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Paul Ginsborg: "democrazia italiana in pericolo"

Grottammare | L'analisi dello storico inglese durante il primo incontro della rassegna "Scintille".

di Giovanni Desideri

C'è spesso sufficienza da parte della maggior parte dei politici nei confronti della "società civile", organizzata in "movimenti", che manifesta per la pace o su altri temi. Sufficienza anche da parte dei cittadini che non partecipano ad alcun "girotondo". Ma c'è anche grande partecipazione, ogni volta, alle iniziative che ruotano intorno al disagio di cui i movimenti sono l'espressione.

Così è stato alla sala Kursaal di Grottammare venerdì 5 marzo per il primo incontro della rassegna "Scintille" organizzata dall'assessorato alla cultura: "tutto esaurito" dalle 21,30 fino alla fine del dibattito due ore più tardi per l'incontro con Paul Ginsborg (cattedra di "Storia dell'Europa contemporanea" all'Università di Firenze), a partire dal suo ultimo libro: "Berlusconi. Ambizioni patrimoniali in una democrazia mediatica" (Einaudi, 2003).

Dalle domande delle persone sul palco (l'assessore alla cultura Fabbioni, il suo collaboratore e organizzatore della rassegna Enrico Piergallini, gli studenti Lorenzo Rossi e Silvia Casilio) e dal pubblico (in prima fila il sindaco Merli e il suo predecessore Massimo Rossi, che ha invitato personalmente gli autori) sono affiorati moltissimi temi, concernenti la società, la politica, i media, l'attualità e la storia in Italia e nel mondo. E la storia evenemenziale: alcuni dati autobiografici sono serviti a Ginsborg per rispondere a domande e affrontare i temi della serata. Tutti trattati con uguale chiarezza (analiticità anglossassone?). Ma pure con modi gentili e il sorriso sulle labbra Ginsborg ha pronunciato giudizi netti.

Berlusconi. "Nel mio libro, ha spiegato Ginsborg, ne parlo aggiungendo una diversa prospettiva a quella di chi lo vede come un abile "venditore", che avrebbe saputo vendere prima appartamenti, poi pubblicità, poi se stesso. Io ne parlo utilizzando il concetto weberiano di "patrimonialismo", perché egli è in realtà un compratore: di persone, calciatori e forse anche giudici, se il processo Sme darà uguale esito per lui come già per Previti, condannato in primo grado a 5 anni per la corruzione del giudice Squillante. Egli vorrebbe insomma, ha concluso Ginsborg, che tutta l'Italia diventasse il suo clan e il suo patrimonio". L'antiberlusconismo radicale favorisce Berlusconi? "È una delle falsità più grandi che ci siano in giro ed è difesa da un giornale come il "Corriere della Sera". Credo che in futuro gli storici ne daranno un giudizio molto severo. Oggi la democrazia italiana è in pericolo e i partiti della sinistra moderata sottovalutano questo pericolo".

La società italiana. "La televisione è l'unica fonte culturale e di informazione per più del 60% delle famiglie italiane, ha detto Ginsborg. Famiglie in cui non si leggono né libri né giornali e che da vent'anni vivono nel modello sociale offerto da un tipo berlusconiano di televisione, fondato sull'acquisto e sul consumo. In questo momento, per esempio, 5 spot su 7 reclamizzano automobili, quando in Italia non c'è più posto per le automobili. La televisione berlusconiana reclamizza in generale un modello di vita individualistico, fatto di la diffidenza nei confronti di ciò che è pubblico, di mancanza di senso civico e di obblighi verso lo Stato".

Tangentopoli. "Come storico ritengo che il ruolo di Borrelli e del "pool" sarà giudicato in modo altamente positivo in futuro, ha detto Ginsborg. Quei giudici non erano "toghe rosse" o "giudici comunisti", ma magistrati che hanno cercato di contrastare la corruzione, un fenomeno quasi strutturale per l'Italia. Si possono criticare alcuni metodi, dalla fuga di notizie ad alcuni imprigionamenti a cuor leggero. Non sempre venivano rispettati i diritti degli arrestati. Ma quello del pool resta un tentativo nobile, unico nella storia unitaria italiana e fallimentare perché i giudici sono rimasti assolutamente isolati, tranne per l'appoggio del Presidente della Repubblica di allora. Politici e cittadini non li hanno invece sostenuti. Ma l'operato dei giudici di Milano resta sulla stessa linea di quello di Falcone e Borsellino nei confronti della mafia. Nel '91, dopo la morte di Borsellino, Caselli decise di andare a Palermo per diventare Procuratore Capo: senza alcun dubbio il servitore dello Stato più coraggioso d'Europa".

Dì qualcosa di sinistra! "È ormai chiaro che ci sono almeno due anime nella sinistra italiana, ha detto ancora Ginsborg. In passato la sinistra riformista non ha avuto una visione della società diversa da quella berlusconiana. Luigi Berlinguer non aveva una linea diversa da quella della Moratti. Nel gennaio del 2003 organizzammo un incontro pubblico con Cofferati al palasport di Firenze, in un momento in cui la sinistra radicale era forte e quella cosiddetta "riformista" in difficoltà, sperando nella nascita di un nuovo soggetto politico guidato proprio da Cofferati. Purtroppo quest'ultimo ha preferito restare nel suo partito e candidarsi a sindaco di Bologna. Sono scelte e vanno rispettate. Ma le esigenze della società civile sono rimaste senza rappresentanza politica. Oggi è forte la sinistra riformista e Prodi sta per tornare. Prodi è un vero leader, preziosissimo per tutti noi. Penso che vinceremo le europee di quest'anno, ma per il 2006 il risultato non è scontato. La sinistra potrà e dovrà unirsi almeno su alcuni punti basilari: la necessità di ripensare l'ambito "pubblico" secondo criteri di dinamicità e trasparenza, di investire sul Servizio Sanitario Nazionale, sull'istruzione, l'università, la ricerca".

Pacifismo. "Fossimo stati tutti pacifisti durante la Seconda Guerra Mondiale non avremmo sconfitto Hitler, ha detto Ginsborg. Ma oggi possiamo parlare di "pace" come di un modo di vedere il mondo e i rapporti internazionali".

L'università. Lasciata quella elitaria di Cambridge per quella di massa italiana, Ginsborg ha trovato studenti "pieni di entusiasmo, di volontà e di intelligenza, provenienti magari dai vecchi licei fiorentini, disponibili a passare molto tempo alla Biblioteca Nazionale di Firenze per scrivere tesi di 300 pagine. Studenti che crescevano giorno dopo giorno. E poi la soddisfazione delle famiglie per il primo laureato in famiglia, studenti animati dalla volontà di diventare intellettuali". La riforma Berlinguer? "L'abolizione di queste tesi e di questi sforzi, per far laureare più studenti. Scemenze!". La riforma Moratti? "Precarietà permanente per i ricercatori, ha risposto Ginsborg, assunti con contratti di 3 o 5 anni, rinnovabili su indicazione dei baroni cui gli studenti faranno sempre più da portaborse. Ripugnante!". Ginsborg è ottimista su tutto il resto, non sull'università italiana: "hanno ragione quelli che vogliono andare via. Il taglio dei fondi per la ricerca è una tragedia, è criminale. Sono delinquenti coloro che non trovano i fondi per la ricerca, disperdendo l'entusiasmo di quegli studenti".

Tornare a Cambridge. "Se ho lasciato la più prestigiosa università del mondo per venire in Italia, ha raccontato Ginsborg, è stato solo per seguire i miei due figli dopo la separazione da mia moglie. Ma non rimpiango assolutamente nulla. Gli ultimi dieci anni in particolare sono stati meravigliosi. In questo momento, poi, non potrei assolutamente andare via: non prima che vada via Berlusconi!". Applausi e risate. "Ricorderò sempre, ha ripreso, la prima manifestazione che organizzai con l'aiuto di un professore ben più irruento ed energico di me: Pancho Pardi. Dall'università al Palazzo di Giustizia di Firenze nel gennaio 2002".

Ore 23,45, finisce l'intenso confronto tra i 250 della sala Kursaal e Paul Ginsborg, particolarmente stanco per essere già stato ad Ascoli nel pomeriggio per un incontro analogo. La prossima "scintilla" è per venerdì 12 marzo alle 21 con Raniero La Valle.

06/03/2004





        
  



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