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Il futuro del calcio si tinge di rosa.

| Ancora una volta le donne ci mettono una pezza.

di Federica Poli

Vorrei non dover scrivere queste righe, vorrei non aver mai dovuto assistere alle scempiaggini e alle scelleratezze di cui è capace l'animo umano.

Eppure mi trovo qui al capezzale dello sport più bello del mondo a piangere per una vittima: il vero tifoso. E sottolineo il tifoso, non l'ultrà con mazza e cappuccio, il tifoso quello che allo Stadio ci va con il cuscino bianconero per sedersi e il quotidiano per ammazzare il tempo prima del fischio d'inizio. Quello che la mattina della partita si alza con il pensiero fisso: che farà oggi l'Ascoli? Quello che come mio padre, nei bellissimi anni di serie A, non cenava quando il Picchio perdeva o tornava a casa fischiettando quando c'era una grande squadra annientata dall'armata Brancaleone bianconera.

Sono cresciuta così, vedendo la parte buona del calcio, ma ho capito che la vita è un'altra cosa.

Sono arrabbiata con chi mi ha fatto credere che una partita è solo una partita, che fuori dallo Stadio si può ridere e scherzare comunque sia finita.

Mi hanno fatto credere che i tondini di ferro sono solo materiale edile e che le maglie col cappuccio servono solo per coprirsi la testa quando piove. Povera illusa!

E così, ricordo con nostalgia le domeniche passate a casa di mia zia perchè la mamma e il papà erano alla partita. Aspettavo il loro ritorno con trepidazione dietro la finestra e piangevo quando li vedevo scomparire sotto la A gigante di Via delle Zeppelle, volevo andare anch'io, volevo vederli gli eroi della domenica. Ogni volta dovevano presentarsi con un regalino perché, così, mi avrebbero distratto dal pensiero fisso: andare con loro al campo di calcio. Poi un giorno non hanno resistito alle mie lacrime ed hanno esaudito il mio desiderio. Ho spalancato i miei grandi occhioni verdi poiché nulla volevo perdermi di quello che avrei visto, con la paura che quella fosse l'unica volta di Federica e l'Ascoli Calcio. E invece no.

La passione bianconera mi ha conquistato. Ancora oggi a chi si chiede il perché di cotanto trasporto, rispondo che l'Ascoli per me non è una scelta, l'Ascoli mi scorre nelle vene.

Non credo che le scene che si sono presentate di fronte ai miei occhi la scorsa settimana e, che si ripetono in questi ultimi tempi un po' troppo spesso, appartengano a storie di passione per il calcio.

Non credo che inseguire un carabiniere con una mazza in mano ovvero colpire un poliziotto con un tondino di ferro sia atto d'amore per questo bellissimo sport.

Queste parole, purtroppo, sono ormai retorica e il calcio dei vecchi tempi rimane un'utopia nascosta nei cassetti insieme alle vecchie foto ingiallite. Penso di non essere patetica nel descrivere un calcio fatto solo di gol, di gioia, di dribbling, di esaltazione per una promozione e sconforto per una sconfitta.

Credo fermamente che ci sia bisogno di una sferzata, di un cambiamento.

 Una scelta in controtendenza è stata quella della Lazio che quest'anno ha permesso l'abbonamento a prezzi stracciati alle donne. La società ha raggiunto un record storico con addirittura undicimila abbonate rispetto alle quarantamila tessere vendute.

Forse col tempo si realizzerà il sogno di vedere finalmente un Olimpico, piuttosto che un S. Paolo, un Delle Alpi, un Del Duca stracolmi di coppie di fidanzati e le mamme e i papà porteranno i bambini senza alcuna paura di ritrovarsi nel bel mezzo di una guerriglia.

C'è qualcuno che ha capito che il calcio ha bisogno di rinascere.

E, con una strizzatina d'occhio vi ricordo che: non c'è nascita senza una donna!

26/09/2003





        
  



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