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"La rete e il tempo" di Benedetta Trevisani

San Benedetto del Tronto | "Dopo la Trevisani non ho letto più "della fonte", non ho potuto più avere in tasca San Benedetto"

di Lorella Rotondi

"La rete e il tempo" di Benedetta Trevisani
Ha quattro anni questo romanzo  e resta insuperato per linguaggio e per aderenza all'affresco del mondo marinaro che ritrae.
Accanto alle poesie di Enrica Loggi, è il solo testo in grado di portare "il mare alle sponde " della collina, alle sponde dei letti dove quei figli del mare venivano concepiti.

Ci si sentono le lenzuola ruvide, di lino grosso, di corredo che doveva durare ( qui in Toscana lo cercavano "filato a dito", perché artigianale e ancora più forte - e insalivato là dove il filo aveva ceduto e la filatrice lo rimetteva in tralice all'ordito ad occhio e croce- da qui il comune modo di dire- che reggeva allo sbarco, che profumava di lavanda nei giorni d'attesa o di bucato alla cenere.

Chi da marinai discende ( sono Spinozzi da parte di madre, figlia del motorista Osvaldo, fratello di Neutro e Rivo, nipote, quindi, del Cavaliere Spinozzi Daniele e in via Labirinto, come in Via Manara c'ho passato l'infanzia, vista l'amicizia che ci legava e lega ai Del Zompo) respira un'aria familiare, si muove tra mura domestiche.

Ho nuotato per anni e sono stata la prima Istruttrice di Nuoto di San Benedetto accanto a Quondamatteo, Bondioli,…tutti ragazzi come quelli che escono dalle pagine della Trevisani. La mia lettura può non essere una garanzia, ma le pagine della Trevisani certamente sì e con esse San Benedetto ha un altro monumento al marinaio . Ma Benedetta non si limita a questo: traccia il senso della memoria, tutto al femminile, il mito e la delusione dell'America, l'atroce moria infantile e il lutto che non rimargina la piaga al cuore, gli uomini alla cantina, il silenzio sugli sbagli e gli inciampi...

C'è il mito locale , lu"scijò", c'è il mare come luogo di vita e di morte e dove i sogni tornano a riposare, c'è la bicicletta , ci sono i carretti del pesce, c'è il vento che col mare litiga o ci fa l'amore o si sfiorano appena il tempo del respiro, tutti i respiri che il mare s'è preso. Salire a bordo per una figlia / un figlio! Era scoprire un altro mondo: era già l'America, era la giostra e pure il luogo reale, l'odore da pensare nei mesi di lontananza.

I nomi sono giusti , perché si chiamavano proprio Palma, Nicolina, Benedetto, Francesco…Basta leggere il duro elenco delle perdite di concittadini durante le epidemie che hanno afflitto San Benedetto o i morti del "Rodi"- triste teoria di bare alla Madonna della Marina quel giorno!-. Il romanzo di Benedetta va letto e riletto, come si fa con tutto ciò che va gustato a fondo, capito a più livelli: l'intreccio narrativo, il fondo lirico, la trama storico-sociale, perché Benedetta è anche una profonda conoscitrice di storia e sa bene cosa Walter Benjamin affermava riguardo alla difficoltà di onorare la memoria di persone senza nome rispetto a quelle celebri, benché la "costruzione storica sia consacrata alla memoria di quelli che non hanno nome", se non per noi.

Il testo della Trevisani merita, inoltre, quella nobile distinzione che Grotowski fa tra "naturale" e ciò che è "della fonte", inventando la parola inglese "sourcial": è altamente più significativa la fonte, dato che il naturale , di buono davvero, ha il rimandare alla fonte.

Cito a memoria, come Grotowski insegna, un testo Taoista :
La luce della natura rimanda il suo splendore
a ciò che è della fonte, l'origine.
L'impronta del cuore galleggia nello spazio;
lo splendore della luna scintilla nella sua purezza.
La barca della vita arriva alla sua sponda;
la luce del sole splende abbagliante.

Dopo la Trevisani non ho letto più "della fonte", non ho potuto più avere in tasca San Benedetto.

02/01/2004





        
  



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