Mercato musicale e crisi del sistema
| Sanremo è lo specchio del nostro paese. Un tentativo illusorio di rinnovare un sistema che fa acqua da tutte le parti e che andrebbe totalmente rifondato in nome e nel rispetto di ciascuno.
di Paolo De Bernardin
L'Italia dello spettacolo musicale è in subbuglio per l'arrivo del Festival di Sanremo, il solito circo equestre immutabile nel tempo che irrompe nella cronaca musicale di fine febbraio.
Sanremo è la Fenice che ogni anno vorrebbe ravvivare un mercato in via di estinzione puntando più sullo spettacolo mediatico che sul valore intrinseco delle canzoni e delle partiture musicali. E come ogni anno, non bisogna davvero essere profetici, il risultato sarà deludente e avvilente. Il quadro musicale offerto dalla scena sanremese servirà soltanto a riempire i palinsesti televisivi di cronache e pettegolezzi, a infarcire di ospiti che torneranno fino alla noia a cantare in playback in decine di trasmissioni e a continuare a far piangere i negozianti per l'ennesima mancata vendita del cosiddetto fenomeno o evento (sull'uso improprio dei termini ci sarebbe davvero un dibattito da fare!)
Ormai anche le pietre hanno sentito parlare di crisi discografica che perdura da anni ma se le pietre avessero avuto poteri decisionali avrebbero certo fatto qualcosa per migliorare e cambiare. In Italia no! Le colpe della crisi vengono addebitate di volta in volta ai fattori più diversi: la pirateria, internet, le radio e persino l'Iva al 20%. Dei prezzi esorbitanti dei dischi si preferisce non parlare. Dell'omologazione sonora delle radio (fortemente voluta dai discografici che oggi si dicono schiavi del loro stesso sistema) nessuno vuol discutere. Si grida invece al miracolo quando appaiono in classifica dischi diversi e fuori dal giro commerciale. E' necessario a questo punto affrontare seriamente il problema.
L'altissimo costo dei dischi e il martellamento radiofonico con musica di plastica fanno si che il mercato discografico italiano possieda numeri talmente bassi (parliamo di poche centinaia di copie vendute) da non avere grandi distanze tra il primo e il ventesimo titolo, per cui finiamola davvero coi miracoli italiani. La nostra classifica, per numero di copie vendute, è ininfluente sul gusto stesso del cittadino medio. Diversamente non si spiegherebbe il successo di alcuni titoli venduti in edicola (Gian Maria Testa, Tetes de Bois, Riccardo Tesi etc.) il cui numero di copie supera di gran lunga quelle delle classifiche ufficiali. Stranamente le edicole non sono rilevate ai fini delle classifiche settimanali. Parliamo poi degli innumerevoli concerti che si tengono in tutta Italia (in estate una vera manna!). Artisti sconosciutissimi dal mercato che riempiono ogni angolo e ogni giardino. Viene da riflettere: in quanti paesi viviamo? L'Italia delle piazze e delle folle che apprezzano la buona musica o l'Italia delle radio e dei Sanremo? L'Italia del passa parola della qualità o quella del conformismo? Sembra di leggere numeri diversi come quelli delle grandi manifestazioni popolari (2 milioni per gli organizzatori e 600 mila per la questura). In fondo qui di musica e divertimento si tratta, ma anche la musica e il divertimento possono avere radici fortemente culturali e possono aiutare a vivere meglio nutrendo lo spirito.
Una soluzione potrebbe esserci. Se avessimo lo stesso sistema di rilevazione adottato negli Usa, dove le copie vendute sono certificate, ci sarebbero meno frodi nel confronti del pubblico. I dati sbandierati dai nostri discografici corrispondono spesso alle copie in uscita dai magazzini (quelle che rientrano sono sempre secretate!). Se avessimo dati ufficiali della Siae, sulle vendite effettive del prodotto discografico, vedremmo come il gusto del pubblico sarebbe diverso e non assisteremmo più a dichiarazioni del tipo 100.000 copie vendute! (quando in realtà sono solo 5000). Se la pubblicazione dei dati reali fosse Legge dello Stato assisteremmo alla punizione dei fraudolenti e al cambiamento del gusto ufficiale. Infatti in questo modo le radio si adeguerebbero e trasmetterebbero musica diversa e non omologata con l'eventuale possibilità che il mercato, in nome della qualità, possa risollevare il capo. La qualità, infatti, non ha mai tradito nessuno. Un disco di qualità non vive lo spazio di un mattino ma, uscito sul mercato, fa subito catalogo e si vede alla distanza, mese dopo mese. Della musica di plastica diffusa quotidianamente dalle radio e degli eventi sanremesi che non lasciano segno oltre lo spettacolo televisivo, ci siamo francamente rotti ....
Che i discografici in fondo non abbiano capito molto si evince anche dal recente episodio di Nicola Arigliano. Invitato al prossimo festival come ospite l'artista ha avuto l'opposizione dell'intera categoria dei padroni della musica. Può venire solo se accompagnato da Fiorello è stata la risposta. Questo è un ulteriore segno che l'età della pietra deve essere ancora superata.
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24/02/2003
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