Meglio i cannibali
| Tra cannibali veri e cannibali "nuovi" che la TV ci consegna.
di emme
Mettetevi nei panni di un uomo delle caverne. Una notte il capo, che cacciava meglio di tutti, che sapeva tutto di piante ed animali, che era capace di guarire ferite e malattie, getta un grido gutturale e rimane immobile accanto al fuoco. Tutti i membri della piccola tribùfamiglia cercano di svegliarlo, scotendolo, agitando sonagli di pietruzze, intrecciando danze. Gli mettono in bocca del cibo, cercano di farlo camminare
alla fine lo coricano su un mucchio di pelli in un angolo della caverna e aspettano.
Dopo qualche giorno lo vedono transitare in un'altra vita: suoni inauditi, odori forti come quelli degli animali uccisi, vengono dal suo corpo. Apre la bocca e guarda con occhi velati. Lentamente i lineamenti si deformano, cambiano colore. Assomiglia al feto di un non nato, metà umano, metà mostro. Una vecchia che gli fu compagna, dice che sta tornando al mondo dei non vivi, da cui era venuto. Per evitare tanta sciagura e per ereditare l'esperienza, la saggezza, il coraggio del defunto, non c'è, è chiaro, che una possibilità: mangiarlo, farlo diventare parte di se stessi.
Poco lontano, un altro gruppo, meno speculativo, vede nel cadavere soltanto una riserva di proteine nobili e lo mangia per sopravvivere in quell'inverno che ha fatto scomparire ogni selvaggina.
Ci vorranno anni contati a decine di migliaia per cominciare a sospettare che il morto può sopravvivere a se stesso ed un giorno tornare in vita E, allora, ci saranno fosse, e grandi pietre, e sepolcri ricchi o poveri, e riti, e preghiere, ed offerte.
Ma le ragioni del cannibalismo sopravvivranno a tutto, con l'unica, insignificante differenza della nascita del tabù della bocca: si può assimilare in sé il morto, ma non considerarlo un cibo gustoso. Il tabù si applica solo alla funzione commestibile.
Per migliaia di anni gli uomini assumeranno la panacea della polvere di mummie, berranno e si cospargeranno del sangue delle vergini, mescoleranno cervelli e fegati e cuori a immondi intrugli. Come non ricordare le ricette mediche cinquecentesche, la Contessa Bathori, il Processo dei Veleni etc. etc.?
Ma, quando capita (e capitò ai superstiti di un aereo caduto in mezzo alle Ande), i morti vengono mangiati per non morire di fame. Fa storia a se , invece, l'usanza di certe campagne inglesi, di festeggiare con un'agape familiare , la nascita di un nuovo membro : piatto forte, la ben cucinata placenta. Dubito, tuttavia, che in questo caso si possa parlare di cannibalismo.
Condannato e formalmente rimosso l'uso commestibile, il cannibalismo è, peraltro, una costante del nostro tempo: trasfusioni di sangue e plasma, trapianti di organi di ogni tipo, hanno fatto diventare realistica pratica quotidiana l'intuizione del pensiero primitivo di poter metabolizzare, possedere in sé, utilizzare parti di altri uomini.
E questa cosa è tanto utile che - si dice - vengono rapiti ed allevati bambini per ricavarne anonimi, asettici organi di ricambio e pare che si vogliano costruire perfetti cloni con lo stesso benefico fine. La TV , intanto, celebra l'eroismo e la magnanimità di quella novella sposa e rapidamente madre, regina mancata, ma pur sempre principessa per diritto matrimoniale, che, udite!,udite!, ha donato il cordone ombelicale tagliato via al suo reale marmocchio.
Sono cose che accompagnano l'Umanità, difficili da giudicare, quando non siano pure e rare aberrazioni criminali, tanto più che la stessa Umanità, all'occorrenza, si fa dispensatrice di morte con guerre, bombe, assassini e subdoli avvelenamenti della casa comune in una smania di distruzione che non ha paragone nel mondo animale, dove si uccide solo per sopravvivere.
Gli antropologi hanno pochi dubbi: il cannibalismo è, comunque, un fatto culturale e, come tale, va studiato (chissà se il capitano Cook sarebbe d'accordo ).
Ma c'è un altro modo con il quale gli Uomini usano far a pezzi e divorare i propri simili, che a me sembra molto peggiore del mangiar la carne dei defunti. Ne faceva cenno su queste colonne, con indignazione e, mi è sembrato, con un fondo di desolata rassegnazione, Benedetta Trevisani, qualche giorno fa.
Concordo in tutto, o quasi. La guerra di tutti contro tutti delle televisioni non mi sembra altro che l'applicazione di una legge di mercato, di un liberismo senza freni e remore, autogiustificante, che è cosa lontana anni luce dal liberalismo. Si supponeva un tempo che il mercato dell'informazione visiva trovasse una regola nel comune sentire del pubblico.
Il destinatario dell'informazione, anche qui per un'ovvia regola di mercato, avrebbe frenato volgarità, ipocrisia, falsità scenografica, aggressività, oscenità, coprolalia e "tarocchismo" in genere. A nessuno venne in mente che questo significava presupporre una corrispondente cultura diffusa, media, nel pubblico. Soprattutto nessuno trasse le ultime conseguenze dal fatto, evidente, che la TV ha potenzialità tali da cambiare la cultura popolare ed imporne una propria o, comunque, un surrogato di cultura.
E questo è accaduto. Bisogna prendere atto, con sgomento, che alla degenerazione palese dei personaggi e dei programmi t.v. corrisponde una sempre più alta percentuale di ascolti. Il Pubblico Spettatore premia questa televisione rissosa, empia, proterva, filistea, volgare, e relega in fondo alle classifiche i pochi brandelli di operazioni culturali che essa compie.
Ancora una volta è confermata la vecchia legge che vuole che la moneta cattiva cacci dalla circolazione quella buona. Una prova per tutte: la recente "cagnara" a cui stiamo ancora assistendo ha fatto, fino ad ora, una sola vittima: il TG2, che pure fa, all'insegna della moderazione, una buona informazione e che con quella cagnara non c'entra niente.
Il discorso merita di essere portato avanti e sviluppato, meglio che non sappia fare io. Però ho il sospetto che con tutta questa situazione c'entri qualcosa il recentissimo risultato di una ricerca che ci dice che in Italia, fra il 37 ed il 40% dei cittadini è formato da semianalfabeti, DOC o " di ritorno". Chi vuole vedere il bicchiere mezzo pieno si consoli pensando che, nel 1860, solo il 18 % degli abitanti la penisola, sapeva parlare in italiano.
Facendo un calcolo approssimativo e procedendo sempre lento pede, si dovrebbe raggiungere un 90% di mediamente acculturati intorno al 2300 p.C.n. Purtroppo non ci sarà nessuno di noi a verificare.
E per finire, anche per risollevare il morale dopo la meditatio mortis di ieri, vi segnalo questa. In una popolare trasmissione a quiz di RAIUNO, i concorrenti ( il conduttore per primo) hanno tremato di fronte a questa domanda degna dell'enigma edipeo: " quale lettera maiuscola, fra le quattro che vi mostriamo dell'alfabeto greco, rappresenta un uomo che prega con le braccia alzate?". Sudore freddo, tremore di mani, bocca impastata e poi la risposta : " La H (pr <Acca>) !" Applausi in sala, suoni di fanfare e il conduttore che esulta: " Brava, brava! , proprio così, è la lettera <Acca> che rappresenta un omino a braccia alzate! ".
Tutti contenti, dunque? Tutti meno quei barbogi che hanno orecchiato un po' di greco al ginnasio ed ai quali hanno insegnato che, nell'alfabeto greco, la Acca non esiste.
Direte voi, " questo che c'entra con i cannibali ?". C'entra, c'entra. Solo chi è capace di tanto può educare i nostri giovani, con esempio di presunti "famosi" e di allegre vittime del Grande Fratello, insegnando che lo scopo della vita sociale è distruggere chiunque sia o sembri migliore di noi, o che, per caso o volontà, ci faccia incautamente ombra. E si sa che, quando lo scopo è buono, tutti i mezzi adeguati sono buoni, anche quelli che all'uomo dabbene sembrano inconfessabili ed orrendi.
Nota: la H nell'alfabeto greco è un modo di scrivere la maiuscola di <eta>, cioè della <e> lunga.
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01/02/2004
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