Cerca
Notizie locali
Rubriche
Servizi

Infiltrati

| "I comunisti, per definizione "s'infiltrano"?"

di Tonino Armata

Come avrebbe detto Totò, siamo uomini di mondo e non abbiamo mai coltivato la flebile illusione che un senatore di Alleanza Nazionale, ponesse al Cavaliere il problema del suo strapotere mediatico. Basta ascoltarlo per pochi minuti durante le sue frequentissime apparizioni televisive, per capire che il dubbio non appartiene al suo repertorio retorico. L'altro giorno, però ha superato se stesso. Ripetendo al Senato l'ormai logora teoria berlusconiana in base alla quale le televisioni sono solo una goccia nel mare dell'informazione (e dunque non ha nessuna importanza che le controlli tutte lui), il senatore ha spiegato all'opposizione e al Paese che "il problema vero è quello dell'editoria, della stampa, dello spettacolo, della cinematografia, della letteratura, della fumettistica, di tutti quei settori che sono stati, nel tempo infiltrati".

Colpiva, in quell'elenco, l'illuminante presenza della "fumettistica". Ci rivelava perché - rispetto all'oppressione comunista sui cartoons - il monopolio politico dei telegiornali sia un dettaglio davvero insignificante, agli occhi dell'unico cinquantenne che si fa il ricciolo alla Flash Gordon.
In applicazione del Teorema di Baget Bozzo, donne e uomini di destra ("i comunisti sono e saranno sempre comunisti"), sono ormai rassegnato a convivere con la mia tara genetica: non scelta politica, ma destino cromosomico fu la mia militanza senza essere comunista nel Pci. E anche adesso, a babbo morto, rimango razzialmente definito per ciò che fui e (terribile!!!) sarò per sempre, ma senza neanche il beneficio di saperlo.

In attesa che trovino le cure adatte, mi tengo sorvegliato. In particolare, mi turba e mi disturba il sintomo più frequente descritto dagli uomini e donne di Forza Italia: i comunisti, per definizione "s'infiltrano".
E' lo stesso vizio - subdolo, pervasivo, canceroso - che venne imputato agli ebrei, e questo in parte, mi lusinga: ho sempre sognato d'essere ebreo, se non altro per spaventare gli idioti. E tuttavia, l'idea che io non possa entrare e uscire, andare e venire, stare qui o stare là, ma sia condannato a "infiltrarmi", come l'umidità nei muri, non riesco a digerirla. In libreria, al cinema, al bar, o quando imbocco un'autostrada: non mi starò infiltrando?

E in questo Quotidiano it, sul quale saltuariamente scrivo, non m'infiltrai? E l'amore? E la letteratura? E la poesia? E la filosofia? E le parole? E la vita? Quanto di vero e di sincero, dissi e feci, e quanto di infiltrante?

28/02/2004





        
  



1+3=

Altri articoli di...

Quando il giornalismo diventa ClickBaiting

Quanto è sottile la linea che divide informazione e disinformazione?

Kevin Gjergji