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La lezione di Draghi

Ancona | Il 5 e il 6 novembre scorsi si è tenuto in Ancona il convegno “Sviluppo economico e benessere”, con l’intento di celebrare la figura del Prof. Giorgio Fuà a dieci dalla sua morte.

di Silvio Venieri

L'organizzazione dell'evento è stata curata dalla facoltà di Economia dell'Università Politecnica delle Marche, dall'ISTAO e dall'Associazione degli Economisti di Lingua Neolatina, istituzioni tutte fondate da Giorgio Fuà, anconetano, tra i più prestigiosi economisti che il nostro Paese abbia potuto vantare.

Il suo profilo professionale e accademico si armonizza con le sue origini marchigiane: l'accento posto nelle ricerche al mondo della piccola e media imprenditoria, la visione dell'economia come fortemente orientata verso il benessere delle popolazioni, la costruzione teorica del "modello NEC" (Nord-Est Centro) e, in particolare, del "modello marchigiano", l'elaborazione del concetto di "sviluppo diffuso", la caratterizzazione di imprenditore culturale impressa alla sua azione, con l'assunzione in prima persona dei relativi oneri e rischi, concretizzatasi con la fondazione (nel 1959) della Facoltà di Economia e Commercio di Ancona, all'epoca costola dell'Università urbinate, poi fulcro del formidabile sviluppo vissuto dall'ente universitario anconetano, e con l'istituzione dell'ISTAO, prestigioso centro di studi economici.

Possiamo pertanto elevare il Prof. Giorgio Fuà a paradigma delle più nobili e raffinate qualità umane espresse dalla nostra Regione. La manifestazione, sviluppatasi in 5 sessioni, ha registrato la partecipazione attiva, oltre che di rappresentanti di spicco del mondo dell'imprenditoria, di eminenti studiosi delle scienze economiche, statistiche e sociali, sia internazionali (provenienti dai centri universitari di Madrid, Coimbra, Dublino, Miami) che nazionali (tra questi, docenti universitari di chiara fama: Alberto Quadrio Curzio, Giacomo Vaciago, Massimo Livi Bacci, Massimo Paci, il presidente dell'ISTAT Enrico Giovannini, il Presidente di Nomisma Pietro Modiano).

Ma la preminenza assoluta per l'uditorio, tanto numeroso da essere contenuto a fatica nell'aula magna, e per la platea mediatica nazionale è stata assunta dalla lectio magistralis di Mario Draghi, Governatore della Banca d'Italia, una delle poche istituzioni che, grazie al rigore e alla competenza della sua struttura e dei suoi rappresentanti, vanta ancora una autorevolezza rimasta integra nel tempo.
Il Governatore, oltre a tributare a Giorgio Fuà i giusti riconoscimenti per i meriti da lui acquisiti per i suoi studi, ha mirabilmente tratteggiato, con sintesi e chiarezza, il quadro della situazione economica internazionale e nazionale. La massima carica della banca centrale ha denunziato la situazione di declino economico che vive la nostra nazione, contemplando la possibilità di un ritorno, seppur con una lenta graduazione, alle posizioni pre-crisi, oppure, alternativamente, il rischio inquietante dell'imbocco di un ciclo ancor più negativo.

Draghi si è pronunciato con preoccupazione sull'andamento deludente della produttività del sistema italiano determinato da una pluralità di cause: l'evidente difficoltà di introdurre nel nostro paese - così come in tutte le nazioni riproducenti il "modello di sviluppo tardivo" a suo tempo concettualizzato da Fuà - tecniche organizzative e produttive tipiche dei paesi leader, la sofferenza del sistema delle piccole imprese italiane ad affrontare l'ineludibile innovazione tecnologica, la progressiva precarizzazione dei rapporti di lavoro con il conseguente indebolimento dell'accumulazione di capitale umano specifico, la mancanza di concorrenza nei servizi, e, da ultimo, il difetto "di un quadro politico e giuridico, di un sistema di valori, di una mobilità sociale, di un genere d'istruzione, di una disponibilità di infrastrutture tali da favorire lo sviluppo economico moderno" (così mutuando il pensiero di Giorgio Fuà espresso in "Crescita, benessere e compiti dell'economia politica", Il Mulino, 1993).

Mi piace mettere l'accento sull'invito che il Governatore ha inteso rivolgere a chiusura del suo intervento: "Dobbiamo tornare a ragionare sulle scelte strategiche collettive, con una visione lunga. Cultura, conoscenza, spirito innovativo sono i volani che proiettano nel futuro. La sfida, oggi e nei prossimi anni, è creare un ambiente istituzionale e normativo, un contesto civile, che coltivino quei valori, al tempo stesso rafforzando la coesione sociale". In quel momento a tutti i presenti al simposio anconetano è apparso evidente come Roma risultasse sideralmente lontana.

10/11/2010





        
  



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