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Beghe locali e opportunità dispari

| Un Assessore Comunale che ha la ventura, o la sventura, di esser femmina, unica del suo sesso nel virile consesso municipale, viene contestata dai suoi sodali.

di emme

Un Assessore Comunale che ha la ventura, o la sventura, di esser femmina, unica del suo sesso nel virile consesso municipale, viene contestata dai suoi sodali. Benché femmina e sola, costei non ci sta e risponde a muso duro, lasciando intendere che, fra poco, Roma locuta est e  "occhio alla penna", signori maschi!

Fuori della diatriba stanno silenziose  le vecchie volpi in agguato e ciarlieri i Soloni che sanno sempre quel che si deve e quel che non si deve fare. Ce ne fosse uno che esplori, spieghi, illustri al colto ed all'inclita (che poi sarebbe il Corpo Elettorale, che legittima Consiglieri ed Assessori a prescindere dal sesso), quel che sta succedendo e perché. Già, perché questo è il punto: nemmeno  i bambini credono che si contenda intorno ad una gita a Chicago, number otto o nove che sia, ed altre amenità del genere. Ed allora, perché ci si vuol sbarazzare di quell'Assessore, unica rappresentante del Gentil Sesso nel poco accogliente seno della rinomata Giunta Martinelli?. E' mai possibile che, fra tanti Politologi locali non ce ne sia nemmeno uno capace di chiarirci  le idee?.- Nessuno si accorge che riducendo i modi ed il merito di questo " caso" ad una mera questione di  concorso ad una possibile futura sconfitta elettorale, o, peggio, ad una vendetta per aver appoggiato Tizio e non Caia ad ujna recente elezione, si svuota di contenuto il già precario rapporto Elettori- Politici.

Al di là delle ragioni contingenti, conosciute da pochi eletti, a me sembra che questo episodio di una estrema periferia politica, sia il sintomo di un più vasto disagio che deriva dallo squilibrio nella rappresentanza politica di uomini e donne. Non è questione di lana caprina: l'essenza della democrazia rappresentativa sta nell'assicurare voce e peso proporzionali alle categorie che compongono la società affinché gli specifici interessi di ciascuna trovino soddisfazione compatibile con gli interessi altrui. Or è che, con buona pace di quanti machi intendano il contrario, esiste una cultura fondamentale femminile che non è quella degli uomini. Valori diversi, aspirazioni diverse, capacità diverse, un diverso modo di intendere il governo della cosa pubblica , esigenze diverse e, se si vuole, una diversa visione del mondo, nella quale il rifiuto del gioco crudele di guerra non è cosa da poco.

Certe carnevalesche innovazioni vantate per promozione della personalità della donna e sbandierate a prova della parità di trattamento dei sessi, non sembrano altro che astuti diversivi. C'è qualcuno che crede veramente che mettere una divisa ed un fucile in mano serva a rendere più donna una donna? – Sichelgaida  era un mostro, non una donna: il crudele furfante Guiscardo si poteva riconoscere in lei, non altre donne. Purtroppo, come spesso accade nella Storia, il Femminismo sembra oggi che vada inciampando per sentieri sbagliati, magari proponendo a modello anomalie come Margareth Thatcher, tanto ammirata dagli uomini. Imitare la violenza prevaricatrice, l'esistenziale arrivismo, i metodi ed i fini, in politica, che son propri degli uomini (od ominicchi che siano, in questi tempi grami), sembra ispirare quante dicono di ribellarsi alla subordinata condizione femminile. La bandiera dell'emancipazione è affidata alle loro mani, moderne Sichelgaide. Mi capitò una volta di sentir concionare in un consesso di permanenti e di chiffon, una di queste. Dopo aver imbandito in tutte le salse belle frasi vuote di concetti e proposte, era lì ad accogliere compiaciuta l'applauso di  rito, quando dal pubblico si levò una femminea voce: " e, allora che dobbiamo fare?" – L'oratrice ristette, poi alzò un braccio, chiuse la mano a pugno, stese l'indice, non so se ad ammonire o ad indicare la meta e gridò ispirata: " Andare " ultra vires!!"- Perplessità generale fra chi non sapeva di latino e chi un poco ne masticava ancora. Soltanto a posteriori si chiarì che intendeva dire  " superare gli uomini" e non " andare oltre le proprie  forze".

Quel che si vorrebbe, è l'apporto, il concorso della " Femminilità", anche in politica; il confronto con la cultura " maschile" posta a specchio e, dal confronto, fecondi risultati per il Paese.

In questa ottica il problema delle percentuali di rappresentanza è fondamentale e solo gli sprovveduti che non vogliono vederne le conseguenze a cascata, lo definiscono semplicistico. Se le donne sono quasi il 60% del Corpo Elettorale, ebbene, dovrebbero essere elette, o perlomeno concorrere alle elezioni, donne in misura di quasi il 60%. Fissare per legge percentuali minime, come si è pensato, è un modo vergognoso di ribadire la subordinazione del mondo femminile. Dire " Pari Opportunità" è un'ipocrisia, se quelle due vuote parole non si riempiono di sostanziosi obbiettivi.

Credo che le donne in quanto tali, abbiano, anche nella Storia recente, che è pure opera loro, titoli indiscutibili per pretendere la parità: debbono solo convincere di questo la generalità dei cittadini: Sono tante, governano le famiglie ed i cittadini di domani, sono colte come e più degli uomini, sono capaci di soffrire e resistere alle avversità di più e più a lungo di qualunque maschio. Hanno tutto quel che serve per quest'opera di convincimento, anche senza reti televisive ed altri media.

Io non so se quella signora Assessore di cui parlano i giornali la pensi così o sia una rampante, antropofaga Jinga intenta a far concorrenza ai maschi politicanti e, più ancora, alle potenziali rivali. So però che, quando ho letto che accusava di " maschilismo" quelli – di sua parte! – che la emarginavano, ho sentito che il maschilismo è comunque ancora una realtà in quest'anno 2003 dalla Fruttifera Incarnazione etc.etc. e, come maschio che cerca faticosamente di essere un  Uomo, mi sono vergognato.

25/07/2003





        
  



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