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Alla scoperta delle tradizioni missionarie nel fermano

Fermo | Successo per l'incontro proposto dall'Associazione Aloe.

di Stefania Ceteroni

Domenica scorsa il Centro Missionari della Consolata a Santa Maria a Mare (Marina Palmense), ha ospitato un incontro al centro del quale sono state poste le missioni .

Il piccolo salone del centro a mala pena è riuscito a contenere una assemblea numerosa ed attenta come non mai, composta da persone provenienti dai molti paesi del fermano, unite dal comune interesse per le concrete esperienze di solidarietà internazionale condotte da persone del fermano in Africa, Asia e America Latina.

L'incontro rientra nell'ambito di una serie di riunioni proposte dall'associazione missionaria Aloe - "Alla scoperta delle tradizioni missionarie del fermano" - serie iniziata a settembre e giunta, con quello di domenica al suo quarto appuntamento.

L'incontro, dedicato a "Le missioni dei Cappuccini in Benin e in Etiopia", è stato introdotto da Padre Gianfranco Priori di Smerillo, responsabile delle missioni dei cappuccini delle Marche, appunto le missioni dell'Etiopia e del Benin. Due diverse zone dell'Africa e due diverse dinamiche missionarie: presenti come responsabili di progetti sociali in Etiopia, dove il governo non rilascia permessi per una pura e semplice evangelizzazione in un paese ad antica tradizione cristiano-ortodossa (i cattolici sono appena un 3%); presenti con l'obiettivo di dar vita all'ordine francescano, nella giovane chiesa cattolica del Benin.

Due diverse situazioni missionarie: "in ritirata" nella missione etiopica, ormai matura e tendenzialmente autosufficiente dopo 35 anni di continua presenza; "all'inizio della raccolta" in Benin dove inizia a costituirsi un primo nucleo di cappuccini beninesi accanto ai missionari marchigiani.

In queste due missioni lavorano anche missionari fermani: padre Angelo Antolini di Santa Vittoria in Matenano in Etiopia e padre Vincenzo Febi di Fermo in Benin. Quest'ultimo, tornato da qualche giorno per un periodo di vacanza in Italia è stato presente all'incontro ed ha portato la sua testimonianza di 18 anni di missione. Una testimonianza drammatica per la situazione in cui versano certi strati della popolazione e soprattutto i bambini, presi nelle dinamiche di una religione tradizionale fortemente superstiziosa, dove fino a poco tempo fa si praticavano ancora sacrifici umani, i quali, pur proibiti oggi per legge, dopo l'avvento di un regime democratico, vengono ancora praticati anche se di nascosto dalle confraternite tradizionali che gestiscono centri di iniziazione tradizionale per bambini reclutati spesso a forza tra i bambini di strada.

Padre Vincenzo gestisce un centro per il recupero di bambini liberati da queste confraternite, offrendo loro la possibilità di una educazione e crescita serena fino ai quindici anni. Particolarmente commovente è stato il racconto di un fatto che ha tutta l'aria di essere un miracolo operato da Padre Pio in favore di un bimbo dato dai medici assolutamente per spacciato senza una costosissima operazione ovviamente al di fuori della portata sia della famiglia che del missionario.

Una toccante testimonianza dall'Etiopia è stata quella portata dal pediatra fermano Alessandro Cochetti, il quale ha raccontato i sue tre mesi trascorsi presso l'ospedale di Dubbo, la missione di padre Angelo Antolini. Arrivato in Africa alla ricerca di un nuovo significato per la sua professione di medico,  Cochetti ha dapprima sperimentato tutte le difficoltà dell'immersione in un ambiente totalmente diverso, con problematiche igienico-sanitarie di una assoluta gravità, pur in presenza di un ospedale, avvertendo un senso di impotenza. Ma poi qualcosa è scattato in lui, e in otto giorni di studio e di convivenza e lavoro con un medico che stava per ripartire, è riuscito, "anche grazie ad un aiuto dall'alto", ha affermato, a "partire" e la sua immersione nelle piccole e grandi tragedie umane e sanitarie di quella gente è stata talmente profonda che non vede l'ora di poter tornare di nuovo in quella ormai "sua Africa" fatta di nomi, di volti e di presenze concrete che costituiscono ormai per lui un imperante appello a "tornare".

Giacomo Rocchetti, un giovane musicista fermano, appena tornato da un mese trascorso in Etiopia, ma con una esperienza precedente in Benin, ha raccontato invece del suo coinvolgimento come animatore di ragazzi e giovani nei due paesi africani, anche grazie alla sua buona conoscenza sia del francese (lingua parlata in Benin) che dell'inglese (lingua conosciuta in Etiopia); ci ha parlato di un Benin pieno di colori, di vita e di estro artistico che lo aveva affascinato e di una Etiopia dimessa, più povera, più umanamente sofferente, che gli ha fatto sentire tutta la drammaticità dell'Africa.

Hanno chiuso questo intenso pomeriggio le testimonianze di Vincenza Pierleoni di Sant'Elpidio a Mare e di Giacomo Paternesi di Montegranaro. Vincenza Pierleoni è stata in Zambia, nella città di Lwansha, presso alcuni progetti portati avanti da una volontaria laica di Carpegna (PU), Maria Pia,  la quale una quindici di anni fa vendette la sua azienda e decise di andare a vivere come volontaria in Zambia, dove lavora con l'appoggio di una associazione pesarese. Membro del Commissione Regionale per le Pari Opportunità, Vincenza Pierleoni è riuscita ha farsi appoggiare due progetti in favore delle ragazze di Lwansha, mostrando anche in concreto come l'esperienza in questi paesi del Terzo Mondo diventa poi anche un fattore per promuovere nel nostro territorio una cultura più aperta alle "pari opportunità" da promuovere in tutto il mondo.

Giacomo Paternesi, un giovane universitario di agraria, cresciuto anche con i racconti missionari paterni (suo padre, Pino Paternesi è stato il primo laico del fermano a condurre una esperienza missionaria di due anni, nei primi anni settanta, in Perù), la scorsa estate ha voluto ripercorrerne ritornando sugli stessi luoghi dove era stato suo padre. È stato a Cuzco, dove lavora da tanti anni un altro missionario fermano, p. Fernando Giangiacomi di Smerillo e ha ritrovato in questo paese delle Ande, molte delle cose dette dagli interventi precedenti a proposito delle genti dell'Africa.

L'assemblea, formata anche da persone che hanno già realizzato esperienze simili in Africa e in America Latina, o che intendono partire nel prossimo futuro, ha ascoltato e partecipato con profondo interesse questa ricchissima carrellata di esperienze. Una cosa che colpisce in tutti questi interventi è che chi torna dall'Africa o dall'America Latina per esperienze di questo genere, afferma di tornare profondamente cambiato o cambiata; sente in un certo senso di non essere più la stessa persona di prima. La missione entra nel cuore e nasce l'esigenza di tornare o di fare qualcosa qui all'interno della nostra società. Possiamo concludere con le parole del parroco di Santa Maria a Mare, il missionario della consolata p. Giovanni Viscardi (reduce anch'egli da 40 anni di Africa in Tanzania e in Sudafrica) che ha voluto sottolineare l'importanza di queste esperienze laicali missionarie, affermando che "la missione del futuro sarà fatta dai laici, o non sarà". Un lungo applauso di consenso ha sottolineato queste sue parole.

07/03/2004





        
  



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