Sono iniziate le Invasioni barbariche.
Ascoli Piceno | Sedici anni dopo ritornano in nuovo film i protagonisti del "Declino dell'impero americano".
di Gianluca Traini
Queste vacanze ormai concluse oltre alle consuete produzioni degli studios hollywoodiani e agli immancabili cinepanettoni, hanno portato nei cinema della nostra provincia, tra proiezioni settimanali (vedi la Sala degli artisti a Fermo) e doppie serate al cineforum ( il 7 e l'8 in Ascoli ), anche un film interessante che in molti, c'è da scommetterlo, aspettavano con curiosità: Le invasioni barbariche, del regista canadese Denys Arcand, seguito di quel film di culto uscito nel 1987 che era stato Il declino dell'impero americano.
In questo sequel, che ha avuto una gestazione decennale in fase di scrittura, premiato non a caso come migliore sceneggiatura al Festival di Cannes dell'anno scorso, Arcand riprende invecchiati ed emotivamente più rasserenati i protagonisti del Declino dell'impero americano, facendoli riunire ancora una volta tutti insieme per dare l'estremo addio al più godereccio di loro, il professore universitario di storia Remy (interpretato da un ottimo Rémi Girard).
Il sesso, che nel Declino era l'onnipresente argomento del film, qui viene vissuto soprattutto come ricordo: ricordo delle prime pulsioni sessuali avute vedendo in seminario un film agiografico su Maria Goretti (!), ricordo delle donne famose sognate, ricordo di tutta la felicità che le donne di una vita sono riuscite a regalare al malato terminale Remy, che di fronte alla morte imminente si ritrova a riallacciare, per merito della ex moglie, il rapporto con il figlio Sébastien.
Ed è infatti il rapporto tra padre e figlio, tra incomprensioni e distanze, ad essere indagato principalmente in questa storia, che porta chi muore dopo una vita di godimenti (e di rimpianti per ciò che non si è riuscito a realizzare) ad affermare che l'unica cosa che si dovrebbe cercare è il senso delle cose, come hanno fatto a loro modo gli scrittori citati e amati dal protagonista, Primo Levi, Solgenizyn, Cioran.
Ma il merito maggiore di questo film, che, se anche non ha l'impatto del precedente, ne rappresenta comunque un dignitoso e forse complementare seguito, consiste nel riuscire a trattare il tema dell'addio alla vita con un tocco partecipato ma lieve, sfuggendo alle insidie di una commozione troppo facile e riuscendo anche ad essere a tratti brillante e ironico, evidenziado un distacco generazionale così profondo da far vedere, in un lucido delirio, al padre umanista il figlio, rampante operatore di borsa, come il principe dei nuovi barbari che, nati e cresciuti con videogames e computer, sembrano non sapere più che farsene dei libri e delle idee tanto amati da chi li ha preceduti.
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09/01/2004
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