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Il Tempo e il Denaro al Cinema

| Ormai il denaro ha preso il sopravvento nella vita degli uomini. C’è un modo per arrestare questo processo? Al cinema, ad esempio. E con un piccolo impegno di rispetto del pubblico.

di Paolo De Bernardin

Ricorderete tutti le battaglie della Rai contro il sistema televisivo made in Berlusconi, di qualche anno fa. Era un periodo nel quale la televisione privata faceva durare un film medio oltre tre ore, in ottemperanza dei codici commerciali che esigevano continue interruzioni pubblicitarie. Fu indetto un referendum addirittura per stabilire se un film in TV dovesse contenere la pubblicità diretta. E mentre gli autori gridavano allo scandalo sull'opera di ingegno mercificata, i network privati supplicavano il loro pubblico di sostenere quella battaglia per la vita stessa della Tv senza canone. La vittoria della televisione commerciale fu netta e lo spot in Tv ebbe il suo momento di gloria. Al punto tale che oggi la stessa Rai, incurante delle battaglie del passato in nome della qualità e della civiltà delle idee, sì è adeguata perfettamente al sistema interrompendo ogni tipo di programma con promozioni pubblicitarie e televendite.

E' noto che il tempo sia denaro per la logica della nostra Tv ma risulta difficile capire come in nome di quella logica si cestini ogni volta il lavoro di centinaia di persone che prestano opera per la realizzazione della stessa.

E' vero che la grandezza del corpo grafico delle scritte e dei testi dei titoli di coda non faciliti una buona lettura degli stessi, ma vi capita più forse di leggerli, da qualche anno a questa parte???

Fateci caso, appena termina un programma, che sia un film o una fiction televisiva, o uno dei tanti nuovi sceneggiati che pur danno lustro alla scarsa produzione di questi ultimi tempi, appena iniziano a scorrere i titoli di coda, su una musica originale o su una canzone, subito arriva l'interruzione e parte lo spot pubblicitario.

             Ormai tutto nel nostro paese va contro il discorso culturale e pochi elevano grida di protesta.  Eppure nei titoli di coda si scoprono cose che diversamente si conoscerebbero: chi abbia realizzato quei bei costumi, quale sia la località dove sono stati girati gli esterni, quale la voce dell'attore-doppiatore (in caso di film straniero), quale sia il titolo di un brano musicale che ha colpito particolarmente. No! Tutto questo ci è negato.

          E il cinema prontamente si è adeguato.

Mi è capitato spesso di protestare presso le due multisala di San Benedetto al termine di un film. Non sono mai riuscito ad ottenere una scusa o un invito a ripassare per rileggere i titoli di coda, ma solo improbabili e penose giustificazioni. E così ho dovuto rivedere gli stessi film a Roma, dove almeno i titoli scorrono fino alla fine. E così a San Benedetto si è perduta la bella voce di Elisa che interpreta Almeno tu nell'universo di Mia Martini, espressamente realizzata per Ricordati di me di Gabriele Cuccino. E' sparita la parte finale e l'unione delle storie nello splendido The Hours di Stephen Daldry. E nessuno ha capito che  nel meraviglioso musical Chicago a cantare non erano voci di celebri cantanti bensì proprio quelle di Richard Gere, di Catherine Zeta-Jones e Renée Zelwegger. E tutto era ed è scritto nei titoli di coda.

20/03/2003





        
  



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