova luci alla quale tenta di sottrarsi invocando appunto l'intervista e, soprattutto, la fatica che la giornalista deve fare per attenderla. Un ulteriore segno d'umanità, altro che distanza ed inarrivabilità. Ritorna poi in camerino dopo una pacata disquisizione con il regista, sulle ombre di scena. E nella quale manifesta la sua lunga esperienza artistica.
"Sono erede di una tradizione letteraria. Mio padre, mio nonno. Per me scrivere oltre ad essere la cosa che mi viene meglio è proprio naturale".
Cosa si prova ad esprimere il proprio pensiero e battagliare in prima pagina del Corriere della Sera con Oriana Fallaci. Quale Orgoglio oltre la Rabbia per questo Occidente?
" Onestamente ho visto di capovolgere le tesi della Fallaci. E putroppo i fatti mi stanno dando ragione. Non è con l'affermazione della superiorità di una razza sull'altra, non è con lo scontro di civilità che si arriva alla soluzione. Abbiamo visto di quali aberrazioni è capace la nostra democrazia esportata. Io sono amica dell'America dalla quale ho avuto premi e riconoscimenti. Ma non quella guerrafondaia di Bush. Quella che vuole la pace, invece".
E nello spettacolo pur lieve, c'è stato spazio per ricordare la teoria di Moravia sul tabù della guerra. "L'Occidente ha elaborato la proibizione dell'incesto che in natura non esiste" sosteneva "a maggior ragione dovrebbe disfarsi della guerra dal suo orizzonte dichiarandola fuorilegge". Prima di lasciarla e accettando la sua richiesta di un saluto alla fine, ecco l'ultima battuta.
Lei è stata una donna fortunata. Dalla vita ha avuto tutto. Ha ancora un sogno? "Privatamente ho avuto tanti dolori" si schermisce "come la morte di mia sorella. Però spero di continuare ancora a scrivere fino alla fine. Di raccontare storie. Non poterlo più fare sarebbe una catastrofe. Ho un romanzo che ancora devo finire e del quale ovviamente non anticipo nulla. Scrivere, ed ancora. E' quello che voglio per me".
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13/05/2004
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